TAV, FRANCIA E ITALIA D'ACCORDO SUI SOLDI
Berlusconi e Lunardi firmano a Parigi
il patto sulla To-Lione
Ma concedono un corposo sconto e lo slittamento dei tempi
Di Massimiliano Borgia - Luna nuova n. 34 venerdì 7 maggio 2004
Alla fine sarà l'Italia a pagare di più,
in proporzione, un'opera che è più costosa nel territorio francese.
Mercoledì con la firma congiunta dell'accordo sottoscritto dai ministri
italiano e francese ai trasporti e infrastrutture, Pietro Lunardi e Gilles de
Robien, la Francia si è così trovata un forte sconto sulle spese
che fino a poco tempo fa aveva preventivato. Così, in quello che era
ormai un atto dovuto, Parigi ci guadagna ancora.
La concessione francese nel dire sì alla Torino-Lione è infatti
anche un favore da restituire: l'occhio chiuso da Tremonti nei tempi del semestre
italiano di presidenza del consiglio europeo, quando da presidente di turno
dell'Ecofin ha lasciato passare lo sforamento francese del tetto del 3 per cento
di deficit sul Pil. Insomma, quello che si è consumato a palazzo Matignon,
di fronte ai due primi ministri Berlusconi e Raffarin, sa molto di un trattato
di pace che riporta la serenità tra governo italiano e francese, ma dove
a perderci è il nostro Paese. E in questo quadro non bisogna dimenticare
che fu proprio il governo francese, allora di sinistra, a chiedere al governo
italiano di sciogliere definitivamente la riluttanza sulla Torino-Lione in cambio
di lavori veloci di ripristino del tunnel del Bianco. Ricordiamo per questo,
quanto i francesi ricercarono e ottennero il trattato di Torino del gennaio
2001 con cui è partita di fatto l'opera.
Poi il deficit interno sempre più alto, le elezioni con la sconfitta
del blocco socialista-comunista-verde e i remi in barca tirati dal nuovo governo
di destra presieduto da Jean-Pierre Raffarin. Poi la lunga querelle dell'audit
e del pronunciamento dell'Assemblée natiônale. Poi la trattativa
da mercato sulla ripartizione dei costi. E alla fine la navigata diplomazia
francese l'ha spuntata senza nemmeno concederci la stessa ripartizione dei possibili
introiti futuri dei pedaggi per il transito nel tunnel di base.
Così l'accordo concluso dalla commissione tecnica intergovernativa formata
da due membri per ciascuno stato ha deciso una ripartizione che si avvicina
ai due terzi di spesa per l'Italia e un terzo per la Francia, così come
da oltre un anno propone il viceministro italiano Ugo Martinat.
Però, anche così, non è finita qua. Al governo italiano
interessava dare l'annuncio elettorale che la Torino-Lione si farà, e
questo la Francia lo ha concesso. Ma sulla ripartizione dei proventi, quando
e se ci saranno, l'accordo non c'è ancora e c'è da scommettere
che quando si arriverà al punto la Francia chiederà una ripartizione
esatta. Molto dipenderà in questo gioco anche dalla partecipazione dei
privati che per ora sono solo banche attraverso dichiarazioni di intenti. E
poi i due primi ministri e il presidente della repubblica francese hanno, come
è noto, messo sul tavolo della discussione anche il diritto di voto di
Edf in Enel, l'ingresso di Air France in Alitalia e la realizzazione dell'Airbus.
Del resto il fatto che non si sia certamente parlato solo di Torino-Lione è
testimoniato dalla sede prescelta: Parigi e non Lione o addirittura i cantieri
francesi di Ltf come in un primo tempo ipotizzato.
Formalmente però la ripartizione dei costi è quasi al 50 per cento,
sui costi complessivi da Torino a Lione. Ma l'accordo contempla appunto che
la tratta internazionale progettata da Ltf che prevede il tunnel di base (a
due canne, è stato definitivamente deciso) dal costo complessivo di 6,7
miliardi di euro sia pagata per il 63 per cento dall'Italia con 4,221 miliardi
di euro e il 37 per cento dalla Francia per 2,479 miliardi di euro. La tratta
francese da Lione a St.Jean de Maurienne sarà pagata per buona parte
dall'Italia con 4,085 miliardi di euro (in pratica anche metà dei tunnel
in territorio francese) e 2,5 miliardi di euro a carico della Francia. La tratta
italiana da Bruzolo a Settimo è a totale carico dell'Italia con 4,085
miliardi di euro. La ripartizione esatta dell'opera che costa 13,085 miliardi
di euro da Torino a Belledonne è di 6,564 miliardi di euro per l'Italia
(50,1 per cento) e 6,521 miliardi di euro (49,9 per cento) per la Francia.
Fin qui l'accordo, che è solo sulla ripartizione
dei costi, come si legge nel comunicato stampa di palazzo Matignon. Ma nello
stesso comunicato c'è anche un altra frase importante. «Al fine
di consentire a questo progetto di partire - dichiara il primo ministro francese
- viene avanzata alla Commissione europea una richiesta di sovvenzione del 20
per cento non solo sulla tratta comune ma dalla Chartreuse a Torino. L'ottenimento
di questa sovvenzione condizionerà largamente - è scritto - la
prosecuzione del progetto e l'avvio effettivo dei lavori». Vale a dire,
se l'Ue darà anche il 20 per cento per le due parti nazionali si potrà
fare, altrimenti si dovrà rinviare. E la commissaria europea Loyola De
Palacio, che scadrà a giugno con le elezioni, non è mai sembrata
molto disponibile a questa concessione. In più occorre ricordare che
proprio l'Ue ha da poco minacciato il governo italiano di fare cessare i contributi
europei per le grandi opere se non risponderà ai dubbi della commissione
sulla legge obiettivo, su cui pesano ombre di violazione delle norme sulla concorrenza
europea.
L'accordo finanziario non ha anche previsto chi sarà il soggetto che
appalterà i lavori e gestirà i flussi di merci. Il mandato di
Ltf scade nel 2007 con la consegna della progettazione e degli studi, che potrebbero
anche incorporare quelli delle due tratte nazionali, compresa la gronda progettata
adesso da Rfi. Per sapere se sarà Ltf a trasformarsi in stazione appaltante
o se si creerà un soggetto nuovo bisognerà forse attendere il
vertice annuale italofrancese di luglio. O forse molto di più. Un'incertezza
che peserà sui tempi di realizzazione, oggi sempre più spostati
verso il 2020 più che nel 2012 come deciso al vertice di Perigueux.
Intanto in Francia la notizia dell'accordo passa un po' in sordina. Le Monde
già alla vigilia esprimeva dubbi sulla possibilità di trovare
le risorse in una Francia dove il deficit è oltre il 4 per cento del
Pil e dopo l'esperienza del tunnel sotto la Manica che accumula debiti ad ogni
anno che passa. A confermare questa atmosfera di scetticismo ha contribuito
la notizia della firma dell'Italia per la forte contribuzione a favore del tunnel
del Brennero. E gli stessi giornali francesi ieri sottolineavano che un così
forte indebitamento nemmeno l'Italia se lo può permettere, vista la situazione
dei suoi conti pubblici.