Sulla
Torino-Lione una pausa di riflessione produttiva
di Giuseppe Berta, Andrea Boitani, Claudio
De Vincenti, Luciano Gallino,
Bruno Manghi, Pippo Ranci, Marco Ponti,
Carlo Scarpa, Francesco Silva
tratto dal sito www.lavoce.info
19-12-2005
La sospensione
dei lavori di scavo del tunnel di Venaus, che il Governo e le parti interessate
hanno concordato nei giorni scorsi, può essere l’occasione per
una riflessione seria sul progetto di linea ad alta velocità tra Torino
e Lione e, più in generale, sulle grandi opere di collegamento tra l’Italia
e la rete europea dei trasporti.
È possibile, in questa fase, andare al di là di un dibattito polarizzato
tra chi rifiuta totalmente il progetto per il suo forte impatto ambientale sulla
Val di Susa e chi lo difende strenuamente in nome della modernità, dello
sviluppo economico e del collegamento internazionale dell’Italia; andare
al di là dell’analisi di impatto ambientale dell’opera così
come è stata progettata finora e ragionare sulle possibili alternative.
Modifiche eventuali che fossero volte a rendere l’attuale progetto più
accettabile, sotto il profilo ambientale, per le popolazioni della Val di Susa
rischiano di generare un’opera ancora più costosa di quella attualmente
prevista, senza che i benefici economici aumentino significativamente (si ricorda
che le analisi ufficiali di tipo costi-benefici, che danno risultati sostanzialmente
negativi, tengono conto dei costi ambientali).
Utilizzare previsioni ragionevoli
Questo periodo
di riflessione dovrebbe servire soprattutto a compiere una valutazione pacata
dei costi e dei benefici del collegamento tra Torino e Lione, che assuma previsioni
di traffico prudenti e previsioni di costo realistiche, tenendo conto che l’esperienza
internazionale mostra come, di solito, per questo tipo di opere, i costi superino
di gran lunga le previsioni mentre i traffici siano inferiori a quelli previsti
di percentuali analoghe. Nel caso specifico, la più ottimistica previsione
è che nel 2020 ci sarà una domanda pari a circa un terzo della
capacità che sarà disponibile realizzando l’opera (40 milioni
di tonnellate contro almeno 120 milioni), mentre i costi di competenza italiana
potrebbero lievitare dai 13 attualmente prevedibili (per la linea nuova, compresa
la penetrazione a Torino e il potenziamento di quella storica, comunque necessario
a far fronte agli aumenti di domanda prima che la linea nuova sia disponibile)
ai 17 miliardi di euro, al lordo dei contributi che potranno venire dall’Unione
Europea. Certo è invece che attualmente il traffico merci tra Italia
e Francia è in diminuzione e la linea attuale è sottoutilizzata.
Va inoltre notato che le previsioni di traffico cui si è accennato sono
effettuate ipotizzando una consistente tassazione dei passaggi dei camion per
i valichi stradali. Secondo le stime ufficiali del Gruppo di lavoro intergovernativo
italo-francese (1996-2000), infatti, l’opera non contribuirebbe comunque
a uno spostamento "spontaneo" di traffico dalla strada alla rotaia:
gli aumenti di traffico sulla linea ferroviaria Torino-Lione, se i camion non
venissero tassati, sarebbero assai minori di quelli previsti e si avrebbero
solo come effetto di spostamento di treni da altre linee ferroviarie.
Il beneficio ambientale e di decongestionamento delle arterie stradali dovuto
direttamente al traforo sarebbe quindi molto limitato, se non proprio nullo.
Inoltre, sono ovviamente incerti tra venti anni sia gli sviluppi della domanda
che delle tecnologie, che su strada o in aereo potrebbero ridurre l’impatto
ambientale, soprattutto in presenza di prezzi del petrolio elevati o crescenti.
L’ipotesi di tassare il trasporto stradale per dirottarlo sulla ferrovia
appare costosa per le imprese, che già oggi - nonostante l’elevata
tassazione dei camion e i sussidi altrettanto elevati alle ferrovie - scelgono
in larghissima misura il modo stradale. Una tassazione molto pesante sulle relazioni
stradali internazionali, infine, appare incongrua rispetto ai costi ambientali
unitari del traffico merci nelle aree urbane e metropolitane, maggiori di un
ordine di grandezza, a causa dell’impatto antropico, rispetto a quello
di camion pesanti su percorsi extraurbani.
La imminente disponibilità ferroviaria del Loetchberg, e l’avanzato
stato dei lavori nel Gottardo potrebbero essere colti come opportunità
di riduzione dei costi di investimento per l’Italia, e non come spunto
di una competizione persa in partenza sui tempi di realizzazione, anche tenendo
conto del fatto che per oltre metà dei traffici verso il Nord-Ovest dell’Europa
(una delle direzioni a cui il traforo italiano è rivolto), il percorso
dei nuovi valichi svizzeri è più corto di circa 50 chilometri
rispetto a quello del Frejus, anche dopo la costruzione del collegamento ad
alta velocità.
Una scala di priorità tra progetti
Infine,
bisogna considerare che il Governo italiano ha inserito tra le reti europee
anche il secondo tunnel del Brennero, l’alta velocità Milano-Genova,
le autostrade del mare, il Ponte sullo Stretto.
È necessario fare una scala di priorità, perché lo stato
della finanza pubblica italiana lascia prevedere che non ci siano risorse pubbliche
per tutte queste opere, mentre non è ragionevole aspettarsi che tutte
ricevano il co-finanziamento europeo. Tra le opere citate, il collegamento Torino-Lione
ad alta velocità presenta il massimo costo, i più lunghi tempi
di realizzazione ed è inoltre l’unica opera che richiede perfetta
sincronizzazione tecnica e finanziaria con uno Stato estero per divenire funzionale:
una sua realizzazione parziale, per come l’opera è progettata attualmente,
non sarebbe utilizzabile.
È invece del tutto possibile, come del resto suggerito dallo stesso "auditing"
del ministero francese competente, rimodulare il progetto di collegamento tra
Torino e Lione in funzione della sola domanda merci (visto che la domanda passeggeri
prevista è comunque esile, come sottolineato anche dallo stesso assessore
ai Trasporti della regione francese Rodano-Alpi), e della sua realizzazione
graduale nel tempo. Rinunciando all’alta velocità (sostanzialmente
inutile per le merci), i costi sarebbero molto ridotti, così come i rischi
di una domanda insufficiente. La capacità per le merci infatti può
agevolmente essere aumentata ben al di là di quella, già notevole,
ottenibile con il semplice ammodernamento della linea esistente, attraverso
interventi gestionali, tecnologici e infrastrutturali mirati a tale scopo e
articolabili nel tempo in funzione dell’andamento della domanda (interventi
sull’alimentazione, i moduli di stazione, il segnalamento, il materiale
rotabile, il modello di esercizio). Una simile revisione del progetto potrebbe,
naturalmente, tener conto delle esigenze di raddoppiare i binari nelle vicinanze
di Torino al fine di accrescere il numero di tracce disponibili per i treni
dei pendolari. In ogni caso, i costi sarebbero inferiori di un ordine di grandezza
rispetto al progetto di alta velocità.
Dopo la sospensione dello scavo a Venaus, è necessario procedere a un
esame pubblico e aperto a tutte le alternative - condiviso nella metodologia
e affidato a soggetti indipendenti dagli interessi in gioco - dell’intero
progetto di collegamento ferroviario tra Torino e Lione, nell’ambito dell’insieme
degli altri grandi progetti infrastrutturali inseriti nelle reti europee.