"Effetti sulla salute dello smaltimento dei rifiuti con
inceneritori: una variabile trascurata. L'opinione dei medici".
La tutela della salute comporta
per il medico anche un impegno nel settore della medicina preventiva. Tra gli
obiettivi della prevenzione, come previsto dal Sistema Sanitario Nazionale,
sono compresi gli interventi di salvaguardia della salute dai rischi derivanti
dall'inquinamento ambientale, inclusi i rischi sanitari legati allo smaltimento
dei rifiuti.
In qualità di medici operanti sul
territorio, sollecitati dal Coordinamento dei Comitati della Piana, ci siamo
perciò impegnati ad elaborare una valutazione preliminare dei rischi sanitari
derivanti dalla costruzione di un impianto di incenerimento per rifiuti tra gli
abitati di Sesto Fiorentino, Campi Bisenzio, Brozzi e San Donnino, come
proposto dal Piano Provinciale di Gestione dei Rifiuti.
I promotori dell'incenerimento sostengono che i moderni impianti garantiscono una combustione dei rifiuti senza rischi per la salute della popolazione, con minima emissione di sostanze nocive, che questa esposizione a fattori di nocività ambientale è "accettabile " (e comunque necessaria), che l'incenerimento dei rifiuti può essere associato "sinergicamente" ad un recupero energetico con produzione di calore (termovalorizzazione). Vengono propagandati e portati ad esempio impianti all'avanguardia già esistenti, collocati perfino in grandi agglomerati urbani.
Dall'altra parte i comitati
contrari all'incenerimento sostengono che gli impianti in questione sono ancora
lontani dal garantire un rapporto rischi/benefici favorevole. I sofisticati
sistemi di combustione dei rifiuti, di depurazione e filtraggio dei fumi
troverebbero condizioni ottimali di lavoro più sulla carta dei progetti che nel
funzionamento effettivo. L' emissione costante di inquinanti anche con impianti
in regime ottimale di lavoro (nel rispetto quindi dei limiti di emissione stabiliti
dalle norme) e la possibilità di frequenti disfunzioni, insieme
all'impossibilità di ottenere un monitoraggio frequente delle emissioni più
nocive, preluderebbero ad una progressiva contaminazione ambientale. Inoltre
risulterebbe tutt'altro che trascurabile la produzione di scorie e ceneri
provenienti dagli impianti di abbattimento dei fumi, veri concentrati di
inquinanti tossici destinati, oltre che a possibili dispersioni nelle vicinanze
degli impianti, ad essere confinati inevitabilmente in discarica. Anche se la
termovalorizzazione permette un recupero energetico dalla combustione dei
rifiuti, essa di fatto rende vani tutti gli interventi nel campo del
riciclaggio differenziato dei materiali e annullerebbe i progetti di riduzione
e riprogrammazione della produzione dei rifiuti. Anche la moderna
termodistruzione comporta l'immissione in atmosfera , in quantità proporzionale
ai materiali bruciati, di anidride carbonica e di altre sostanze responsabili
della polluzione atmosferica (macroinquinanti), quali il monossido di carbonio,
gli ossidi di azoto e polveri.
Tra i cosiddetti microinquinanti prodotti dagli inceneritori assumono particolare rilievo i metalli pesanti, i furani e le diossine. Le diossine comprendono un gruppo numeroso di composti chimici, tra cui la TCDD (tetraclorodibenzo-p-diossina) che viene presa come "elemento di paragone" per la particolare tossicità. Nel 1997 l'Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro ha ufficialmente riconosciuto la TCDD come cancerogeno umano certo; l'esposizione a questo composto aumenta il rischio di particolari tumori quali i sarcomi dei tessuti molli e le leucemie. Numerosi studi evidenziano effetti nocivi delle diossine sull'apparato endocrino, sull'apparato riproduttivo e su quello immunitario. E' stato dimostrato che la contaminazione con diossine comporta un significativo aumento delle anomalie nei neonati, in particolare neurologiche, per esposizione prenatale e dopo la nascita attraverso il latte materno in cui si concentrano.
Le diossine costituiscono sostanze
chimiche stabili e, di conseguenza, persistenti nell'ambiente. Esse entrano
facilmente nelle catene alimentari, concentrandosi progressivamente, e vengono
così assunte dall'uomo prevalentemente per via alimentare. Come già stabilito
ormai dal 1994 dalla US Environmental Protection Agency, non è possibile
fissare una soglia di sicurezza per le diossine, sicuramente nocive a qualunque
livello di esposizione. Occorre perciò evitare qualunque produzione: la
presenza di sorgenti, anche con emissione minima, in un sistema definibile come
praticamente chiuso, determinerà obbligatoriamente fenomeni di accumulo e
conseguenti effetti dannosi. Proprio in questi giorni a Stoccolma, col
patrocinio dell'UNEP (Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente), i
rappresentanti di 120 Paesi si sono riuniti per sottoscrivere una Convenzione
Internazionale che prevede il divieto assoluto della produzione e del commercio
degli Inquinanti Organici Persistenti tra i quali sono comprese le diossine e i
furani.
Gli studi epidemiologici eseguiti
sulla popolazione residente in prossimità di impianti di incenerimento
risultano purtroppo scarsi e di difficile interpretazione per interferenza di
fattori complessi: essi forniscono comunque dati preoccupanti che depongono per
la presenza di un nesso di causalità (o concausalità) tra vicinanza agli
impianti ed aumento di incidenza di alcune malattie, in particolare di natura
tumorale, che impone almeno ulteriori ricerche e valutazioni. Gli esempi esteri
di impianti di incenerimento collocati nel mezzo di agglomerati urbani non
possono costituire un fattore assolutorio, ma anzi depongono per ingenuo
ottimismo e incerta attenzione per la salute da parte delle amministrazioni
locali. E' preoccupante il fatto che la nostra legislazione consenta
misurazioni di controllo per le emissioni delle sostanze più pericolose quali
sono diossine, furani e metalli pesanti, con intervalli semestrali o
addirittura annuali.
Accanto agli effetti nocivi di natura biochimica vanno considerati i danni alla salute intesa nel senso più ampio del suo significato, cioè gli effetti negativi derivanti alla persona dal vivere in un ambiente degradato, pieno di disagi e minacce ambientali e sociali. Infatti l'intervento di piano previsto per l'ATO 6, dimostra di aver considerato solo superficialmente l'impatto sulla popolazione locale. Viene proposta la collocazione dell'inceneritore proprio in quella parte di territorio che ancora ben ricorda e sconta gli effetti dell' inquinamento da diossina dell'inceneritore di San Donnino. Gli interventi sono stati previsti in un Territorio che, anche se periferia di più comuni adiacenti, ha una propria identità e dignità e che, pur stretto tra lo sviluppo industriale, l'inquinamento e l'incuria, reclama da sempre la volontà di partecipare come parte attiva alle decisioni che lo coinvolgono.
Ogni intervento negativo
sull'ambiente e sugli abitanti si sommerebbe ai molti e consistenti elementi di
disagio ambientale già presenti in questa area: basti ricordare le grandi arterie
stradali che convergono su Firenze (prossimo è il raddoppio dell'autostrada),
l'aeroporto fonte di rischio e di inquinamento di ogni tipo, l'ormai familiare
collina della discarica di Case Passerini, il realizzando polo tecnologico
delle Ferrovie dello Stato che sommandosi ai già numerosi insediamenti
industriali contribuirà ad aumentare ulteriormente il rischio idrogeologico
locale e danneggerà ancora i pochi lembi di natura di sottovalutata ricchezza
che la piana possiede. La tipologia climatica della piana prevede che si
verifichino con discreta frequenza fenomeni di inversione termica i cui effetti
sull'accumulo di inquinanti nell'intera area fiorentina e nella restante piana
di Prato e Pistoia sono già noti: è improponibile pensare di comprometere ulteriormente
la riserva atmosferica. Il nuovo inceneritore verrebbe a collocarsi inoltre in
un'area con alto grado di antropizzazione, specie dopo l'insediamento della
numerosa popolazione cinese, ormai residente e inserita nelle attività
produttive della zona (ma ancora debole sotto il profilo socio-culturale e
incapace di comprendere ed esprimersi su problemi come questo).
Un'analisi obiettiva e accurata
del problema indica che la termodistruzione dei rifiuti in genere e, in
particolare, la scelta della localizzazione dell'impianto di incenerimento in
un'area densamente popolata e già satura di elementi nocivi quale quella
proposta, reca con sé inevitabilmente rischi per la salute della popolazione e
per l'ambiente e comporta di conseguenza l'assunzione di gravi responsabilità
da parte degli amministratori. In considerazione del principio
"precauzionale" o "cautelativo" si dovrà perciò evitare di
realizzare impianti che possiedono elevate potenzialità di inquinamento, quali
sono gli inceneritori. In questo contesto potrebbero acquistare interesse le
proposte alternative quali la riduzione, la regolamentazione e la
riprogrammazione della produzione di tutto ciò che diventerà rifiuto, la
promozione del riutilizzo, del riciclaggio e della raccolta differenziata dei
materiali.
"Anche se la gravità dei
danni è imprevedibile, molti di essi sono già percepibili e altri sono
prevedibili a scadenze non lontane. Ci si può sottrarre all'azione quando, pur
essendovi incertezza su alcuni sviluppi, si ha la sicurezza che in caso di
passività gli effetti saranno sicuramente gravi, diffusi e irreversibili?"
(G. Berlinguer, in "Bioetica Quotidiana", Giunti, 2000).
I medici della Piana.
Firenze, 24 Maggio 2001