Il binario si è intossicato
Scavi per
estrarre materiali da usare per la Tav.
E le cave
poi riempite con rifiuti pericolosi.
Così sette
cantieri sono finiti sotto sequestro.
di Michele Sasso da L’Espresso
del 29/5/08 – pagg. 87-88
Scavare, riempire e coprire. Cemento armato, plastica, mattoni, asfalto, gomme, ferro. Una montagna di rifiuti sotterrati illegalmente nei cantieri della Tav Torino-Milano, l'alta velocità ferroviaria che dal 2009 collegherà le due capitali del nord Italia. È quanto emerso finora da un'indagine della Procura di Milano per reati ambientali e smaltimento illecito di rifiuti. Sei i comuni coinvolti nel cuore del Parco lombardo del Ticino dove sono state scoperte cave e discariche abusive e sono stati messi sono sequestro sette cantieri.
L'avvio dei lavori per
l'Alta velocità nel 2002, secondo gli inquirenti, è stato immediato oggetto di
attenzione per i clan di Cosa nostra e della 'ndrangheta che, nelle indagini
della Direzione distrettuale antimafia di Milano, risultano infiltrate per il
controllo delle gare d'appalto, il noleggio di macchinari da scavo, la
fornitura di materiale e commesse. Un giro d'affari milionario e anche
un'occasione irripetibile per smaltire centinaia di tonnellate di materiale
non bonificato senza dare troppo nell'occhio. Una grande opera dove, nel traffico
di centinaia di mezzi, portare rifiuti e coprirli con la terra. In molti casi a
ridosso della linea ferroviaria. «E che di fatto nessuno controlla perché si
lavora a ciclo continuo, rivelano gli inquirenti.
Un passo indietro.
Settembre 2007. Ad Ovest di Milano, nella zona del magentino a pochi chilometri
dall'aeroporto di Malpensa, voci insistenti dicono che i terreni adiacenti
alla Tav vengano utilizzati per sotterrare «rifiuti tossici nocivi». Le voci
nascono da discorsi tra camionisti addetti ai lavori. E alle parole «voi non
sapete cosa vi sta per accadere» un gruppo di cittadini si preoccupa.
Iniziano a bussare alle porte di chi potrebbe aiutarli. Si rivolgono a carabinieri
e istituzioni locali che allargano le braccia di fronte ad un cantiere tanto
grande e a detta della Polizia locale «blindatissimo». Uno di loro scrive
all'ex ministro delle Infrastrutture Antonio Di Pietro che il 13 novembre risponde:
«Sinceramente non ne so nulla, ma se lei ha fondati dubbi (che sono cosa
diversa dalle voci) ritengo debba segnalare la cosa alla magistratura ».
E la magistratura
arriva, grazie all’intervento di Davide Corbella, comandante del servizio di
sorveglianza del Parco del Ticino, che raccoglie la denuncia e la gira al tribunale
di Milano che incarica il sostituto procuratore Paola Pirotta del pool
ambientale. Intanto il 17 dicembre a Cornaredo, a soli 12 chilometri dal
capoluogo lombardo, spunta la prima discarica in un terreno agricolo a pochi
passi dalle opere dell’Alta velocità. Due enormi buchi in grado di contenere
più di 32mila metri cubi di materiale. Si tratta di fresato d'asfalto (il catrame
rimosso dalle strade) e materiale da scavo misto con laterizi. Si stima che
siano stati fatti più di duemila viaggi, infatti un camion trasporta in media
15 metri cubi di materiale. La Polizia locale interviene e chiede verifiche
all'Arpa, l'Agenzia regionale per l'ambiente, incaricata dal ministero delle
Infrastrutture di osservazione ambientale sulla linea Tav. I risultati sui
campioni di terreno prelevati arrivano lo scorso aprile e indicano parametri
fuori norma per benzopirene, benzoperilene e mercurio. A questi si
aggiunge il sospetto di metalli pesanti come piombo e zinco.
«L'inquinamento
ambientale è certo: i primi sono cancerogeni per la salute dell'uomo e sono
prodotti di combustione», conferma Claudio Mendicino, medico del lavoro di
Milano, «li loro pericolo maggiore deriva dalla facile dispersione nell'aria.
I metalli pesanti invece sono in grado di entrare in circolo attraverso le
colture e la falda acquifera e sono estremamente
tossici perché colpiscono il sistema nervoso centrale e l'apparato urinario».
In più con il passare del tempo aumenta il rischio di inquinamento profondo
della falda. L'Arpa minimizza e a un comandante della Polizia locale dichiara
che la situazione non è allarmante».
Ma, sempre con il
sospetto delle stesse sostanze nel terreno, a gennaio nel comune di Arluno si
scopre un'altra discarica. Il modus operandi è lo stesso: si toglie la
terra e si mettono materiali a rischio e il business è doppio perché «nei
terreni estraggono "mistone naturale" per fare ghiaia e sabbia da
usare nel cantiere e si riempie con rifiuti», afferma un assessore della zona.
Anche l'indagine prende piede e il sospetto che la pratica si possa allargare
a macchia d'olio ora è più di una voce. A febbraio parte una lettera dalla
Procura di Milano indirizzata a 14 comuni del magentino per verifìcare la presenza
di discariche lungo il tracciato Tav. Altre risposte non tardano ad arrivare.
Ad aprile si scopre la terza discarica a Marcallo con Casone. Una buca di
trenta metri di larghezza e dieci di profondità in grado di nascondere 20mila
metri cubi dì materiale. La Polizia locale interviene e coglie sul
fatto il proprietario del terreno e un autotrasportatore di Reggio Calabria che
si difendono dicendo di piantare kiwi. Il materiale è sempre lo stesso:
plastica, ferro, asfalto e cemento in quantità industriale. Ma un sospetto
inizia ad affiorare. Dietro ai rifiuti finora accertati girano sempre gli
stessi nomi di faccendieri calabresi e pregiudicati in forte odore di
'ndrangheta. Ma non è l'unico punto fermo. Sembra che qualche imprenditore
senza scrupoli abbia affittato - per poche migliaia di euro - a nome della Tav
zone agricole confinanti con i binari dell'alta velocità con una chiara
indicazione, «questi sono i soldi e ora tenete la bocca chiusa».
Ma come si fa a tenere
la bocca chiusa di fronte a scavi in grado di cambiare il paesaggio
circostante giorno dopo giorno? Le attenzioni degli abitanti della zona per i
cantieri aumentano e anche l'indagine del tribunale di Milano
continua e assume sempre più i contorni da affare di ecomafia. Il sospetto che
tutto il cantiere Tav, compresa la trincea, possa essere usato come
un'immensa discarica è molto forte. Lo scorso 14 maggio trenta agenti tra
Parco del Ticino, Corpo forestale dello Stato e Polizia provinciale di Milano
fanno un blitz unico da Boffalora fino a Milano. Mettono sotto sequestro sette
cantieri. Due sono gestiti direttamente dal consorzio Cav.To.Mi. A Marcallo si
scopre una cava di prestito per Tav completamente riempita. Un'area di 3mila
metri quadri di blocchi di cemento armato, sacchi di plastica, mattoni,
asfalto. Ad Ossona si scopre che tutte le demolizioni che sono state fatte
nella zona per far spazio al treno sono state abbandonate sul terreno. Anche
ad occhio nudo si notano i cumuli di macerie spianati che si stimano in 4mila
metri cubi. Stessa sorte a Sedriano dove si stimano 5mila metri cubi di
ferro, demolizioni e gomme. Nel comune di Magenta, dove la nuova bretella autostradale
collega l'aeroporto di Malpensa all'autostrada Milano-Torino, altro materiale.
A Bernate Ticino la scoperta più eclatante: qui si accumula materiale pericoloso.
Sono una ventina i fusti abbandonati fuori da alcuni capannoni. A 50 metri
corre la ferrovia. I proprietari sono stati identificati e le indagini vanno
avanti per capire il loro ruolo.
Messi in Fila tutti i
cantieri e le discariche rimangono due interrogativi. Ci sono discariche lungo
tutta la Tav? E ancora: da dove arrivano questi rifiuti? Le indagini hanno
messo sotto osservazione i cantieri dell'ex Fiera di Milano, forse l’unica
area in grado di generare tonnellate di rifiuti. E si sta verificando se ci sono
collegamenti tra il nuovo quartiere CityLife, la nuova sede della Regione
Lombardia e la Tav.