Lettera 1 di Dana dal carcere (22 Settembre 2020)
Car* tutt*,
Al mattino mi sveglio ancora convinta di essere a casa, poi non appena lo sguardo mette a fuoco qualche dettaglio, realizzo di trovarmi qui ed è e devo dire che la sensazione mi fa svegliare repentinamente. Le giornate sono scandite da una serie di eventi che si ripetono sempre uguali a se stessi: vitto (colazione), aria/doccia, vitto (pranzo), aria/doccia, vitto (cena). Mi sveglio però molto prima fuori è ancora buio, ma in sezione iniziano a pulire le lavoranti, si sente odore di caffè, le agenti parlano ad alta voce. Sono ancora nella sezione nuovi giunti, a metà dell’isolamento domiciliare (prevenzione covid) e qui le celle sono chiuse 24 ore su 24. Si esce solo per andare all’aria, farsi la doccia, incontrare avvocati ed eventualmente per chi lo richiede educatrici, psicologa, prete ecc.
Essendo praticamente in isolamento, ho avuto modo di conoscere solo le detenute che come me sono in isolamento domiciliare (passiamo l’aria insieme) e sono davvero grata queste donne che mi hanno accettata come una sorella. La solidarietà è concreta, materiale ed umana, c’è qualcosa che fa la differenza perché nei momenti di sconforto c’è sempre qualcuno, che nel nostro caso da dietro le sbarre della cella, interrompe le attività che sta svolgendo per una chiacchierata, una battuta, ecc. Stamattina una detenuta ha cantato, benissimo oltretutto, per una mezz’oretta e ci ha tutte rilassate.
Il sistema carcerario, nonostante se ne dica, non ha nulla di educativo. È una punizione, severa e bisogna fare appello agli strumenti più profondi di sé per poterlo affrontare. È una scissione netta perché improvvisamente non fai più nulla di quello che facevi il giorno prima, non hai vicino fisicamente le persone che ami, non puoi più fare quello che ti piace e nel mio caso, non ridete so che è cosa nota, non puoi stare con i tuoi amici animali.
Mi consolo con due piccioni (ormai sono sicura che siano sempre gli stessi) che vivono sulle mura che stanno di fronte alla finestra della mia cella. Se Nicoletta aveva dolci uccellini, io ho due piccioni, ma sono svegli e seguono con attenzione quello che faccio. Questa sciocca considerazione è per spezzare un po’ il clima cupo che ho creato nelle righe precedenti perché, nonostante il carcere sia un luogo brutto, io sto bene. Ma ne parlerò ancora però perché credo che luoghi così non dovrebbero esistere.
Ho visto al TG le immagini del mio arresto e della mia fiaccolata, da oggi ho iniziato a ricevere la posta. È stato molto emozionante, devo ammetterlo, e poco alla volta proverò a rispondere a tutti.
Parlo di noi raccontandomi, della lotta al TAV e delle altre e sento un orgoglio infinito che mi dà molta forza e serenità.
In questo luogo di deprivazione e sofferenza, ciò che facciamo ha un gran bel valore e serve a mantenere viva la speranza per un futuro che speriamo possa essere più giusto per tutti, anche per gli ultimi che il sistema nasconde qui dentro. So che mi mancherà poter contribuire attivamente ai prossimi mesi di mobilitazione in Valle, ma so anche che il movimento saprà mettere in campo tutte le risorse per resistere ancora una volta alle aggressioni che verranno mosse da chi vuole a tutti i costi il TAV. La nostra lotta è per il futuro di tutti, abbiamo una grande responsabilità.
Per ora vi saluto, ringrazio la Cassa Antirepressione Alpi Occidentali, Riccardo per “La Valle degli Eretici” e tutti gli amici e compagni, lontani e vicini, che mi hanno già scritto. Un pensiero particolare va a Stefanino (anche lui agli arresti) a tutta l’Askatasuna e alla mia amata Valle. Vi voglio bene, state saldi.
Avanti No Tav! |