Appennino, i torrenti inghiottiti dalla Tav
La costruzione
dell’alta velocità tra Bologna e Firenze cancella 100 chilometri di corsi
d’acqua
Nelle valli
senz’acqua spariscono anche piante e animali
di Paolo Rumiz da Repubblica del 22/3/09 – pagg. 1 e 19
San Piero a Sieve.
Non servono sismografi per capire dove passa il tunnel dalla Tav tra Bologna e Firenze. Basta seguire una traccia di foreste rinsecchite, alvei vuoti, macerie. Persino i cinghiali rifiutano di vivere lassù. Sopra la "grande opera" esiste una scia di "grandi disastri" che la segnala fedelmente.
L'abbiamo
percorsa, verso Nord, e per capire ci è bastata la parte toscana. Il Mugello,
snodo cruciale dello scavalco appenninico.
I danni li hanno appena
quantificati i giudici: 150 milioni di euro solo per lo smaltimento abusivo dei
terreni di scavo. Poi vengono i cantieri abbandonati, le cave e le frane. Il
peggio è il sistema idrico distrutto: per ripagarlo non basterebbe una mezza
finanziaria. Fra 750 milioni e un miliardo 200 milioni, per ventidue minuti di
viaggio in meno. Spariti o quasi 81 torrenti, 37 sorgenti, 30 pozzi, 5
acquedotti: in tutto 100 chilometri di corsi d'acqua.
Ma
le cifre non sono niente. Per farsi un'idea bisogna sentire il tanfo polveroso
della montagna morta. Rifare i sentieri della Linea Gotica, tra i rovi, come in
guerra. Solo che stavolta i danni non li hanno fatti i generali ma gli
ingegneri, che possono essere peggio. Le ferite delle bombe si rimarginano.
Queste restano per sempre. Siete avvertiti: non siamo di fronte a un evento
naturale, ma a qualcosa di biblico. Tace la valle del torrente Carzola. Niente
più uccelli. La falda è precipitata di trecento metri e la montagna è sotto
choc idrico. Ha piovuto tutto l'inverno, ma le conifere sono morte, le querce
moribonde. C'erano salmoni, trote, gamberi: ora più nulla. Un catastrofe come
il Vajont, ma alla rovescia.
Polvere, silenzio. Nel canyon si
spalanca una finestra di servizio. È sguarnita, potrebbero entrarci uomini e
bestie. Cento metri sotto, il tunnel che ha inghiottito tutto. I tecnici
ricordano quando avvenne. Esplose un getto da 400 litri al secondo a tredici
atmosfere. Da allora, anche se in superficie la valle scende a Nord, le falde
scaricano a Sud, verso Firenze. E del Mugello a secco chi se ne frega.
Paolo
Chiarini, 30 anni, ingegnere ambientale, è cresciuto sui fiumi e, quando il
Carza sparì di colpo un giorno di febbraio di 11 anni fa, fu il primo ad
accorgersene. Corse in Comune ad avvertire, ma gli risposero giulivi: "Per
forza, non è nevicato". Capì subito che l'unica acqua che interessava gli
italiani era quella del rubinetto, e fece l'unica scelta possibile: combattere
da solo.
Da
allora Paolo ha battuto ogni rigagnolo e raccolto dati. Oggi ci fa da guida su
questa strada partigiana. A Campomigliaio c'era la piscina naturale dei
fiorentini. Poi è arrivata la talpa maledetta che ha "impattato" la
falda e oggi sul greto resta solo un ridicolo cartello "Divieto
pesca" e, a monte, uno scolo fognario a secco.
Il
Carlone era il paradiso dei pescatori. Oggi è ingombro di bungalow dai vetri
rotti, rottami, tubi, cisterne, caterpillar arrugginiti. Su un muro, la scritta
"Ciao, è stato bello". Sotto, un torrente in agonia. Ma a monte è
peggio. Una strada bianca in mezzo a una foresta sbiadita, fiancheggiata dai
tubi che fino a ieri hanno pompato acqua per tenere in vita il torrente. Una
finzione.
Sopra,
una montagna di rocce intrise di asfalto collante, oli e bitumi. Quando piove,
la morchia scola sulla vasca di captazione del comune di Vaglia, che raccoglie
la poca acqua. Purissima, era, da imbottigliare senza filtro. Tutto quel
materiale poteva essere reimpiegato nel tunnel, come in Svizzera nella galleria
del Gottardo. Qui invece s'è portato tutto in superficie. E nel buco hanno
portato ghiaia fresca, aprendo decine di cave inutili sul monte. Ecco perché la
Tav è costata il quintuplo del previsto.
A
San Piero a Sieve la ferrovia veloce esce a palla di fucile e s'infila sotto
l'autodromo del Mugello. Siamo nel cuore della conca, l'Appennino perde asprezza,
l'orrore diventa bucolico. Tra le fattorie il torrente Bagnone è scomparso.
Poco in là, anche il Bosso. Nove anni fa le sorgenti saltarono tutte assieme,
ricorda l'avvocato Marco Rossi che segue le cause civili. "Quando sparì il
torrente la gente pensò che sarebbe tornato. Invece non tornò. Finita.
Arrivarono le autobotti. Poi il disseccamento salì fino a Farfereto e
Striano".
A Sergio Pietracito hanno fatto di
tutto. Gli hanno tolto l'acqua per gli animali, fatto franare il bosco, aperto
crepe in casa, semidistrutto i frutteti con le polveri, terremotato il sonno
con esplosioni, ventole al massimo, bip di cicalini, fischio di allarmi, rombo
di tir in retromarcia. Poi, a cantiere chiuso, gli hanno ripristinato i terreni
con zolle miste a cemento, plastica e ferri arrugginiti.
Pietracito
ha speso 30 mila euro in avvocati, senza aiuto degli enti locali. L'italiano è
solo davanti al potente. Lui non molla, ma molti altri sono stanchi. Sanno che,
più dei danni, sono i processi a mangiarti la vita. Finisce che sei tu a dover
pagare. La politica cala le brache: è già tanto se i sindaci sono riusciti a
farsi dare il tracciato della galleria.
Risaliamo
verso il Giogo della Scarperia. Ormai è un "trek" nella devastazione.
Conifere moribonde, castagni in sofferenza. Fra un mese gli animali scapperanno
anche da qui. A Lugo hanno visto "i caprioli scendere a valle per bere dai
sottovasi dei giardini". Non era mai successo prima del 2006, quando la
Tav ha smesso di pompare acqua "finta" in quota.
Dopo
il crinale, il versante del Santerno ci sbatte davanti l'ultimo sacrilegio. Sul
lato della Sieve avevamo censito pozzi defunti col nome di santi e beati. Qui,
nell'abbazia di Moscheta, succede di peggio. Hanno rubato l'acqua santa. La
pieve, per riempire il suo secolare abbeveratoio rimasto a secco, deve farsi
sparare acqua da Fiorenzuola. Sempre per quei maledetti ventidue minuti.
Oltre
si spalanca un abisso dantesco, il canyon chiamato Inferno. Era il top del
Mugello, segnato su tutte le guide. Trote, gamberi, muschi. Sopra, il sentiero
dove un tempo Dino Campana andava a Firenze incontrando bande di musicanti e
pescatori di fiume. Oggi si cammina a secco tra massi enormi e smerigliati,
segno della sacra potenza uccisa dall'uomo. Chi pagherà tutto questo? Quale
nazione chiederà il conto?
Il
fiume infernale si butta nel Santerno, dove s'apre il cratere della colossale
stazione intermedia della Tav. Intorno, la devastazione. Novanta cave. Novanta
cicatrici. Ed è solo il preludio dell'ultima è più spaventosa ferita. La più
lontana, la meno visibile. La condanna, esecuzione e morte del torrente
Diaterna, con la doppia sorgente biforcuta sotto il Sasso di San Zanobi.
Ora si procede solo a piedi, tra ghiaie terribili, guadi algerini, qui nell'Italia di mezzo a fine inverno. Tre anni fa Chiarini vide e fotografò vasche piene di pesci putrefatti. Da allora è morte biologica. Querce cadute, polvere, vento, lucertole. Sotto, la galleria spara la sua traiettoria in un fondale umido carico di bitumi. Qui sopra, il biancore abbacinante di un greto. La frazione di Castelvecchio - sopra l'ultima finestra della Tav in terra toscana - ha perso il suo acquedotto nel '98. Ora vorrebbero costruire un invaso per compensare lo scippo. Ma per metterci quale acqua? Con quale canalizzazione? Cementificando gli impluvi? Ricoprendoli di resine? Coprendo lo scempio con uno scempio ulteriore? La parola catastrofe non basta.
Il
viaggio è finito. "Cosa ci riserva il futuro Dio solo sa" brontola
Piera Ballabio, della Comunità montana del Mugello. "Con la nuova legge
sulle grandi opere, i Comuni avranno ancora meno voce in capitolo. Siamo vicini
a una militarizzazione del territorio. Alla faccia del federalismo".
Torrente |
Lunghezza
(Km) |
Area
drenata (Kmq) |
Farfereta |
4 |
5 |
Cardetole |
10 |
5 |
Bosso |
16 |
14 |
Bagnone |
18 |
19 |
Carza |
22 |
70 |
Diaterna |
10 |
60 |
Veccione |
5 |
20 |
Zambra |
2 |
5 |