Sparata leghista: 25 anni di galera se fermi i cantieriCONTRO NO-TAV E NO-PONTE - Ddl Sicurezza. Il testo aumenta le pene a chi protesta bloccando i lavori di grandi opere
di Lorenzo Giarelli da Il Fatto Quotidiano del 25-05-2024
Fino a 25 anni di carcere per chi blocca i cantieri delle grandi opere, come Tav o – quando e se sarà il momento – il Ponte sullo Stretto. La Lega fa le cose in grande e, con un emendamento del deputato Igor Iezzi, chiede pene altissime per chi mette in crisi i lavori delle opere considerate “strategiche”.
La novità arriva dal ddl Sicurezza in discussione in commissione Affari costituzionali alla Camera. Il provvedimento riprende un testo approvato in Consiglio dei ministri a novembre 2023 e arrivato con una certa calma in Parlamento, dove si attende ancora il primo ok ai vari articoli tra cui norme più severe contro le occupazioni delle case o le rivolte in carcere. In questo contesto, Iezzi ha depositato un emendamento che interviene sull’articolo 339 del Codice penale, quello sulla resistenza, violenza o minaccia a un pubblico ufficiale. Secondo il leghista, “se la violenza o minaccia è commessa al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica, la pena è aumentata da un terzo a due terzi”. Calcolatrice alla mano, si va da un minimo di quattro anni a un massimo di 25.
Tra i primi a denunciare l’emendamento c’è il leader dei Verdi Angelo Bonelli: “La Lega vuole mandare in carcere chi protesta contro il Ponte sullo Stretto di Messina. È la conferma della svolta autoritaria e repressiva nei confronti di chi dissente dalle folli politiche di questo governo. Anche fare un volantino potrà essere perseguito. Per chi protesta è prevista una pena tripla rispetto alla corruzione e ad altri reati gravi come la rapina”.
A preoccupare Bonelli c’è anche una recente sentenza della Cassazione che ha chiarito che “il delitto di minaccia è aggravato dall’uso di modalità simbolica quando si estrinsechi attraverso immagini, segni, oggetti o azioni che abbiano insiti in sé non solo la capacità di evocare ciò che si è inteso minacciare, ma anche un surplus intimidatorio”. Ergo, si lascia una certa discrezionalità nello stabilire cosa è intimidatorio e cosa no, cosa sia una minaccia e cosa no. “In questo modo – dice Bonelli al Fatto – si crea un meccanismo intimidatorio. Basterà anche solo denunciare qualcuno per spaventarlo. Ti metto paura così magari ti dai una calmata”. E infatti anche il M5S attacca la maggioranza: “L’emendamento prevede misure securitarie rozze e approssimative – scrivono Alfonso Colucci e Valentina D’Orso – tutte rivolte contro le fasce più deboli della popolazione, mentre per le condotte illecite dei politici e di altri potenti il centrodestra sventola ogni giorno un garantismo di comodo”.
Il messaggio è chiaro anche ai vari comitati impegnati contro gli sprechi. Lo Spazio No Ponte, per esempio, risponde alla Lega: “È evidente che l’iniziativa di Salvini manifesta un deficit di consenso. Hanno capito benissimo che le comunità che abitano lo Stretto il ponte non lo vogliono. Vogliono, dunque, imporlo con la forza. Sappiano che non ci fanno paura”. Stessi concetti ribaditi al Fatto dal giornalista e attivista Antonio Mazzeo: “Avevamo preventivato la militarizzazione del territorio. Noi da un anno dichiariamo pubblicamente che, quando inizieranno i cantieri, proveremo in tutti i modi a evitare che le ruspe devastino l’area. Immagino che questa sia considerata una minaccia, ma non ci fermeremo”.
L’emendamento deve ancora passare il vaglio di ammissibilità e non è ancora chiaro quale sarà il parere del governo. Iezzi, interpellato dall’Huffington Post, dice di “aspettarsi che gli alleati siano d’accordo”. Ma i tempi non saranno brevi, visto il calendario intasato da altre priorità prima delle Europee. Anche perché in tutto gli emendamenti sono 340, tra cui 2 del governo, 10 di FdI, 7 di FI e addirittura 35 della Lega. Segno che il Carroccio vuole intestarsi la battaglia legalitaria, non solo fuori dai cantieri: un’altra norma, firmata sempre da Iezzi, chiede di considerare sempre responsabili di violenza privata (quindi con pene fino a 4 anni) i lavoratori dei cosiddetti picchetti, ovvero coloro che si schierano fuori dalle aziende nelle giornate di sciopero per ostacolare l’ingresso dei colleghi. |