La Tav non si fa. Evviva. L'Italia ringrazi la Val Susa
Infine si parla di trasporti e non solo d'infrastrutture
di Antonio
Ferrentino* da Liberazione del 7/6/07
Non abbiamo mai preteso di avere ragione solo noi. Avevamo
delle ragioni. E siamo stati per anni derisi come gli ultimi
"resistenti" al progresso. Oggi il Paese dovrebbe ringraziare la Val
Susa perché abbiamo riportato al centro del rapporto tra istituzioni e
cittadini la politica ovvero il prendere decisioni ponderate, ragionevoli ed
efficaci per la collettività. Tutta. Non solo per noi. Eppure bastava
ascoltarci e oggi che un processo ottenuto con la nostra sola determinazione
costringe il governo (e le ferrovie italiane) a farlo, anche loro ci
ringrazieranno.
La linea ad alta velocità Torino-Lione è ormai seriamente messa in
discussione e finalmente si apre il dibattito - negato da tempo - su come
utilizzare al meglio le esistenti infrastrutture. Perché finora, questo è
mancato. Il paese ha un bisogno cronico di politiche di trasporto e discutiamo
da un decennio solo di infrastrutture, di elenchi fantasmagorici di autostrade,
tunnel, raddoppi, mega-opere la cui principale verità è che "ci
servono" e che "qualcuno le chiede" (di volta in volta l'Europa
o il gruppo d'imprese del settore interessato). Il destino dell'Italia,
immaginato da gran parte della politica e dell'economia nazionale, sembra
essere quello di una piattaforma logistica. Eppure il nostro paese è molto
altro per ambiente, cultura, possibilità economiche, territori, cultura del lavoro
e del prodotto... Invece, si pensa solo a tante infrastrutture e per
realizzarle senza intoppi esiste ancora una legge obiettivo che calpesta le
dinamiche di sviluppo, quelle dei territori.
Dal 2001 la minestra è stata questa: le grandi infrastrutture che
fanno grande il paese e i piccoli egoismi delle comunità locali. Ma la Val Susa
ha costretto tanti ad aprire gli occhi. Noi non abbiamo alcuna ideologia o
pregiudiziale. Da dieci anni diciamo la stessa cosa: fermiamoci, ragioniamo
sulle proposte in campo per il trasporto ferroviario di persone e merci; se
sono tecnologicamente, socialmente, economicamente le migliori. Un territorio
solcato da moltissime infrastrutture e che negli ultimi anni ha assorbito la
realizzazione di due discariche, della più grande centrale elettrica in caverna
d'Europa, della realizzazione di un'autostrada transfrontaliera e di due
elettrodotti, penso abbia la capacità di valutare l'impatto di un'opera e la
sua utilità nel tempo.
Se il disegno era
quello di trasformare la Val Susa in un corridoio modale di infrastrutture e
trasporti, bisognava forse avere il crudo coraggio dei grandi costruttori di
dighe e spostare la popolazione. Una soluzione sbagliata ma con il pregio della
chiarezza. Moltiplicare le infrastrutture di transito in un territorio
completamente antropizzato, con una forte presenza produttiva, vestigia
storiche e grandi possibilità turistiche, ci è parso poco credibile e valido.
Lo abbiamo detto per la
seconda linea ferroviaria proposta (ovvero la tav) e lo diciamo anche per il
secondo tunnel autostradale del Fréjus che la Conferenza dei servizi sta
discutendo.
Intanto, grazie a dieci
anni di tenacia, abbiamo ottenuto lo stralcio dalla legge obiettivo del
progetto Torino-Lione (noi speravamo venisse abrogata la legge intera...), poi
il tavolo di Palazzo Chigi coi ministri e le comunità e ancora l'Osservatorio
tecnico che per la prima volta affronta pubblicamente e ufficialmente le
ragioni dell'opera e non il come realizzarla. E cosa ne è emerso?
Su carta intestata
della presidenza del consiglio c'è scritto che sulla linea esistente
attualmente passano in media 74 treni al giorno e ne possono passare fino a
226, e che nel 2006 sono transitate 6,4 milioni di tonnellate di merci e si può
arrivare fino a 32 milioni.
Con questi dati, in un
paese normale, prima di parlare di nuove infrastrutture si mettono in campo
politiche trasportistiche per utilizzare al meglio l'esistente. Altrimenti le
opere servono ad altro, ad altri interessi.
In questi anni ci hanno rinfacciato di far perdere all'Italia i
soldi europei sulla tav. Una strana accusa. Intanto, perché i fondi europei,
non sono un regalo ma provengono dalla fiscalità generale che paghiamo anche
noi. E poi perché la procedura concorsuale per il finanziamento è completamente
disattesa dal progetto tav Torino-Lione che ha due handicap insuperabili: la
maturazione del progetto definitivo e una valutazione d'impatto ambientale.
L'attuale progetto, infatti, è solo un'ipotesi, un avan-progetto con il suo
studio d'impatto ambientale. Niente da spartire con i definitivi. La stessa Rfi
dice che per un progetto completo ci vorrebbero 5 anni, mentre per il concorso
ai fondi il governo dovrà rispondere entro il 20 luglio. Cosa farà? Chiederà
una moratoria, presenterà un'ipotesi? Tutto è possibile. D'altronde abbiamo un
ministro che colloca il mega-tunnel direttamente tra la Francia e la Val
Sangone, quando manca geograficamente il confine tra i due territori (ci siamo
in mezzo noi).
Se ci fosse una reale volontà di politiche trasportistiche si
partirebbe oggi, subito, dalle infrastrutture esistenti che garantiscono 20-30
anni di sviluppo, iniziando quella integrazione tra trasporto via gomma e via
ferrovia che necessita di certezze di partenze e arrivi, di logistica ben
concepita, invece che di velocità, che i valsusini chiedono da sempre.
*Presidente Comunità montana Bassa Val Susa