di Jan Pellissier
da Epolis Torino del 28/9/09 – pag. 16
Da ieri anche il movimento No Tav esiste in politica, ha un peso e determina le alleanze. Non era mai successo in 15 anni di contestazione alla Torino-Lione. Sono riusciti nell'impresa i dirigenti valsusini del Pd, che hanno scelto come unico alleato nelle loro liste per le elezioni della Comunità montana, proprio i No Tav. Da solo il Pd perdeva le elezioni, così potrebbe perdere la faccia, perché il sì alla Tav è un punto imprescindibile del programma del partito che ha unito nel 2007 Ds e Margherita: lo disse Veltroni, l'ha ribadito Franceschini insieme agli altri due candidati alla segreteria.
Logicamente a valle
del villaggio di Obelix, questo affronto dall'interno non è stato preso
benissimo. «È inaccettabile» si sono affannati a ribadire il segretario
piemontese del Pd, Gianfranco Morgando, e quello della provincia di
Torino, Caterina Romeo, annunciando per i prossimi giorni la convocazione di
un incontro «per la valutazione delle conseguenze di questo accordo e per
ribadire, ancora una volta, il nostro sì all'opera». I due però si dicono
al contempo «rispettosi del principio di autonomia dei territori, purché
non si traduca in scelte contraddittorie rispetto alle linee programmatiche
fondamentali».
Anche la presidente
della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, ribadisce il suo parere: «È una
scelta sbagliata perché miope e restrittiva - spiega - in questa fase
costituente delle nuove Comunità montane (che sono state ridotte di numero
attrvaerso accorpamenti, ndr) ritenevo prezioso un accordo più ampio
possibile, che includesse tutti, a partire da coloro che partecipano al lavoro
dell'Osservatorio, e dal quale si escludessero da soli coloro che rifiutano
il confronto. Ecco perché la scelta degli amministratori Pd di accordarsi solo
con i movimenti No Tav è sbagliata». I deputati piemontesi del Pd, Giorgio
Merlo e Stefano Esposito che nei giorni scorsi con Chiamparino e Saitta avevano
detto di preferire un'alleanza con il Pdl piuttosto che con i No Tav ieri hanno
chiesto ai candidati alla segreteria nazionale del partito - Bersani,
Franceschini e Marino - di sconfessare gli amministratori valsusini.
di Paolo Griseri e
Marco Trabucco da Repubblica del 28/9/09 – pagg. I e II Cronaca di
Torino
Com’è possibile conquistare il governo della nuova Comunità montana della Valle di Susa controllando solo tre dei 43 comuni che ne fanno parte? Non è ancora detto che accada, ma se andrà in porto l'accordo siglato l’altra sera tra gli amministratori di centrosinistra e quelli No Tav, il 7 novembre, data fissata per le elezioni dei vertici di quell'ente, saranno proprio gli oppositori alla Torino-Lione a dettare la linea al nuovo presidente Sandro Plano. La nuova Comunità, nata dalla legge approvata in primavera in Regione, ne riunisce tre vecchie: le due della val Susa (Alta e Bassa) e quella della Val Sangone.
Ne fanno parte 43 comuni:
di questi 21 sono governati da sindaci e coalizioni che fanno riferimento al
centrosinistra, 19 da esponenti del centrodestra e solo tre appunto da liste
civiche antiTav.
La Comunità montana è un ente di secondo livello il cui governo viene eletto cioè non direttamente dai cittadini, ma dagli amministratori (sindaci e consiglieri comunali) dell'area interessata. In questo caso a votare dovrebbero essere circa 670 persone. Si vota su liste formate da un candidato presidente e 40 candidati consiglieri (tanti infatti sono i componenti del consiglio della Comunità montana), liste che devono essere presentate entro domani sera. Il meccanismo elettorale è lo stesso in vigore per i comuni al di sotto dei 15 mila abitanti: qualsiasi sia il numero di liste con concorrono vince quella (e il suo candidato presidente) che prende il maggior numero di voti. Chi vince si aggiudica il premio di maggioranza che garantisce la metà dei seggi più uno.
L'accordo siglato
l'altra sera tra gli amministratori del centrosinistra (non solo quelli del
Pd) e i No Tav lottizza anche in maniera precisa i ruoli: la presidenza andrà
a Sandro Plano e il Pd avrà anche tre dei cinque assessori, mentre alla lista
No Tav andranno il vicepresidente e due assessori. Contro questo accordo
scendono però in campo due giovani coordinatori di Circoli Pd valsusini,
Claudio Ferrentino e lacopo Suppo: «II Pd valsusino - spiegano – aveva
provato a costruire una lista unitaria di centrosinistra con tre priorità: la
candidatura a presidente di Plano, la permanenza dei tecnici valsusini e degli
esponenti della valle nell'Osservatorio e il rilancio dell'Osservatorio stesso.
Punti concordati anche con Morgando e invece disattesi nell'accordo siglato.
Che secondo noi cancella il lavoro di mediazione svolto in questi anni e
mette in dubbio al credibilità del Pd valsusino. Per battere la destra siamo
veramente disposti anche ad allearci con coloro che fino a ieri ci
consideravano "membri della casta" e venduti solo perché militavamo
nel Pd? Crediamo che non si possano barattare anni di lavoro per le opportunità
politiche del momento».
Parole coraggiose che
fanno capire come anche tra i Democratici valsusini e in tutto il centrosinistra
ci siano dissensi. Contrasti per ora sotterranei che però rischiano di portare
a una impasse nel governo della comunità montana. Infatti, se come sembra
ormai certo, domani sera le liste presentate saranno due (una del Pd con i No
Tav e una del centrodestra) i primi calcoli danno una maggioranza netta alla
lista di centrosinistra. Molti dei sindaci e dei consiglieri comunali del Pd e
di altri partiti di sinistra che hanno detto sì all'intesa dell'altra sera,
pur essendo in parziale disaccordo, (già il sindaco di Almese, Bruno Gonella e
quello di Sant'Antonino, Antonio Ferrentino hanno espresso seri dubbi)
potrebbero però decidere di non votare (o di votare scheda bianca) il 7 novembre.
Riaprendo i giochi.
Non basta: la nuova
organizzazione delle Comunità montane prevede anche un secondo organo di governo,
la Conferenza dei sindaci il cui voto è prevalente rispetto a quello del
consiglio di Comunità: insomma senza il loro sì non passa nulla. Qui, i
numeri darebbero la maggioranza 24 a 19 alla coalizione centrosinistra No
Tav: ma è praticamente certo che i sindaci di almeno sei comuni Pd che hanno
inserito nel loro programma il sì all'Osservatorio non voterebbero mai per
l'uscita dall'organismo presieduto da Mario Virano. E tutto tornerebbe in
discussione.
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INTERVISTA A PLANO
Abituato a ben altri scontri delle scaramucce della politica, Sandro Plano, ex sindaco di Susa, ex democristiano, dipendente della Sitaf e ora candidato alla guida della nuova comunità montana, non si scompone: «Non riesco a capire tutta questa bufera mediatica».
Più che mediatica
sembra reale. Piove di nuovo sulla Tav. Come mai?
«Perché la valle si è
sentita presa in giro».
Chi è l'autore della
beffa?
«Virano».
Ce l'avete con Virano?
«Non con lui
personalmente. Anzi noi vogliamo dialogare con tutti. Ma il ruolo
dell'Osservatorio nell'ultimo periodo è cambiato. Da tecnico è diventato
politico».
Quando è iniziata la
metamorfosi?
«Da quando è stato
presentato a Bruxelles il dossier con la proposta alternativa di tracciato. C'era
scritto che il nuovo progetto aveva l'approvazione della valle. Ma non era
vero».
Questo però è successo
nell'estate del 2008. Siamo a fine settembre del 2009. Non potevate
accorgervene prima?
«Abbiamo segnalato la
cosa. Ma recentemente le scelte politiche nell'Osservatorio sono diventate
più incalzanti, Virano non sta più sopra le parti, gioca direttamente con il
governo».
Qual’è stata la goccia
che ha fatto traboccare il vaso?
«La scelta di
rimettere il progetto nella legge obiettivo e di sposare un tracciato nei
bandi per gli appalti senza l'approvazione delle amministrazioni. E senza discutere
l'ipotesi dell'opzione zero».
Ancora l'opzione zero?
Ma è una discussione di quattro anni fa...
«Non l'abbiamo mai
chiusa».
Dunque, no Tav?
«Nessuno dice No Tav.
Non noi. Noi vogliamo discutere con il governo il progetto della nuova
ferrovia».
Facendo fuori Virano?
«Nessuno vuol far
fuori Virano. Consideriamo chiusa questa fase dell'Osservatorio. Se rimarrà in
vita, l'organismo di Virano dovrà avere un ruolo diverso. Per esempio
includendo, oltre ai tecnici, anche i politici».
Ma voi avete fatto
l'accordo con i No Tav. Non è così?
«Non sono No Tav, sono
liste civiche».
Non nascondiamoci dietro un dito. Tutta la valle sa che
sono liste contro la nuova ferrovia. Come la mette con il Pd che è il suo
partito?
«Io ho sempre cercato
di coniugare le indicazioni del mio partito con le scelte che mi detta la mia
responsabilità di amministratore. E così
ho fatto anche in questa occasione».
Lei manterrà la sua
posizione anche se dovesse essere espulso dal partito?
«Io sarei
profondamente dispiaciuto se il partito mi espellesse. E lo sarebbero tanti
amministratori del Pd che qui in valle concordano con le mie scelte. Del resto
io con i partiti discuto ma non mi faccio imporre nulla. E poi, risponda lei a
una domanda: ricorda il nome di un solo iscritto che sia stato espulso dal Pd
in Italia?».