Il popolo «No Tav» blocca treni e strade
Mille, forse duemila persone mobilitate che si spostano da una parte
all’altra A partire dagli scali ferroviari di Bussoleno e di Borgone
di Lodovico Poletto da La Stampa del 2/11/05 –
pag 39 Cronaca di Torino
Treni fermi sui binari. E auto
inchiodate sulle due statali che tagliano la Val di Susa, la patria del popolo
che non vuole l’Alta Velocità. E poi ancora sirene e lampeggianti di blindati
che, nella prima giornata dopo la beffa di Mompantero, continuano a muoversi da
e verso i punti caldi della valle. I luoghi della protesta popolare.
Eccola
qui la Val di Susa che non vuole il supertreno che viaggerà ai 400 all’ora
verso la Francia. Scende in strada alle 10 quando ormai tutti hanno letto i
giornali che spiegano cos’è accaduto nella notte. Che, cioè, i tre boschi, dove
saranno montate le trivelle per i carotaggi sono stati «occupati» dalle forze
dell’ordine. «Ma non sono recintati, non vale, se ne devono andare» dice
qualcuno. Non è vero. Bastano i nastri rossi e bianchi, stesi lunghi i confini
del sito di località Seghino a decretare la fine della battaglia. Bastano quei
40 agenti in divisa antisommossa, piazzati lungo i confini di ogni terreno a
garantire che lì non entrerà più nessuno, se non i tecnici di Ltf con le loro
apparecchiature. E chi non crede, chi ancora spera si tratti di un grande
bluff, alla fine dovrà ricredersi. Per tutti salgono a controllare i ragazzi di
Askatasuna, passando da una mulattiera che conosce soltanto chi è nato e
cresciuto da queste parti. E lo scenario che si trovano davanti è quello dei
poliziotti impegnati in un presidio. Per un attimo anche loro colti contropiede
dalla presenza quassù, in cima alla montagna, in mezzo ai boschi di castagno,
di quel gruppo di contestatori. Ma tra i due schieramenti non c‘è tensione, non
c’è nulla: i No Tav salutano, si guardano attorno, fanno qualche fotografia e
se ne vanno.
Giù,
in valle, invece, la protesta e la rabbia della popolazione si traducono in
manifestazioni spontanee, blocchi stradali, irruzioni nelle stazioni. Ci
saranno mille, forse duemila persone mobilitate e che si spostano da una parte
all’altra della vallata. Prima approdano agli scali ferroviari di Bussoleno e
di Borgone. Chi entra in stazione acquista il biglietto in modo che la polizia
non lo possa cacciare. Istantaneo è il blocco dei treni deciso dai responsabili
degli scali, in modo da non correre rischi di incidenti. Sui binari, però, non
c’è nessuno. «Non ci andiamo per evitare le denunce; se mai si inzia con la
carta bollata sai quanta gente non viene più in strada a protestare..» dice
Alberto Perino, 60 anni, uno dei leader più ascoltati della vallata, e da
quindici anni impegnato nella battaglia contro l’Alta velocità. Poi tocca allo
scalo ferroviario di Avigliana. Il risultato è sempre lo stesso: convogli fermi
oppure rallentati, bandiere e striscioni. Fermo anche il Tgv che corre sulla
linea Torino-Modane. E per la prima volta viene pronunciata la minaccia più
temuta: quella di bloccare le Olimpiadi invernali che ci saranno tra 100
giorni. La gente ne parla, sanno che l’avvenimento sarà palcoscenico di
visibilità, e si ragiona sul metodo migliore per giocare questa carta. Ad
Avigliana appare pure un primo striscione, un lenzuolo con la scritta in spray
blu: «Cristallen & Chiamparen, le Olimpiadi as fan nen», non si fanno. Oggi
gli animi sono caldi. Chi non scende in strada dà una mano ai dimostranti con
tutti i mezzi che può. A Chiomonte, ad esempio, i titolari di un ristorante e
quelli di un negozio di alimentari riempiono le sporte di plastica con viveri
destinati alla gente che sta ai presidi. «E’ il loro modo di esserci vicini:
chi può viene. Chi, per mille ragioni, non riesce a farcela manda segnali di
solidarietà concreta» spiegano i No tav. «Io, però, mi chiedo come fanno i
politici romani ad immaginare di militarizzare una valle intera per garantire
l’esecuzione dei lavori. Se solo per tre sondaggi sono mobilitati mille tra
poliziotti e carabinieri, quando verranno aperti i cantieri ne serviranno
almeno tre o quattro volte tanto. Ma tutti quegli uomini non basteranno a
fermare la gente della Val Susa» giura Perino.
Alle
17,30 la Val di Susa è tagliata in due da un enorme blocco a Condove, che isola
le due statali e la ferrovia. Chi non viaggia in autostrada, oppure non conosce
bene stradine e sentieri che aggirano il paese, se ne deve stare in colonna. E
aspettare. Un’auto prova a forzare un posto di blocco dei dimostranti. Investe
un carabiniere in borghese. Si sfiora una rissa colossale. Poco dopo un autobus
della Sapav è costretto, tra mille difficoltà, a fare inversione di marcia
sulla statale: «Ho orari da rispettare: non possono starmene qui». Ancora
blocchi, ancora proteste, ancora No tav. E già si ragiona di uno sciopero
generale dei lavoratori della valle. C’è soltanto da decidere la data.