Treno nucleare, sit-in sui binari

Anche alcuni feriti. “La nostra era una resistenza passiva, prova di forza esagerata”

 

di Marco Giavelli da Luna Nuova del 10/5/11 – pag. 3

 

Avigliana - Secondo treno nucleare in valle di Susa, il primo dopo la tragedia di Fukushima, e seconda notte di scontri e tafferugli tra manifestanti e forze dell’ordine. Il treno carico di scorie, partito da Vercelli intorno alle 2 di domenica notte e diretto al centro francese di La Hague, in Normandia, è riuscito ad attraversare la valle all'alba delle 5, ma dalle 4 in avanti alla stazione di Avigliana, occupata da circa 200 manifestanti, se ne sono di nuovo viste di tutti i colori. Una sessantina gli attivisti scesi in prima linea. Alcuni sdraiati sui binari e incatenati alle rotaie con lucchetti di fortuna e catene delle biciclette. Altri legati fra loro braccia con braccia, seduti sulla banchina e poi fatti sgomberare a forza dalla polizia, che li ha trascinati via prendendoli per i piedi. Il bilancio è di quattro manifestanti feriti alla testa, con il rivoletto di sangue che scorreva sul volto dopo la tipica botta da manganello. Si conta anche un contuso tra i carabinieri, colpito alla mano dal lancio di un sasso o di una bottiglia a protesta conclusa, mentre stava rientrando verso gli autoblindati.

 

Sono in tanti a vedere negli scon­tri di domenica notte una prova ge­nerale di ciò che potrebbe accadere tra qualche settimana a Chiomonte, dove per l'inizio di giugno è previ­sto l'avvio del cantiere per il tunnel geognostico della Maddalena. Del resto, ad Avigliana, erano presenti anche molti attivisti valsusini del movimento No Tav, tra cui il leader storico Alberto Perino. E la prova di forza dell'altra notte, con centinaia di poliziotti, carabinieri e finanzieri giunti da Torino in asset­to antisommossa, non contribuisce certo a rasserenare un clima già in­candescente di suo. Anche perché tra quanti hanno vissuto la lunga notte anti-nucleare, l'impressione è che certe scene si sarebbero po­tute evitare.

 

«E’ stata una prova un po’ troppo "di forza" - denuncia il vicesindaco di San Didero, Giorgio Vair, uno dei pochi amministratori presenti insieme a Luigi Casel, coordina­tore delle liste civiche di valle - nulla di irreparabile, per fortuna, ma bastava un po' di pazienza in più e avremmo avu­to qualche botta in meno. I manifestanti non hanno usato la violenza, hanno fatto soltanto resistenza passiva: non c'era l'intenzione reale di bloccare il treno, ma soltanto di far recepire il messaggio che è un'assurdità trasportare queste scorie dall'Italia alla Francia e poi dalla Francia all'Italia solo per­ché da noi non esiste un deposito definitivo di scorie nucleari. Anche perché il problema rimane, visto che il sito di Saluggia è considerato da molti insicuro».

 

Che si sia trattato più che altro di "resistenza passiva" lo sostiene anche il capitano Stefano Mazzanti, comandante della compagnia carabinieri di Susa, che tuttavia dichiara come da parte delle forze dell'ordine non siano state eseguite delle vere e proprie cariche: «I manifestanti sono stati prelevati dalla massicciata e portati sulla banchina, davanti alla stazione. Si è verificato anche il lancio di qualche fumogeno verso il treno mentre questo transitava in sta­zione, ma senza conseguenze. In ogni caso è andata meglio che a Chiusa S.Michele». Quando, nella notte tra il 6 e il 7 febbraio scorso, i manifestanti erano soltanto una quarantina, mail bilancio finale era stato di due arresti, 27 denunciati per attentato alla sicurezza dei trasporti e alcuni feriti non gravi.

 

Il sit-in contro il treno nucleare era iniziato alla spicciolata verso le 22, ma già verso mezzanotte sotto la pensilina della stazione di Avigliana si contavano almeno 200 persone. Un banchetto con tè caldo e vin brulé per riscaldare la notte. Musica dal vivo a sfondo partigiano sulla banchina del binario 2. Intanto allo svincolo autostradale di Rivoli una quarantina di mezzi autoblindati delle forze dell'ordi­ne era già pronto per il blitz. Nel frattempo i leader della protesta cercavano di capire se il treno nu­cleare fosse realmente partito. La notizia arriva alle 2: il convoglio è partito in direzione Mortara e dunque arriverà in valle di Susa via Alessandria. Così, da un momento all'altro, si attende l'arrivo delle forze dell'ordine.

 

La calma apparente della sta­zione di Avigliana, fino a quel momento non presidiata se non da alcuni agenti della Digos lungo corso Torino, si rompe intorno alle 3,30: «I poliziotti sono arrivati di corsa dal lato di corso Laghi - rac­conta Mario Actis, presidente della sezione valsusina di Legambiente - una parte è entrata nell'area fer­roviaria lungo i binari, altri hanno formato un cordone davanti al bar, dove inizia il sottopassaggio, e sul lato destro, verso l'accesso principale della stazione. I manifestanti che si trovavano sui binari e sulla banchina sono stati portati via con la forza: io, nel mio piccolo, stavo cercando di far mantenere la calma, ma ad un certo punto, nella concitazione, una poliziotta mi ha tirato al di là del cordone e mi ha chiesto la carta d'identità, che poi non mi è stata più restitui­ta. Ora aspetterò ancora qualche giorno: se in qualche modo non mi verrà restituita, farò denuncia per furto».

 

Poi denuncia: «Nessuno tra i manifestanti ha usato la violenza. Non c’è neanche stato dato modo di avviare una trattativa per per­mettere uno sgombero ordinato di chi occupava binari e banchina. Tutti gli anti-nuclearisti sono alli­biti per ciò che accade in Italia: in Germania e in Spagna si sono già svolte molte manifestazioni, ma senza che si verificassero episodi di questo genere». Tra fischi, slogan, urla e parole grosse, il treno è transitato ad Avigliana intorno alle 5. Dalle 5,30 in avanti la situazione è tornata alla normalità.