Il Tav ormai è mezzo morto. E lo dicono gli enti pro TavADDIO? - A rischio il finanziamento Ue del 50%. L’ex commissario Foietta in una riunione ha rivelato che l’Europa vuole l’impegno per tutta l’opera o addio soldi: Parigi però ha mollato la linea nazionale
di Gianni Barbacetto da Il Fatto Quotidiano del 15-05-2022
“Il Tav riparte”, annuncia il commissario del governo Draghi, Calogero Mauceri. Ma l’annuncio, ripetuto troppe volte negli ultimi dieci anni, mostra esattamente il contrario, che il progetto è fermo. E ora rischia addirittura di naufragare. A dirlo non sono i no-Tav ma, in Francia, la lobby del Tav e, in Italia, l’ex commissario Paolo Foietta.
Il comitato La Transalpine, che in Francia raggruppa i sostenitori istituzionali e imprenditoriali della nuova linea Torino-Lione, il 9 maggio ha lanciato un allarme drammatico (ripreso dal quotidiano l’Opinion e poi rilanciato in Italia dal Foglio sotto il titolo: “Ora a fermare la Tav è la Francia”). Parigi non si sta impegnando a realizzare la tratta della linea sul suo territorio, anzi sembra aver di fatto abbandonato il progetto. “Assistiamo a una costernante impasse francese”, ha dichiarato il delegato generale di La Transalpine, Stéphane Guggino. Niente nuova linea: “A oggi, la priorità dello Stato rimane la modernizzazione della linea storica Digione-Modane, per raggiungere una capacità di trasporto merci di 10 milioni di tonnellate all’anno e meno di 100 treni al giorno”. Ha aggiunto l’Opinion: “Poiché dal punto di vista politico nessuno ha trovato il modo di trarre beneficio dal progetto e il ministero dell’Economia dice che ci vorrà molto tempo per trarne benefici economici, lo Stato ha scelto di fregarsene”. Dalla Francia arriva dunque la notizia di uno stop di fatto; e la conferma della sostanziale inutilità del Tav, privo di benefici economici visto che sulla tratta Torino-Lione i passeggeri scarseggiano e le merci trasportate, tanto su treno quanto su strada, negli anni diminuiscono.
Dall’Italia, per i tifosi del Tav arriva un segnale ancora peggiore. Nella riunione riservata dell’Osservatorio Torino-Lione del primo aprile l’ex commissario Foietta, oggi capo della delegazione italiana nella Conferenza intergovernativa Italia-Francia (Cig), ha detto che la nuova linea porterà la capacità della tratta italiana a 256 treni al giorno. Del tutto inutile, visto che poi la vecchia linea francese, rinnovata, avrà “capacità di trasporto di meno di 100 treni al giorno”. Un’assurdità che dev’essere stata da tempo colta anche dall’Unione europea. Lo rivela lo stesso Foietta: “La Commissione europea ha formulato a fine 2020 la richiesta a Italia e Francia di adozione di una ‘Decisione di esecuzione’ concernente il Tunnel di base Torino-Lione, che includa anche le relative vie d’accesso, quale passo indispensabile per l’attuazione (e il co-finanziamento) dell’opera”. Tradotto: l’Europa, per sganciare i soldi promessi per finanziare il 50 per cento dei costi del Tav, vuole che Francia e Italia firmino insieme una “Decisione di esecuzione”, cioè il documento ufficiale che stabilisca “gli interventi, le misure, gli impegni, i vincoli, la governance, le coperture economiche e le tappe operative” – attenzione – che riguardino, spiega Foietta, “la progettazione dell’intera opera (e quindi anche delle vie d’accesso nazionali italiana e francese) come condizione per accedere ai finanziamenti europei”. “Dell’intera opera”: cioè non soltanto del super-tunnel sotto le Alpi (di cui finora sono stati scavati solo 10 chilometri, tutti in territorio francese, dei 115 chilometri totali). Ma anche delle due vie d’accesso nazionali: la tratta St. Jean de Maurienne-Lione sul versante francese e la Susa-Torino su quello italiano. La Francia, ci spiegano ora i lobbisti di La Transalpine, sembra aver abbandonato l’idea di costruire la sua tratta nazionale, per mancanza di benefici economici, ripiegando sull’ammodernamento della linea esistente. Se questo sarà confermato, salterà la “decisione di esecuzione” e dunque i finanziamenti europei. Sarebbe la morte definitiva del Tav Torino-Lione.
L’Italia intanto fa finta di niente e cerca di rilanciare i lavori – mai iniziati – della sua tratta nazionale. I cantieri sono ancora lontani: il commissario straordinario di governo, Calogero Mauceri, il 5 maggio ha firmato un’ordinanza che dovrebbe obbligare Rfi, cioè le ferrovie di Stato italiane, a sviluppare il progetto definitivo della nuova linea Avigliana-Orbassano e degli interventi di adeguamento dello scalo di Orbassano. Si tratta di una piccola parte della nuova linea Tav che da Avigliana dovrebbe proseguire fino a Susa-Bussoleno, per poi entrare nel super-tunnel sotto le Alpi. Il progetto chiesto dal commissario dovrebbe comprendere anche un piccolo tunnel di 14 chilometri che sventrerebbe una collina morenica. Contrari non soltanto i no-Tav, ma anche numerosi amministratori locali, tra cui il sindaco (Pd) di Rivalta di Torino, Sergio Muro, che propone che anche l’Italia utilizzi la linea storica. Addio “dichiarazione di esecuzione”, addio soldi europei. Il progetto Torino-Lione, già passato da linea ad alta velocità (passeggeri) a linea ad alta capacità (merci), viaggia da dieci anni a velocità bassissima. Ora rischia di tramontare. E il ricordo dell’ormai abbandonato da anni “Corridoio 5” Lisbona-Kiev, di cui doveva far parte, oggi mette addirittura i brividi.
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