Tav Torino-Lione: altri 3 anni di ritardo, nessuna certezza sui finanziamenti e artifici contrattuali per aggirare un vuoto legislativoDalla Commissione Tecnico-legale dell'Unione montana dei Comuni valsusini - 14 Dicembre 2020
Il Movimento No Tav propone una piccola rubrica per comprendere quanto successo negli scorsi giorni durante le audizioni della Commissione Trasporti al Senato sul dossier Tav. Audizione del Ministro delle Infrastrutture e Trasporti Paola De Micheli alle Commissioni congiunte di Senato (Lavori Pubblici e comunicazioni) e Camera (Trasporti), iniziata oggi alle ore 14 e appena conclusa. La seduta è stata registrata.
Ritardi nei lavori e incertezze nei finanziamenti
1) Il Ministro ammette un ritardo di ulteriori tre anni. Il cronoprogramma dei lavori approvato dal CIPE (Delibera n. 67/2017) prevedeva la partenza dei cantieri principali nel 2017 e l’entrata in esercizio del Tunnel a fine dell’anno 2029. Oggi il Ministro De Micheli ha ammesso ufficialmente che tale data deve essere posticipata di tre anni a fine 2032.
2) Il Ministro non è in grado di dimostrare il finanziamento francese dell’opera. Nell’audizione è stato chiesto al Ministro quali provvedimenti del Bilancio dello Stato francese riportano esplicitamente l’indicazione della copertura dei costi della Torino-Lione, su quali capitoli di spesa siano contenuti i fondi e con quali autorizzazioni all’utilizzazione. Il Ministro ha risposto di non avere informazioni a riguardo, promettendo di girare la domanda allo Stato Francese.
3) Il Ministro ammette che il finanziamento europeo non è attualmente disponibile. Nell’audizione è stato chiesto al Ministro quali ulteriori fondi europei siano già stati stanziati e assegnati alla Torino Lione, su quale bando di finanziamento e attraverso la stipula di quale nuovo accordo di finanziamento. Il Ministro ha risposto che ad oggi i finanziamenti non sono definiti in quanto ancora oggetto di “negoziazione” con l’Unione Europea, in particolare per quanto concerne il raggiungimento di una quota di contribuzione del 55%. Si segnala che, notoriamente, i contributi europei non sono oggetto di “negoziazione” ma di assegnazione su bandi competitivi.
4) I finanziamenti europei sono già a rischio. Come già denunciato in estate dalla Corte dei Conti Europea, la Torino-Lione dovrebbe utilizzare contributi erogabili nella cornice del regolamento comunitario relativo alle reti transeuropee. Tale regolamento prevede che tutte le opere finanziate debbano entrare in servizio entro il 2030. Successivamente (a legislazione vigente) non sono previsti contributi. Ne consegue che larga parte della realizzazione della Torino-Lione è già oltre il perimetro temporale di finanziabilità.
È un buon inizio, in pratica non v’è certezza di nulla, ma intanto l’occupazione militare in Valsusa non accenna a finire e milioni di euro dei contribuenti vengono spesi per permettere a Telt di fare cassa.
Le audizioni al Senato della commissione che si occupa del dossier Tav Torino-Lione hanno riservato molti siparietti tragicomici. Tra senatori che, cadendo dalle nuvole, scoprono all’improvviso che in caso di controversie sull’opera a decidere sarebbe il diritto francese in quanto Telt è soggetto di diritto d’oltralpe e la Corte dei Conti italiana che sostanzialmente ammette che le previsioni di traffico sono controverse, l’apice viene toccato quando si arriva a parlare della bozza di contratto di programma sul Tav.
Artifici contrattuali e vuoto legislativo
A quanto pare la bozza di contratto indicherebbe “erroneamente” (o in malafede?) quale normativa applicabile alla “procedura di formazione dei contratti di programma ferroviari”, “l’articolo 1 della legge n. 238 del 1993”, mentre in realtà la norma di riferimento è quella del Decreto Legislativo n. 112 del 2015, come peraltro lo stesso ufficio del Senato aveva “esattamente indicato” alcuni mesi fa in un altro dossier.
A sollevare la questione è l’Avvocato Massimo Bongiovanni durante l’audizione pubblica. In sostanza lo schema di contratto di programma tra il Mit (da una parte, inteso come Stato) e FSI e Telt (dall’altra parte), trasmessoai due rami del Parlamento per il parere, è contrario alla legge non essendo la Società Ferrovie Italiane S.p.a nè Telt gestori della infrastruttura nazionale come, invece, previsto dall’art. 15 del decreto legislativo n. 112 del 2015.
I presupposti necessari per essere contraente dello Stato nella stipula dei contratti di programma sono i seguenti:
1) Da un punto di vista oggettivo il contratto deve far riferimento ad un’Infrastruttura Nazionale.
2) Da un punto di vista soggettivo il contraente, diverso dall’Amministrazione dello Stato (Il MIT) deve essere gestore dell’infrastruttura ferroviaria nazionale e concessionario per la gestione dell’Infrastruttura Nazionale. Ambedue i presupposti utili all’approvazione e firma del contratto di programma sono assenti. Dal punto di vista oggettivo la Nuova Linea Torino Lione, in particolare la sezione transfrontaliera, tunnel di base e accessi, non è una infrastruttura nazionale. Dal punto di vista soggettivo nessuno dei due odierni contraenti, diversi dal MIT(cioè FSI e Telt), sono da considerare Gestori di una Infrastruttura Nazionale. Infatti, RFI (Rete Ferroviaria Italiana) e non FSI (Ferrovie dello Stato Italiane) è il titolare della concessione attribuita dal Mit con il DM 138T del 2000. Inoltre Telt, come indicato in tutti gli atti, è il Gestore dell’infrastruttura della sezione transfrontaliera, non certo di quella Nazionale.
Questo significa che esiste un vuoto legislativo per quanto riguarda la gestione di un’infrastruttura transfrontaliera, in quanto il decreto legislativo n. 112 del 2015 riguarda solo quelle nazionali.
Chi ha redatto la bozza di contratto di programma ha cercato di aggirare questo vuoto tentando di appoggiarsi all’articolo 1 della legge n. 238 del 1993 che però prevede unicamente che contratti di questo genere debbano passare dal Senato e dalla Camera dei Deputati per un parere.In sostanza, il tentativo è stato quello di evitare un voto parlamentare su un decreto che modifichi quello del 2015 menzionando anche le infrastrutture transfrontaliere oltre a quelle nazionali, aggirando la legge ed evitando possibili imbarazzi nella maggioranza. |