Firenze, 10/11/2005
Associazione
di volontariato Idra
DISASTRO
TAV IN MUGELLO: IL VOLUME DI ACQUE FUORIUSCITE DALLA FALDA È TRIPLICATO!
L’AGENZIA
TOSCANA PER LA PROTEZIONE AMBIENTALE IPOTIZZA: SI
STANNO INTACCANDO RISERVE IDRICHE PROFONDE?
MENTRE
LA POPOLAZIONE PIEMONTESE CERCA DI SALVARE LA VAL DI SUSA,
L’ALTA VELOCITÀ IN MUGELLO SI PRESENTA SEMPRE PIÙ COME UN CASO-SCUOLA DI
SCEMPIO AMBIENTALE.
Da
quando è stato istruito il processo penale che si celebra da parecchi mesi
nell’aula bunker del Tribunale di Firenze a carico dei responsabili della
cantierizzazione della controversa tratta ferroviaria ad Alta Velocità sotto
l’Appennino fra Bologna e Firenze, il
volume di risorse idriche sottratte alla falda è pressoché triplicato.
Risultano
rinviati a giudizio presso il Tribunale di Firenze esponenti di un consorzio
– il CAVET - che raggruppa imprese fra le più quotate del nostro Paese (Impregilo
S.p.A., CMC-Cooperativa Muratori e Cementisti, FIAT Engineering S.p.A.,
CRPL-Consorzio Ravennate di Produzione e Lavoro). Si tratta del consorzio
al quale il general contractor FIAT ha affidato la progettazione
e l’esecuzione dei lavori per la costruzione della tratta ferroviaria ad
Alta Velocità fra Bologna e Firenze (una galleria ciclopica monotubo - nella
quale dunque i supertreni sono destinati a incrociarsi nello stesso ambiente
-, e tuttavia priva per 60 km del tunnel parallelo di sicurezza!).
“Per
aver drenato e disperso dall’inizio dei lavori la somma complessiva di non
meno di 44.933 milioni di metri cubi di acqua nel territorio della Comunità
Montana del Mugello”:
questo uno dei primi capi di imputazione a carico dei costruttori della
linea TAV. Ebbene, secondo gli ultimi
dati forniti dal prof. Giuliano Rodolfi, ordinario di Geomorfologia
all’Università di Firenze, presidente dell’Osservatorio Ambientale Locale
sulla TAV, invitato permanente all’Osservatorio Ambientale Nazionale e consulente
della Regione Toscana per l’”Addendum” (l’Accordo procedimentale integrativo
che, dopo la tempesta idrogeologica, ha dotato di un fondo aggiuntivo -
interamente pubblico – gli interventi di mitigazione a
posteriori dei danni ambientali provocati dalla cantierizzazione TAV),
il volume di acqua fuoriuscito in
questi anni dalle gallerie ha raggiunto ormai i 115 milioni di metri cubi
(115 miliardi di litri), anche in ambienti individuati come Siti di Importanza
Comunitaria per effetto delle Direttiva europea Habitat
: quasi tre volte il volume contestato al momento dell’apertura del
procedimento penale a carico di CAVET.
Ma
c’è di peggio. Mentre le gallerie
continuano a perdere ancora oggi oltre 500 litri d’acqua al secondo, si
verificano ormai da anni in superficie circostanze particolarmente preoccupanti.
Dopo la scomparsa di decine di pozzi e sorgenti, e la morte fisica e biologica
di preziosi torrenti appenninici, da qualche tempo in alcune aree non
si rileva un’evidenza di impatti in superficie corrispondenti all’entità
delle perdite in galleria. E’ il caso del territorio attraversato dalla
galleria più critica, quella di
Firenzuola. Una circostanza che ha indotto l’Agenzia Toscana per la
Protezione Ambientale a ipotizzare che si
stiano intaccando riserve profonde, acque “di lunga circolazione”. La
prima tranche di uno studio condotto a quattro mani da ARPAT e CNR di Pisa
(intitolato “Linea ferroviaria Alta Velocità Bologna-Firenze, Galleria Firenzuola
- Progetto di caratterizzazione geochimico-isotopica delle acque sotterranee
del sistema idrogeologico di Marzano-Osteto”) ha permesso di mappare questo
scenario supplementare di scempio
ambientale. “La porzione intermedia
della galleria, dominata dal contributo di acque di lunga circolazione sotterranea,
corrisponde in superficie ad un settore non interessato da impatti significativi;
questa evidenza è indicativa della mancanza
di una connessione diretta ed efficace tra le principali fasce fratturate
riscontrate sul terreno ed i livelli di circolazione più profonda intercettati
dalla galleria”, scrivono nelle conclusioni ARPAT e CNR. Idra
auspica che all’ARPAT e al CNR vengano rinnovati gli stanziamenti necessari
alla prosecuzione dell’indagine, perché sia
possibile prendere coscienza – anche al fine di prevenire danni in altri
territori interessati da analoghi progetti faraonici, come la Val di Susa
– degli enormi impatti ambientali raggiunti e le conseguenze che è legittimo
attendersi.
ARPAT
- Agenzia Regionale per la Protezione
Ambientale della Toscana, Area VIA/VAS-GIM
CNR
- Consiglio Nazionale delle Ricerche
Area
della Ricerca di Pisa, Istituto di Geoscienze e Georisorse
LINEA
FERROVIARIA ALTA VELOCITÀ BOLOGNA-FIRENZE, GALLERIA FIRENZUOLA
PROGETTO
DI CARATTERIZZAZIONE GEOCHIMICO-ISOTOPICA
DELLE
ACQUE SOTTERRANEE DEL SISTEMA IDROGEOLOGICO DI MARZANO-OSTETO
REPORT
FINALE
[...]
La
parte toscana della tratta Bologna-Firenze
(fig. 1) si sviluppa per circa 50 Km, e conta 6 gallerie di linea
(di cui tre con lunghezza superiore ai 15 Km), oltre a 14 Km di gallerie
di servizio, le cosiddette “finestre”, ed attraversa un territorio ad un
tempo geologicamente difficile e ad alta sensibilità ambientale quale è
la Catena Appenninica, caratterizzata qui da rilievi montuosi relativamente
acclivi, con quote massime intorno ai 1000/1100 metri s.l.m..
La
realizzazione in sotterraneo del tracciato per quasi il 90% del suo sviluppo,
trova le sue ragioni, sia nelle morfologia del rilievo appenninico, sia
in una scelta di tipo tecnico-politico volta a limitare gli impatti paesaggistico
ed acustico in una zona di pregio ambientale quale è la valle del Mugello,
situata circa 30 km a NE di Firenze, ed attraversata longitudinalmente,
per tutta la sua estensione, dal tracciato prescelto in fase di VIA. Tale
scelta ha comportato, di contro, il manifestarsi di impatti sulla risorsa
idrica superficiale e sotterranea.
Il
presente studio è stato commissionato dalla Regione Toscana ad ARPAT (Ente
attuatore) nell’ambito dell’attuazione del Primo programma d’interventi,
previsto dall’Addendum (2002) all’Accordo Procedimentale (1995), siglato
a Roma nel Luglio del 1995, contestualmente alla Conferenza dei Servizi
tenutasi a seguito della chiusura della procedura di VIA.
Con
esso si è cercato di fornire nuovi elementi a supporto degli approfondimenti
geologici, geostrutturali ed idrogeologici eseguiti in corso d’opera per
definire i meccanismi che sono stati alla base del manifestarsi degli impatti
sopra citati, in gran parte non previsti, per localizzazione ed entità,
nello SIA e nel PE, attraverso l’utilizzo di un approccio di tipo geochiomico-isotopico.
I risultati ottenuti, seppur da considerare non conclusivi, ma esito di
una prima fase di approfondimento, hanno consentito di formulare ipotesi,
sia sui circuiti di alimentazione dei punti d’acqua impattati, sia sui tempi
di ricarica di detti circuiti, portando così un ulteriore contributo alla
comprensione della natura delle venute idriche manifestatisi nella galleria
Firenzuola durante le operazioni di scavo nell’area Marzano-Osteto.
Fra
le note problematiche idrogeologiche venutesi a creare nell’ambito della
costruzione del quadruplicamento ferroviario veloce Bologna-Firenze, lo
scavo della galleria Firenzuola è risultato senz’altro il principale fattore
di criticità e d’interferenza sul sistema idrogeologico della porzione nord-orientale
del Mugello. In particolare, tre sono i cantieri che, in ordine di successione
temporale, hanno fatto registrare i principali impatti sulla risorsa idrica:
·
il T13 Rovigo;
·
il T12 Osteto;
·
il T11 Marzano,
Gli
scavi della galleria di linea e delle relative finestre di servizio hanno
avuto documentate ripercussioni sui regimi delle sorgenti e dei corsi d’acqua,
nonché sulla produttività di alcuni pozzi in un’area, che possiamo sinteticamente
indicare come “Marzano-Osteto”.
Tale
zona è posta a cavallo dello spartiacque appenninico, ed è delimitabile
indicativamente, a Sud dalla località Marzano, sul versante idrografico
della Sieve, e a Nord dalle località di Osteto e Moscheta, sul versante
idrografico del Santerno. Ad Ovest la zona trova un suo possibile
limite d’interferenza nel tracciato della S.S. del Giogo di Scarperia,
mentre ad Est non è stato ancora univocamente tracciato e si può attualmente
assumere, con buona approssimazione, immediatamente oltre il Torrente Ensa.
Gli
studi idrogeologici prodotti in sede di SIA e di progettazione esecutiva
della tratta appenninica AV, all’atto pratico, hanno evidenziato la
necessità di sostanziali integrazioni ed approfondimenti per la effettiva
caratterizzazione delle problematiche idrogeologiche. Il Consorzio costruttore
(CAVET) ha dovuto, via via, aggiornare e migliorare tali studi anche
sulla base delle richieste pervenute dall’Osservatorio Ambientale appositamente
costituito per la verifica dell’ “inserimento ambientale” dell’opera in
corso di realizzazione, sulla base di quanto contenuto nell’Accordo Procedimentale
siglato nel Luglio del 1995. L’integrazione degli studi idrogeologici ha
visto l’applicazione di diverse metodologie di lavoro che hanno consentito
di affinare, in primo luogo, la comprensione dei principali flussi e dinamiche
idrogeologiche dell’area, influenzate dagli elementi geostrutturali molto
più di quanto previsto negli studi preliminari alla realizzazione dell’opera,
e, successivamente, di iniziare a comprendere le connessioni fra galleria
e punti d’acqua superficiali (pozzi, sorgenti, corsi d’acqua).
Tuttavia,
tali approfondimenti lasciavano ancora aperte alcune problematiche relative
alle interconnessioni fra punti d’acqua superficiali e venute in galleria,
in particolare per la galleria Firenzuola:
nel tratto di galleria scavato dal cantiere Rovigo T13 verso
Sud, sono state riscontrate venute
d’acqua consistenti, con portate per lungo tempo nell’ordine di 200l/s,
con impatti evidenti in superficie
solo sulle modeste sorgenti Veccione 1 e 3 e sulla “storica” sorgente Badia
di Moscheta, caratterizzata da portata significativa. E' stata, inoltre,
verificata una perdita di portata del torrente Veccione, fra monte e valle
della "Valle dell'inferno", valutabile in almeno 10 l/s.
nel cantiere Osteto T12, sia durante lo scavo della finestra
che durante lo scavo della galleria di linea, si sono avute venute concentrate
fino a 250 l/s. Ancora oggi manca,
però, evidenza di corrispondenti
impatti in superficie, eccezion fatta per una piccola sorgente ed una
limitata perdita di portata in un tratto del Torrente Veccione.
situazione analoga si è verificata anche presso il tratto
di galleria in scavo dal cantiere Marzano T11 verso Nord: successivamente
alle venute ed ai correlati impatti registrati su diversi punti d’acqua
fra il marzo 2000 ed il giugno 2001, a partire dalla fine del giugno 2002,
con l’ulteriore avanzare dello scavo, sono state riscontrate nuove
venute d’acqua con portate complessive di circa 400 l/s, delle quali solo
una parte ha causato ulteriori evidenti interferenze con il sistema idrogeologico
più superficiale.
Come
già ricordato, gli approfondimenti operati prevalentemente attraverso gli
strumenti classici dell’indagine geologica, geologico-strutturale ed idrogeologica,
hanno consentito di acquisire fondamentali conoscenze per la caratterizzazione
dei meccanismi d’interferenza operati dallo scavo della galleria. Però,
questi si sono dimostrati non sufficienti
a fornire informazioni complete riguardo l’alimentazione complessiva del
sistema idrogeologico della dorsale appenninica mugellana, e, quindi, a
dare indicazioni sugli impatti a medio e lungo termine, oltreché sulla diversa
risposta, in fatto di impatti sul sistema idrogeologico più superficiale,
alle consistenti venute in galleria.
Lo
stato attuale delle conoscenze ha suggerito, perciò,
la necessità di approfondire ulteriormente il livello di definizione del
sistema idrogeologico indagato, attraverso il ricorso a metodologie
diverse da quelle finora impiegate, specificatamente calibrate per un’interpretazione
quantitativa dei problemi idrogeologici, e quindi in grado di fornire elementi
aggiuntivi, utili alla definizione di un modello più completo del sistema
idrogeologico di questo tratto della dorsale appenninica mugellana e del
suo meccanismo di alimentazione. Una vasta letteratura internazionale attesta
che l’approccio geochimico-isotopico rappresenta oggi uno degli strumenti
più efficaci per affrontare le problematiche precedentemente illustrate.
La
possibilità di applicare queste metodologie si è concretizzata con i più
recenti sviluppi degli accordi istituzionali riguardanti la Tratta Appenninica
del TAV. Difatti nel 1995, a seguito della conclusione della Conferenza
dei Servizi che ha dato l’avvio alla realizzazione dell’opera, fu firmato
un “Accordo Procedimentale” fra i Ministeri coinvolti, leRegioni, TAV e
Italferr, che prevedeva una serie di norme e prescrizioni per il monitoraggio
e l’inserimento ambientale dell’opera stessa, la cui verifica era demandata
all’Osservatorio Ambientale appositamente istituito. Successivamente è stata
verificata la necessità di integrare i contenuti dell’Accordo Procedimentale,
in particolare per quanto riguarda gli interventi di analisi, mitigazione
e tutela ambientale. Pertanto, nel 2002 è stato siglato il cosiddetto “Addendum”
che ha modificato e soprattutto integrato l’originario Accordo Procedimentale.
Nell’ambito di tale atto, alcuni interventi sono stati individuati di competenza
della Regione Toscana, che ha, quindi, dato l’avvio al “Primo programma
di interventi”.
Questa
Agenzia, sulla base dell’esperienza maturata come Supporto Tecnico dell’Osservatorio
Ambientale della Tratta Appenninica della TAV e per le finalità sopra esposte,
ha proposto, nell’ambito degli interventi previsti dal ricordato “Addendum”,
la realizzazione del presente “Progetto di caratterizzazione geochimico-isotopica
delle acque sotterranee del sistema idrogeologico di Marzano-Osteto”, attivando
una collaborazione qualificata con esperti di settore dell’Istituto di Geoscienze
e Georisorse del CNR di Pisa in un rapporto di collaborazione diretta e
di supervisione tecnico-scientifica. Il rapporto di collaborazione tra ARPAT
ed Area della Ricerca di Pisa del CNR si è concretizzato tramite stipula
di una convenzione sottoscritta dai rispettivi Direttori.
Il
progetto ha visto la partecipazione del personale sotto riportato.
·
CNR - Consiglio Nazionale
delle Ricerche, Area della Ricerca di Pisa, Istituto di Geoscienze e Georisorse:
-
Dott. Costanzo Panichi
(coordinatore);
-
Dott. Fabrizio Gherardi
(raccolta, elaborazione e valutazione dei dati isotopici, analisi incrociata
con i dati idrogelogici)
-
Laboratorio del CNR (analisi
isotopiche)
·
ARPAT - Agenzia Regionale
per la Protezione Ambientale della Toscana:
-
Dott. Stefano Rossi (coordinatore);
-
Dott. Luca Ranfagni (implementazione
e gestione database e GIS, prelievo campioni, analisi geologica e idrogeologica
dell'area, analisi incrociata con i dati chimici ed isotopici)
-
Dott. Fabrizio Franceschini
(implementazione del progetto)
-
P.I. Donatello Montanari
(prelievo campioni, analisi di laboratorio)
-
Laboratorio Chimico Dipartimento
ARPAT di Firenze (Responsabile Dott.ssa S. Bucci, esperti di settore
Dott.ssa E. Pezzatini, Dott. F. Mantelli): analisi chimiche
-
Dott.ssa Mariacarmela
Andò (stagista) elaborazione dati prima fase, inquadramento geologico-idrogeologico
dell'area
-
Personale Area VIA/VAS-GIM:
supporto ai campionamenti, supporto
amministrativo.
Le
attività di campionamento si sono svolte nei tempi previsti dal cronoprogramma
(v.oltre). Le attività di analisi e redazione del report finale sono invece
slittate nel tempo. Da un lato, ciò è dovuto ad una maggiore complessità
di alcune analisi rispetto a quanto inizialmente previsto: nello sviluppo
del progetto si è, infatti, rilevata la necessità di ricorrere ad un maggior
numero di analisi di Tritio, che hanno richiesto tempi più lunghi di quelle
di Deuterio. Dall’altro lato, la valutazione ed analisi dei dati analitici,
da incrociare con tutte le pregresse conoscenze geologico-idrogeologiche,
si è rivelata più complessa di quanto inizialmente preventivato.