La corruzione annienta gli onesti
di Giorgio Santilli
da Il sole 24 ore del 23/6/10
La corruzione e l'illegalità sono fenomeni che si sono insinuati «negli ordinari ingranaggi degli appalti pubblici», un settore investito «ancora una volta» e «con ciclicità preoccupante» da «gravi episodi». Cresce l'assenza di trasparenza a ogni livello, anche dove non arrivano i giudici, come dimostra l'incredibile aumento del 362% in un anno delle trattative private per le piccole opere di importo inferiore a 500mila euro: è l'effetto delle norme introdotte dal governo a fine 2008.
L'allarme appalti arriva dal presidente dell'Autorità per la vigilanza
sui contratti pubblici, Luigi Giampaolino, che ieri ha tenuto alla Camera la
relazione annuale al Parlamento sul 2009. L'allarme tocca anche gli aspetti
all'attenzione della magistratura - come l'abuso dei grandi eventi della
Protezione civile in deroga alle leggi ordinarie o il boom degli arbitrati - ma
va oltre queste patologie per trasformarsi in assenza di concorrenza o, peggio,
in alterazione profonda e duratura del mercato. «Il mancato rispetto delle
regole e la presenza radicata e diffusa della corruzione – dice Giampaolino
- è causa di una profonda e sleale alterazione delle condizioni
concorrenziali che può contribuire ad annientare le imprese oneste,
costringendole ad uscire dal mercato».
Ad affondare un settore che da mesi lancia segnali di allarme e di
grave emergenza, soprattutto in termini di sofferenza delle imprese, non è
soltanto la corruzione. Un ruolo rilevante nel funzionamento inefficiente ce
l'ha anche l'eccesso di polverizzazione del mercato con 13mila stazioni
appaltanti e 36mila imprese qualificate.
«Nel mercato - ha ricordato la relazione di Giampaolino - lavorano
36.600 imprese di costruzione qualificate per la partecipazione alle gare di
lavori di importo superiore a 150mila euro e un numero molto elevato (circa
30mila) di imprese di costruzione non qualificate che eseguono lavori di
importo inferiore a 150mila euro e decine di migliaia di operatori economici
che partecipano alle gare per l'affidamento di contratti di servizi e
forniture. Questo enorme numero di stazioni appaltanti - ha continuato
Giampaolino - spesso di minime dimensioni e prive di competenze
specialistiche, costituisce uno dei massimi problemi del settore, posto che la
preparazione tecnica dell'amministrazione rappresenta la prima barriera che si
frappone al manifestarsi di episodi di malcostume».
La ricetta proposta da Giampaolino parte proprio dal superamento della frammentazione del mercato sul lato della domanda e su quello dell'offerta, con l'introduzione di un sistema di qualificazione anche per le amministrazioni pubbliche e un sistema più rigoroso di qualificazione per le imprese. Più volte l'Autorità ha preso posizione sostenendo che le Soa devono sopravvivere, ma al tempo stesso diventare una sorta di braccio operativo dell'Autorità, accentuandone il carattere di pubblico ufficiale.
Pesano negativamente sull'andamento del settore anche una
regolamentazione di «mastodontiche dimensioni» di 615 articoli e 58 allegati
(contro i 150 articoli delle direttive Ue). I rimedi finora attuati, con il
ricorso alle procedure in deroga alle leggi ordinarie (come nel caso della
Protezione civile) e allo strumento dell'arbitrato, hanno peggiorato la
situazione. L'autorità stima che siano rimasti fuori del circuito delle leggi
ordinarie almeno 13 miliardi di lavori.
I riferimenti alla
protezione civile hanno prodotto ieri per altro una reazione del dipartimento
diretto da Guido Bertolaso. «L'Autorità - spiega la Protezione Civile - dovrebbe
ricordare la disciplina relativa allo stato di emergenza e alla dichiarazione
di grande evento. Addossare tutta la responsabilità in materia alla Protezione
Civile è esercizio troppo facile, che non rispecchia le competenze e i ruoli
che la legge (225/1992) assegna ai diversi livelli di potere, da quello locale
a quello nazionale, rispetto all'approvazione e alla gestione di tali
fattispecie».
Nella «ricetta Giampaolino» contro le patologie del settore ci
sono anche il rafforzamento degli strumenti di trasparenza come le banche dati
gestite dalla stessa Autorità e maggiori poteri dell'Autorità di vigilanza
soprattutto nella sua attività di «regolazione interpretativa»