A proposito di nonviolenza Faccio parte del gruppo pace di Condove e sono tendenzialmente nonviolenta, direi, se mi si permette, per natura più che per ideologia. Confesso che anche a me danno fastidio gli insulti gratuiti, sia pure ai poliziotti; per non parlare del fatto che certo non tiro pietre – i son nen bona, come direbbe Perino. E vorrei che nessuno le tirasse. Domenica però c’ero, alla manifestazione. E devo dire che neanche per un secondo ho avuto dei dubbi su chi fosse l’aggressore e chi fosse l’aggredito. Davanti a me c’era una recinzione con filo spinato degna di un campo di concentramento; uno schieramento di poliziotti mascherati e armati, chiaramente disposti per incutere paura; sopra di me un elicottero girava incessantemente, creando un clima aggressivo e ossessivo. Sono nonviolenta, ma so che “anche l’odio per l’ingiustizia stravolge il viso”. Sono nonviolenta, ma, permettetemi una citazione da vecchia professoressa, sono convinta, con il Manzoni che “i provocatori, i soverchiatori, tutti coloro che , in qualunque modo, fanno torto altrui, sono rei, non solo del male che commettono, ma del pervertimento ancora a cui portano gli animi degli offesi.” Si è cercato, sia pure in modo simbolico, di infrangere le fortificazioni che hanno costruito su luoghi che sono la testimonianza del lavoro secolare dell’uomo. Chi non ha visto i terrazzamenti delle vigne sotto la Ramat non può sapere di che cosa sia capace il lavoro paziente e costante. L’hanno costruito sopra uno dei siti archeologici più antichi del Piemonte, là dove l’uomo migliaia di anni fa onorava i suoi morti. Non era legittimo cercare di forzare quel blocco, non era autorizzato da nessuno. Vorrei ricordare che neanche la marcia del sale era autorizzata. E’ costata ai seguaci di Gandhi morti, feriti, prigione. Quel sedicente cantiere alla Maddalena è il simbolo dell’arroganza del potere; è la roccaforte di chi vuole il profitto a qualunque costo ; di chi pensa che lo sviluppo e la velocità siano dei valori; di chi non ha il senso del limite. Quel cantiere è uno sfregio alla valle di Susa, alla natura, alla democrazia. Nel mondo migliore che vorrei non solo per me, ma per i miei figli e i miei nipoti, quel cantiere non c’è. Eleonora Cane |