Primo accerchiamento al buio avvolto in un'atmosfera da film
di Massimiliano Borgia da Luna Nuova del 26/7/11
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La prima volta di
notte. Venerdì, come previsto, alle 23 è scattato l'accerchiamento nel buio.
Una condizione "operativa", pericolosa, come si è detto spesso; che
già le forze dell'ordine avevano evitato nel pianificare lo sgombero del
presidio. I No Tav, al contrario, hanno capito che polizia e carabinieri non
escono dal fortino; men che meno si avventurano a caricare nei boschi, per giunta
di notte. Così hanno utilizzato con passo sicuro il sentiero riaperto nei
giorni scorsi a colpi di decespugliatore e motosega, che dalla strada sopra il
ponte sulla Dora porta sopra le vigne e nei castagneti della Maddalena.
Un'atmosfera da film con effetti speciali. Il popolo delle foreste con le
lucine sulla testa a formare un lungo serpentone e poi una galassia di
"lucciole" che comparivano e scomparivano nei punti aperti del bosco.
Dentro il fortilizio,
un'atmosfera mai concitata. Un gruppo di poliziotti addossati ai massi che delimitano
la necropoli a sparare lacrimogeni ma anche a controllare che nessuno provi a
tagliare le reti. Sulle tombe neolitiche coperte di sabbia gli idranti della
polizia che sparano getti d'acqua contro chi lancia petardi, fuochi d'artificio
e pietre prese lì per terra dove sono ammucchiate a decine di migliaia, frutto
della millenaria fatica dei montanari per mantenere coltivabile e pascolabile
il castagneto. Pietre che però non vanno quasi mai a segno.
Poi lacrimogeni dal
viadotto autostradale. E un rogo ben evidente quasi a metà del viadotto. Lo
sparo dei lacrimogeni (di nuovo continuo) di notte prima di rendere evidente,
grazie alle fotoelettriche puntate intorno, la scia bianca, è una scia di
scintille. Se. ne vedono a decine, mentre intorno a pochi poliziotti che
lanciano il resto della truppa sta quasi sempre tranquillo. Sul piazzale, in
mezzo ai blindati e ai gipponi, passano operai dell'Italcoge e agenti, mentre
sotto e sopra i No Tav vengono bersagliati con acqua e gas Cs.
Come quando lo scontro
si era acceso di giorno, il 3 luglio, la tecnica della Questura è sempre quella
di non lasciare avvicinare nessuno alle reti, rendendo l'aria irrespirabile, ma
senza cercare di uscire per operare fermi. Sarebbe troppo pericoloso per tutti.
Anche se, nel buio e in queste condizioni, sarà difficile anche il
riconoscimento successivo.
Ma c'è da dire che in
questa notte di fuoco lo scontro non è lo stesso del 3 luglio. Questa volta,
in giro nei boschi non sono in tanti e non sono in tanti quelli da fuori.
L'ordine di scuderia è di "fare impazzire" i poliziotti, continuare a
fare scrivere i giornali, dare il senso dell'assedio continuo, dal quale non
c'è tregua nemmeno di notte. Ma tutti sanno che è per una notte sola, perché 7-800
persone non le porti in giro per troppo tempo nelle tenebre a farsi gasare dai
lacrimogeni.
Sono per lo più
ragazzi. C'è qualche francese. Ma da quel che si capisce sono
soprattutto di Torino e della valle. All'una e mezza, c'è l'ordine di
smetterla. Doveva durare giusto il tempo di non sfinirsi e così è stato.
Qualche minuto per contarsi e assicurarsi che nessuno resti isolato a compiere
azioni di cui il movimento non potrebbe assumersi la responsabilità e ritornano
al campeggio, in file indiane distanziate e pronte a rispondere ad eventuali
cariche. Sono stanchi ma hanno addosso una specie di euforia: come se si
stessero muovendo nella giungla con il generale Giap o dietro il Che nella
foresta boliviana. Mentre passano sopra i carabinieri di fronte alla centrale
sarebbe un gioco da ragazzi bersagliarli con pietre dall'alto in basso. Invece
l'ordine è rispettato. Solo uno strano personaggio, guardato a vista da alcuni
attivisti No Tav, fa finta di lanciare massi sui carabinieri che lo illuminano
con i fari alogeni. Da sotto, gli urlano: «Vieni qui se hai il coraggio».
E lui ci va, senza niente in mano. Scende passeggiando nella penombra a farsi
fermare. Viene subito circondato. Si sente urlare: «Lasciatelo stare». Viene
preso in consegna da due funzionari che se lo portano su, alla Maddalena.
In mezzo a questo trambusto, in alto, nei prati delle Ramats, un gruppo di cinque cervi, illuminato dalla torcia, bruca come se niente fosse. Nel bosco un camoscio se ne sta nel punto più roccioso. Ormai anche gli animali della montagna si sono abituati a questa battaglia continua. Sanno ormai che polizia e No Tav si battono anche nel momento che da millenni sfruttano proprio per mangiare più tranquilli: la notte. Quella notte dove prima solo loro erano i padroni.