Editoriale de “Il Foglio” , 11 Febbraio 2004
Eurotunnel, la società del tunnel sotto
la Manica, è in situazione pre-fallimentare.
Ai valori di borsa ha un capitale di 930 milioni di sterline, contro 6,6 miliardi
di debiti, in gran parte in obbligazioni. Dal 2006 la società dovrà
cominciare a rimborsare i debiti, ma non si capisce come, dato che nel 2003
il bilancio è andato in rosso per circa 150 milioni di sterline. E questo
perché, a fronte di un utile operativo di 170 milioni, ha avuto un onere
di interessi per 318 milioni di sterline. E nel 2005 scade il contributo di
un minimo garantito, a cui si erano impegnati gli utenti istituzionali come
Eurostar, in aggiunta ai pagamenti dovuti per il passaggio di ciascun treno.
Ora Eurotunnel chiede ai suoi creditori di dilazionare
il debito e ridurre l’onere degli interessi. E prospetta una riduzione
di tariffe (che dovrebbe produrre un aumento del traffico, ma non abbastanza
da far lievitare i ricavi al livello dell’onere per interessi) in cambio
di aiuti statali. Forse lo può sperare perché
il 60% delle azioni è nelle mani di un milione di piccoli risparmiatori
francesi, che già hanno perso la metà del valore rispetto alla
quotazione di settembre.
Il disastro di questa compagnia è un
classico di come non si debbano impostare grandi progetti e di quali cautele
bisognerà avere quando saranno avviati i lavori per il ponte sullo Stretto
di Messina. La previsione di traffico per Eurotunnel fu
troppo ottimistica. La concorrenza dei traghetti è rimasta, perché
le tariffe sono molto alte e non tutti preferiscono il risparmio di tempo in
cambio del maggior prezzo. I tempi di realizzo furono
superiori al previsto e ciò ha allungato il periodo in cui si cumulavano
gli oneri per interessi senza che vi fossero ricavi. Le
manutenzioni costose, che magari per il ponte sullo Stretto potranno essere
inferiori, sono un altro onere fisso che si aggiunge agli interessi più
alti del previsto su ricavi che stentano a crescere.
I vantaggi che la collettività ricava dal tunnel
per la maggiore integrazione fra i popoli e i mercati non sono traducibili in
ricavi per chi si trova a gestire l’opera. In termini di utilità
sociale il tunnel rende. Ma non si regge in termini bancari.