Seminario

TAV e modello di sviluppo

 

Torino, 10 Dicembre 2005

 

Sistema dei trasporti e attraversamento della Val di Susa con il TAV

Intervento di ANDREA DEBERNARDI

 

Andrea Debernardi della Società di Ingegneria dei Trasporti Polinomia, uno degli esperti designati a rappresentare i Comuni e la Comunità Montana Bassa Val di Susa e Val Cenischia al tavolo tecnico noto come “Commissione Rivalta”

(I lavori della commissione sono documentati su http://www.regione.piemonte.it/torinolione/documenti.htm)

 

Buongiorno a tutti. Io sono uno dei tre tecnici consulenti della Comunità Montana, nominato nella Commissione Rivalta. Parlerò oggi di alcuni problemi aperti, legati all’esercizio della linea; cioè non tanto ai rischi sanitari o di scavo dei cantieri, quanto a come funzionerà la linea una volta realizzata nella forma che conosciamo… O diciamo nella forma che reputo di conoscere, perché una delle cose che è accaduta nella Commissione Rivalta, e che ha avuto poca eco nei giornali ma che risulta con assoluta tranquillità dai verbali, è che il Ministero non ha fornito nemmeno in quella sede indicazioni aggiornate sul progetto.

 

Mi spiego meglio. La Commissione Rivalta, di cui fanno parte molti tecnici capaci, è stata istituita d’urgenza perché c’era la questione dei sondaggi, e si è riunita una dozzina di voltre tra il 29 agosto e la fine di ottobre 2005. E aveva all’ordine del giorno una serie di questioni importanti, che nel corso degli anni si erano accumulate, senza che si riuscisse ad ottenere una risposta univoca. Credo che i valsusini sappiano che quest’opera non ha un progetto unitario ma è divisa in vari tronconi. Alcuni di questi tronconi, in particolare la tratta nazionale, hanno più di un progetto, perché il progetto preliminare è stato più volte rivisto. Il 3 di agosto il CIPE approva il progetto preliminare della tratta nazionale da Bruzolo a Settimo (per intenderci quella che attraversa le zone che hanno potenziali problemi di amianto) e che costa due miliardi e mezzo di euro, accogliendo, a quanto sembra – si dice – prescrizioni avanzate dalla Regione Piemonte per ulteriori 1,35 miliardi. Quindi, non parliamo di bruscolini. Siccome queste prescrizioni riguardano le problematiche che la Commissione Rivalta deve affrontare, il sottoscritto, il giorno 29 agosto 2005, informa che gradirebbe avere gli atti nello stato in cui si trovano. Per capire esattamente se determinati elementi dell’opera sono stati approvati, rimandati o esclusi. Parliamo di cose che costano molti soldi, che hanno tempi di cantieramento lunghi, e quindi sono complesse. La risposta è che gli atti sono in corso di perfezionamento. Cioè, il CIPE approva opere per 2,5, o forse quasi 4 miliardi di euro, forse 4 miliardi di euro, ma gli atti non sono disponibili. Questa mia richiesta è stata riproposta pressoché in tutte le riunioni della Commissione Rivalta, perché per le questioni di cui mi occupo è indispensabile capire come sarà realizzata la tratta nazionale. Il giorno 26 ottobre, con in mano una lettera del Presidente del consiglio, che diceva che se entro il 31 ottobre la commissione non si fosse pronunciata il governo avrebbe proceduto in via autonoma (come poi ha fatto), noi tre tecnici della Valle di Susa abbiamo messo agli atti della Commissione una dichiarazione in cui si diceva che, se non avessimo avuto la delibera del CIPE, non ci saremmo pronunciati. Perché io faccio di mestiere il tecnico dei trasporti, e ragiono di progetti; ma a tutt’oggi non ho in mano il progetto.

 

Concludendo: sono consulente la Comunità Montana Bassa Valsusa dal 2000, ed ho partecipato a tutti i tavoli di negoziazione tecnica che ci sono stati da allora ad oggi, correndo avanti e indietro per l’Italia, da Roma al Ministero a Torino, e non ho gli atti in mano. Allora, quando si dice che il governo è sempre stato pronto a discutere dell’opera, io credo che lo valuterò sui fatti. Se la Commissione Rivalta si riunisce nuovamente, io riproporrò il problema, e finché non ho gli atti in mano riterrò che tante dichiarazioni che leggo sui giornali non hanno ancora trovato una corrispondenza pratica nei fatti. Questo mi spiace dirlo, ma lo preciso perché ho letto tante cose ultimamente, su quello che avrei dovuto fare. Però non sono stato in grado di farlo.

 

Credo dunque che nessuno me ne vorrà quanto vado ora a raccontarvi è in parte ipotetico.

 

In particolare, intendo parlarvi non tanto di problemi di impatto locale (io mi occupo di questioni ferroviarie, il geologo è un altro), quanto di come funzionerà l’opera, almeno a giudicare dalle carte ufficiali che ho in mano.

 

In primo luogo, esaminiamo le caratteristiche della linea attuale e le previsioni di traffico. La linea di Modane è antica, ma è stata più volte rimodernata -  i valsusini si ricorderanno gli interventi importanti che ci sono stati, proprio su quella linea, negli anni ’70. Questi interventi erano stati messi in cantiere perché tra il 1950 ed il 1975 c’era stata una crescita graduale, ma costante del traffico. A metà degli anni ’70, con la linea a semplice binario (e con le locomotive di allora) il valico cominciava a fare fatica. Le Ferrovie sono intervenute, raddoppiando la linea tra Bussoleno e Salbertrand con nuove gallerie meno acclivi delle precedenti, sulla base di una previsione di traffico di 13-15 milioni di tonnellate nel 1989. Le opere vennero finanziate dallo Stato, appunto per rispondere ad una crescita attesa di questo genere. Ma il traffico non ha seguito queste previsioni, perché dalla fine degli anni ’80 ha cominciato ad oscillare fra i 7 ed i 10 milioni di tonnellate, senza mai conseguire gli obiettivi previsti negli anni ’70.

 

Click per vedere l'immagine ingrandita
(click sull'immagine per ingrandire)

 

Come mai la crescita del traffico si è arrestata? I motivi sono tanti, ma uno di quelli essenziali è che, nel 1980, apre il traforo autostradale del Fréjus, che comincia a sottrarre traffico alla linea ferroviaria. In effetti, se invece che al solo traffico ferroviario guardiamo alla somma ferro+gomma (la linea viola del grafico che segue) osserviamo che le previsioni degli anni ’70, nel complesso, erano corrette. Soltanto che non tenevano conto del vantaggio che la strada avrebbe ottenuto con la realizzazione del traforo.

 


(click sull'immagine per ingrandire)

 

Intorno all’anno 2000 si fanno nuove previsioni di crescita del traffico ferroviario, e si cominciano ulteriori lavori di potenziamento della linea storica tra Bussoleno e Modane. Sono potenziamenti importanti, iniziati sulla base di previsioni di traffico di 20 milioni di tonnellate/anno, e che costano circa 600 milioni di euro. Ma tra il 1997 ed oggi il traffico è diminuito di oltre il 30%, e non è per nulla chiaro se e come le Ferrovie riusciranno a raggiungere un livello di traffico pari al doppio del livello massimo, raggiunto otto anni fa.

 

Contemporaneamente, si dice che 20 milioni di tonnellate/anno non sono abbastanza; bisognerà raggiungere i 40 milioni, e ci sarà dunque bisogno di una linea del tutto nuova, che costa moltissimi soldi: 15,2 miliardi di euro, più quell’1,35 che vi dicevo prima, e che non si capisce se c’è o non c’è. In tutto, oltre 30 mila miliardi delle vecchie lire.

 

Sono soldi ben spesi? Sempre intorno al 2000, i due Governi coinvolti nel progetto – non l’ingegner Debernardi né la Comunità Montana Bassa Valsusa – hanno sviluppato una valutazione costi/benefici del progetto. Si tratta di un’analisi un po’ invecchiata, perché da allora ad oggi il progetto è cambiato – anche se già allora si parlava di un’opera da 40 milioni di tonnellate/anno; e comunque non mi risulta che esistano valori più aggiornati.

 

In questa valutazione, la stima dei benefici derivanti dalla realizzazione della nuova linea – inclusi i vantaggi ambientali monetizzati – oscillano fra i 3 ed i 9 miliardi di euro. Dunque, è del tutto evidente che la nuova linea costerà più di quanto non risulterà utile per la popolazione. E’ un fatto noto. Se fate attenzione: ultimamente i pochi esperti di trasporti, professori universitari o simili che si sono espressi sui mass media da posizioni non di parte, hanno ripetuto tutti che l’opera non è fattibile dal punto di vista tecnico-economico. E questo non perché non faccia benefici: 9 miliardi di euro sono un ammontare enorme. Il problema è però che ha dei costi assolutamente eccessivi. E che ci sono certamente altri modi, più produttivi, di utilizzare quei 15 o 16  miliardi di euro.

 

Vorrei evidenziare un secondo aspetto: si parla – od almeno credo che si sia parlato – di una linea strategica, destinata a collegare l’Atlantico al Pacifico o qualcosa di simile. L’idea, spesso ripresa, è che per l’Italia sia indispensabile attrarre al bacino padano flussi commerciali Lisbona-Kiev, attestati oggi a Nord delle Alpi, senza i quali rischia di restare tagliata fuori dallo sviluppo europeo. E’ un’idea di moda, ma che non trova a suo supporto elementi fattuali. Il fatto è che quei flussi semplicemente non esistono. Oggi i flussi attraverso le Alpi sono quasi tutti di import-export italiano. L’attraversamento è praticamente assente; e non riguarda scambi fra l’Ovest e l’Est europeo, quanto piuttosto tra il Nord-Ovest (la Francia) ed il Sud-Est (la Grecia) od anche tra il Sud-Ovest (la Spagna) ed il Nord-Est (la Polonia). Chi voglia andare dalla Spagna ai Balcani, all’Ucraina, oggi come ci va? In nave. Le merci sono poche e vanno tutte in nave. Non passano a Nord delle Alpi. Non c’è niente da attrarre, quindi: il grande disegno strategico, sotteso alla realizzazione della nuova linea Torino-Lione, è riferito ad un traffico che oggi non esiste. Può darsi che fra un po’ di anni esista, ma oggi no. E siccome è difficile attribuire la crescita del traffico su gomma a flussi commerciali inesistenti, se vogliamo affrontare correttamente il problema del riequilibrio gomma-ferro attraverso le Alpi, dobbiamo guardare ai flussi che oggi esistono. Per tentare di captarli. Ed oggi i traffici che esisono sono traffici tra l’Italia – prevalentemente il Nord Italia – la Francia, ed un po’ anche le Isole Britanniche, il Benelux e la Penisola Iberica.

 

Ma gli scambi commerciali tra l’Italia e la Francia sono, da anni, abbastanza stabili; e lo stesso si può dire anche per le altre destinazioni nord-occidentali. Sono più dinamici verso la Spagna, dove però abbiamo tantissimo «via mare» - anche perché uno dei motori della crescita dei questi traffici negli ultimi 10 anni è che esportiamo moltissimi prodotti petroliferi dalla Sardegna e dalla Sicilia verso la Spagna. Questi prodotti vanno in Spagna via mare. Fortunatamente: pensate cosa vorrebbe dire andare da Porto Foxi (vicino a Cagliari) fino a Madrid via terra.

 


(click sulliimmagine per ingrandire i grafici)

 

Torniamo ora alle previsioni di traffico. Nel grafico che vi mostro la linea rossa evidenzia quale sarà la capacità della linea storica dopo i lavori di ammodernamento in corso (intorno a 25 milioni di tonnellate/anno), mentre la linea blu rappresenta le previsioni di traffico presentate dai Governi. All’inizio del secolo, proiettando nel futuro alcune tendenze – in realtà abbastanza di breve periodo – si poteva immaginare che la linea storica ammodernata fosse destinata a saturarsi intorno al 2025. E siccome la realizzazione del tunnel di base potrebbe richiedere una dozzina d’anni, i lavori sarebbero dovuti iniziare intorno al 2010.

 


(click sull'immagine per ingrandire)

 

Però quello che è successo è che dal 1997 ad oggi il valico storico ha perso il 30% del traffico, scendendo da oltre 10 a meno di 7 milioni di tonnellate/anno. Questo andamento decrescente dipende in parte da oscillazioni di mercato che si ripetono da una ventina d’anni, ed in parte anche da problemi congiunturali legati ai lavori in corso, che limitano la capacità operativa del valico. Ma esso è dovuto anche a difficoltà operative e gestionali di altro genere, che tendono ad affliggere l’intero sistema di trasporto merci su ferrovia a scala nazionale. Basti pensare che, dal 2000 ad oggi, le Ferrovie italiane non sono riuscite a rendere disponibili le potenti locomotive politensione promesse per migliorare l’utilizzo della linea. Difatti, i valsusini sanno bene che, ormai da qualche anno, sulla linea viaggiano prevalentemente locomotive francesi. I francesi hanno messo le locomotive, ma gli italiani no; con il risultato che non riescono più a produrre treni competitivi con quelli che gli svizzeri portano attraverso le linee storiche del Gottardo e del Sempione-Lötschberg.

 

Badate bene: la linea storica ha tanti limiti. In effetti, qualunque cosa reale ne ha tanti – anche la linea nuova ne avrà. Ma il punto è se questi limiti sono operanti nella situazione attuale, cioè se le Ferrovie sfruttano le caratteristiche della linea storica sino a livelli ad essi vicini. Ma oggi non sono i limiti della linea ad impedire di fare il traffico (che infatti era più elevato dieci anni fa), ma limitazioni diverse, prevalentemente gestionali ed operative, che se non rimosse, impediranno la crescita del traffico anche sulla linea nuova.

 

(click sull'immagine per ingrandire)

 

Non si tratta di un quesito ozioso: la nuova linea come funzionerà? Beh, intanto io comincio ad avere dei dubbi: ci saranno le locomotive? E’ credibile chi dice che nel 2030 farà 40 milioni di tonnellate/anno superando di slancio il limite odierno dei 20 milioni, quando oggi ne fa a malapena 7 milioni perché non riesce a rendere disponibili le locomotive? Io credo che il messaggio corretto sia del tutto differente: prima si mettono a disposizione le locomotive e si comincia a far crescere nuovamente il traffico, e poi ci si siede attorno ad un tavolo per discutere del potenziamento della linea. Che è poi, per inciso, esattamente quello che sta avvenendo in Svizzera, dove i tunnel si stanno scavando, ma il traffico ferroviario continua a crescere già sulle linee storiche (al Gottardo ci si sta avvicinando alla soglia dei 20 milioni). Perché le locomotive nuove ci sono. Ed anche perché le strategie commerciali delle ferrovie sono state aggiornate. C'è una strategia, dietro.

 

Con questo, voglio soltanto far notare che il nuovo, costosissimo tunnel di base non ha quasi niente a che fare con questi problemi. Non sarà per nulla sufficiente a risolvere una serie di problemi gravi ed assai vincolanti, di cui oggi si parla molto poco.

 

Ma non è tutto, quello che è veramente eccezionale, anche per il contesto italiano, è che comunque potremmo fare molta fatica a raggiungere i 40 milioni di tonnellate, anche disponendo della nuova linea, almeno come è congegnata oggi, cioè in modo un po’ strano.

 

Secondo i progetti preliminari di cui dispongo, la nuova linea sboccherà dal tunnel di base a Venaus (non c’è bisogno di spiegare dov’è), attraverserà in viadotto la Val Cenischia e poi aggirerà Susa e Bussoleno con un tunnel di 12 km, raggiungendo l’interconnessione di Bruzolo (fine della tratta internazionale). Da qui a Torino la linea si sviluppa all’interno del tunnel del Musiné-Gravio (21 km), ed aggirerà quindi la città a Nord, affiancandosi alla Tangenziale e raggiungendo la nuova linea ad Alta Velocità per Milano.

 


(click sull'immagine per ingrandire)

 

Perché mai i valsusini dovrebbero lamentarsi di un’opera che, in fin dei costi, è quasi tutta in galleria? Un motivo è che secondo il progetto preliminare della linea nazionale, di cui attualmente dispongo, la maggior parte dei treni merci continuerà a viaggiare sulla linea storica, per il semplice motivo che dovrà andare all’interporto di Orbassano o proseguire verso Genova/Bologna, e che non potrà farlo transitando sulla linea nuova.

 


(click sull'immagine per ingrandire)

 

D’altronde, Orbassano è uno scalo semivuoto, che dovrà pur essere prima o poi riempito dal traffico (abbiamo appena finito di pagarlo). Le Ferrovie rispondono che è anche uno scalo ormai obsoleto (sebbene mai pienamente utilizzato), tanto da richiedere la realizzazione di un nuovo interporto a Nord della città. Di tale scalo però, all’interno del progetto, non esiste alcuna traccia. Ed io dico: anche se fosse, chi mi assicura che esso non risulterà simile al suo predecessore, realizzato sempre dalle Ferrovie a Sud della città? Il soggetto proponente, in fondo, è lo stesso.

 

Ed i treni passeggeri? Ma naturalmente anche i treni passeggeri continueranno a passare sulla linea storica, perché in qualche modo dovranno entrare nel nodo di Torino, per fermarsi a Porta Nuova od a Porta Susa. Quindi da Bruzolo a Torino seguiranno per 40 km la linea esistente, proseguendo poi verso Milano.

 

Ma sulla linea storica i treni andranno a una velocità commerciale di circa 110 km l’ora, che è la velocità attuale spuntata da materiale ordinario e non a cassa oscillante (chissà perché su questa linea hanno smesso di usare i Pendolini). E subiranno notevoli limitazioni di velocità anche nella tratta internazionale, per l’impossibilità di gestire precedenze per ben 71 km tra Bruzolo e St.Jean-de-Maurienne. Alla fine, fatti un po’ di conti, saltano fuori tempi di percorrenza di poco inferiori all’ora fra Torino e St.Jean, che si trova ancora a 170 km da Lione. Allora, io non credo che la nuova linea, così configurata, possa conseguire l’obiettivo tanto pubblicizzato dell’ora e 45 minuti tra Torino e Lione. Può darsi che ci si possa avvicinare a questo risultato, ma soltanto percorrendo la linea nuova dall’interconnessione con l’alta velocità proveniente da Milano, ma senza fermata intermedia nel nodo. Ora, sarà pur vero che il treno ci metterà pochissimo a raggiungere Lione e Parigi, ma a Torino nessuno potrà prenderlo.

 


(click sull'immagine per ingrandire)

 

Queste problematiche, in realtà, sono ben chiare ai tecnici della Commissione Rivalta. Tanto che la stessa Signora Loyola De Palacio, rappresentante dell’Unione Europea, ha detto che, chiaramente, il progetto va rivisto. Ma che comunque non ci si può fermare.

 

Siccome questa è la risposta che io ricevo da sei anni, mi dichiaro insoddisfatto. Ed a questo proposito vorrei citare un poesia beat, le cui strofe cominciavano tutte con «One day, I will…  one day I will…». Ma l’ultima strofa diceva invece «This day is one day».

 

Badate bene, io non sono un oppositore assoluto del tunnel di base. Dico però che, in questo momento, finché questi problemi non sono chiariti, dal punto di vista operativo ci si ferma. Perché i sondaggi costano centinaia di milioni di euro. Nostri.

 

Alla fine, il progetto che è nelle mie mani dice che sulla nuova linea (progettata per una velocità di 220 km/h) correranno soltanto pochi treni merci (a 100-120 km/h), mentre sulla linea storica ci sarà lo stesso traffico di oggi; anzi un po’ di più, per di più con treni merci più pesanti e forse più rumorosi di oggi.

 

Allora, perché i valsusini non vogliono una linea che corre quasi tutta in galleria? Perché in quella linea, che richiederà anni di cantieri, alla fine i treni non ci correranno. Perché i raggi di curvatura elevati, pensati per i treni passeggeri ad alta velocità (che non la utilizzeranno), e del tutto inutili per l’esercizio merci, comportano diverse interferenze urbane ed ambientali sia in valle che nell’hinterland torinese. Perché sulla linea storica il promesso rafforzamento del servizio ferroviario regionale, alla fine, non si potrà fare. Ed anche nel nodo di Torino ci saranno notevoli problemi ad utilizzare correttamente il Passante oggi in costruzione.

 

Anche se nel grande dibattito politico c’è oggi un muro contro muro, le posizioni dei tecnici sono articolate, numerose, e spesso condivisibili. In sede tecnica si continua a discutere di questi problemi, ed io ho grande rispetto per molte persone che siedono con me nella Commissione Rivalta.

 

La Regione Piemonte e la Provincia di Torino hanno più volte richiesto la realizzazione di un’interconnessione più vicina alla città (questa richiesta fa parte del pacchetto aggiuntivo forse approvato dal CIPE in agosto). Connettendo le due linee anche ad Ovest di Torino, i treni veloci, ed anche quelli merci diretti verso Orbassano e Genova/Bologna, potrebbero correre più a lungo sulla linea nuova.

 


(click sull'immagine per ingrandire)

 

Le Ferrovie stanno oggi valutando una soluzione di questo genere, che tuttavia non consentirà ai treni provenienti da Orbassano di aggirare il nodo torinese in direzione di Milano. Questi treni pertanto, dovranno utilizzare il Passante ferroviario, attraversando la nuova stazione sotterranea di Porta Susa, limitando in tal modo la potenzialità del sistema per il servizio passeggeri regionale.

 

In più occasioni, ho sostenuto invece la necessità di realizzare al più presto una connessione diretta fra Orbassano e Settimo Torinese, in modo da consentire a tutti i treni merci provenienti da Orbassano e dalla linea storica del Fréjus di saltare il nodo di Torino. Si tratta di un intervento necessario già per lo sviluppo del traffico a breve-medio termine, che non pregiudica la realizzazione di ulteriori lotti funzionali, finalizzati al potenziamento della direttrice ferroviaria Torino-Lione. E si tratta di un intervento non piccolo, tanto da richiedere, probabilmente, più risorse finanziarie di quelle oggi effettivamente disponibili (finanziamenti UE inclusi). Dunque, non esiste una scelta secca tra il “continuare a discutere” ed “avviare i cantieri”: basta soltanto avere la ragionevolezza e l’umiltà di partire dai problemi oggi più rilevanti, mettendo in secondo piano le facili suggestioni del lungo periodo, e procedere da valle verso monte, anziché da monte verso valle, come sino ad oggi è stato.