Nel Mugello il conto da pagare è salatissimo
di Massimiliano Borgia da Luna Nuova del 13/11/09 – pag. 2
Per la prima volta, amministratori locali sono chiamati a rispondere direttamente delle decisioni prese in Mugello quando trattarono i tracciati e le compensazioni per il passaggio del Tav Bologna-Firenze. L'ultimo capitolo dei disastri ambientali del Tav nel Mugello, riconosciuti ormai da tempo dalla magistratura, riguarda così non il consorzio di imprese che ha direttamente provocato crolli del suolo, prosciugamento di fiumi e di sorgenti, bensì gli amministratori locali. Questi, secondo le contestazioni della procura regionale presso la Corte dei conti, approvarono un progetto senza adeguati studi di impatto ambientale e non vigilarono a sufficienza sui danni causati dai lavori in galleria. E ora sono chiamati a rispondere di tasca loro.
Ci sono nomi
eccellenti come il senatore Vannino Chiti, ex presidente della Regione, e il
suo successore Claudio Martini, all'epoca assessore alla sanità; ma questi sono
solo due delle 52 persone cui è stato inviato un "invito a dedurre",
cioè un invito a difendersi dalla accusa di danno erariale, per un importo
enorme, calcolato dai magistrati contabili in 741 milioni e 279milaeuro.
Secondo la requisitoria del Pm sul processo per i danni ambientali del Tav in
Mugello (2008) è emerso che ministero dell'ambiente e Regione Toscana potevano
e dovevano sapere prima quello che sarebbe successo poi; e che avrebbero dovuto
prevenirlo, controllando l'operato del consorzio Cavet ed evitare i danni per i
cittadini e il paesaggio.
Il pm Gianni Tei aveva
chiesto la trasmissione degli atti alla Procura regionale della Corte dei
conti, per l'eventuale valutazione dei danni erariali causati dalla mancata
tutela del territorio. A distanza di un anno e mezzo la procura contabile ha
concluso le sue indagini, e ha condiviso le conclusioni del pm Tei, inviando,
appunto, 52 inviti a dedurre, contestando un danno erariale di 741 milioni e
279mila euro per la colossale perdita d'acqua causata dagli scavi in galleria e
valutata in un miliardo e mezzo di metri cubi risucchiati in profondità, con il
conseguente disseccamento di 57 km di fiumi, l'impoverimento di altri 24 km di
corsi d'acqua, il prosciugamento o danneggiamento di 37 sorgenti, di una
trentina di pozzi, di cinque acquedotti, con centinaia di persone rimaste
senz'acqua, aziende agricole finite a secco, terreni coltivati sprofondati
all’improvviso, tratti di montagna rinsecchiti, boschi meno rigogliosi.
La Corte dei conti
contesta in particolare le delibere della giunta regionale con cui è stato
approvato il progetto esecutivo della tratta senza tenere conto dei pareri
tecnici contrari. E nonostante esistessero relazioni tecniche critiche
sull'interferenza fra le gallerie e la falda. L'invito a dedurre è stato
inviato ai componenti delle giunte regionali toscane delle legislature 1990-95
e 1995-2000 che votarono le delibere sotto accusa, al dirigente responsabile
dell'istruttoria per la Conferenza dei servizi, ai consiglieri della
commissione ambiente del consiglio regionale che si espressero a favore delle
decisioni, e ai presidenti e membri delle commissioni nazionali di Valutazione
di impatto ambientale, di nomina del ministero dell'ambiente.