“Non è un caso isolato: si dice alle imprese che la legge si può violare”intervista di Stefano Caselli all'ex magistrato Raffaele Guariniello da Il Fatto Quotidiano del 09-01-2021
“Quando vedo quella parola, ‘prescrizione’ alla fine di grandi processi per grandi disastri sono molto preoccupato. Purtroppo non è un caso isolato, bisogna reagire in qualche modo”. Raffaele Guariniello, ex procuratore aggiunto di Torino, ha dedicato una vita professionale a questo genere di processi e – dopo il verdetto della Cassazione sulla strage di Viareggio – non nasconde un velo di amarezza.
Dottor Guariniello, lei dice “non è un caso isolato”. In effetti, per questo genere di procedimenti, la prescrizione in Cassazione, ultimamente, sembra una costante. Fatta la premessa d’obbligo che le sentenze si commentano solo dopo aver letto le motivazioni, non posso fare a meno di rilevare che dal 2016 a oggi la IV Sezione della Suprema Corte, specializzata in questo tipo di processi che ha emesso anche questo verdetto, ha pronunciato oltre 20 dichiarazioni di intervenuta prescrizione in processi per tumori professionali.
Come si spiega secondo lei questo cambio di giurisprudenza? Per oltre 20 anni la Cassazione ha confermato una dopo l’altra le sentenze di condanna sulle morti per amianto nei miei processi. Ora, invece, stiamo vivendo una stagione molto difficile nella quale siamo di fronte ad alcune vicende drammatiche in cui tutto si risolve con la prescrizione. Con una doppia conseguenza devastante: da un lato si legittima il senso di irresponsabilità di quelle imprese che pensano che le leggi, se anche esistono, alla fine si possono violare; dall’altra si viola l’attesa di giustizia di persone che hanno già sofferto moltissimo.
Cosa intende quando dice “dobbiamo reagire”? Ci sono delle proposte che considero prioritarie. Anzitutto sono necessarie delle premesse normative, leggi e norme per tutelare la giurisprudenza del passato e porre un limite a queste prescrizioni indiscriminate. Per questo genere di fatti, poi, basterebbe scrivere un semplice comma: il disastro ambientale è consumato – dunque imprescrittibile – sino a che non ne cessino gli effetti lesivi o pericolosi per le cose o le persone. È stato stabilito, per esempio, che la prescrizione per i morti da Eternit scatti dalla chiusura degli stabilimenti, ma a Casale Monferrato si continua a morire ancora oggi.
O forse, come prevede la riforma Bonafede, interrompere la prescrizione dopo una sentenza di condanna in primo grado? Forse, ma le vittime in questi casi chiedono soprattutto giustizia in tempi rapidi.
È soltanto un problema normativo? Normativo e amministrativo: bisogna organizzare servizi ispettivi di vigilanza efficienti e preparati e non in crisi, come purtroppo accade attualmente. Gli organi di vigilanza sono in crisi, mancano di personale e professionalità, non sono più in grado di fare gli accertamenti necessari. E poi c’è un’ulteriore proposta che faccio da molto tempo.
Quale? “Bisogna istituire una Procura nazionale ambientale per la sicurezza sul lavoro. A Torino le indagini sul rogo della Thyssen Krupp le abbiamo fatte in due mesi e mezzo, non perché fossimo più bravi degli altri, ma perché eravamo specializzati, lavoravamo a quei casi da anni e sapevamo cosa fare. Se continuiamo ad affidarci a oltre cento Procure, anche con magistrati di altissimo livello, ma senza possibilità di creare gruppi specializzati, non si va da nessuna parte. La parolina prescrizione è sintomo di un sistema che non funziona. A meno che non si stabilisca che non si debba mai arrivare a delle condanne definitive. |