Non voler capire in che guai siamoConfindustria & C. - Quelli che la crisi Coronavirus si risolve con il “primato della politica”
di Giorgio Meletti da Il Fatto Quotidiano del 05-04-2020
Il presidente della Confindustria Vincenzo Boccia ha trasmesso a un Paese impaurito un messaggio che moltiplica lo sconforto. “È il momento del primato della politica”, dice, rilanciando un vecchio motto della Dc. Lo propugnava Paolo Cirino Pomicino a fine anni 80. Antonio Patuelli, che oggi se la tira da banchiere ma allora era anche ufficialmente un politicante di seconda fila, lo accusava di volere “una restaurazione del primato della politica sull’efficienza e la produttività”. Il primato della politica per lorsignori è trafficare, e Boccia muore dalla voglia come molti dei suoi colleghi imprenditori per finta, spesso solo prenditori di denaro pubblico.
La nenia la sappiamo a memoria. Serve un fiume di denaro pubblico per dare liquidità a un’economia collassata, e tutti d’accordo, poi c’è il salto logico: la seconda mossa necessarissima sono le “semplificazioni che permettano l’attivazione immediata delle opere pubbliche e dei cantieri”. Sembra una vera ossessione. Non solo Boccia, anche il suo probabile successore Carlo Bonomi vuole fermare il Coronavirus con semplificazioni e grandi opere, e anche l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan e, più scatenato di tutti, il viceministro delle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri, che vuole accelerare i cantieri Tav mentre il suo partito, il M5S, chiede di fermare i cantieri della Torino-Lione per destinare il denaro a più sensati impieghi.
È come se – a forza di raccontare che i grandi cantieri erano l’unico modo di tirar fuori l’Italia dal suo declino ventennale – nei loro cervelli fosse rimasto solo quel pensiero, e non si rendessero conto della drammaticità del momento. Per dire, due vecchi democristiani come Pier Ferdinando Casini e lo stesso Cirino Pomicino parlano di patrimoniale. In tutto il mondo ci si preoccupa di salvare le piccole e medie imprese, non le grandi. L’economista Michele Boldrin, liberista a 24 mila carati, dice che i titolari di redditi sicuri (statali e pensionati) dovrebbero cedere il 20 per cento del loro netto mensile a chi è rimasto per strada.
Di questo si parla. E qui siamo a gloriarci dell’ipotetica accelerazione (nb: partenza dei cantieri se va bene in 3-4 anni anziché 6 o 7) della tratta ferroviaria Fortezza-Ponte Gardena, 28 chilometri al costo di oltre un miliardo di euro che in un futuro indefinito e remoto (mentre controlliamo l’andamento della pandemia sulla scala dei giorni) collegherà il nuovo tunnel del Brennero alla nuova ferrovia Ponte Gardena-Verona che completerà il corridoio di collegamento ferroviario tra una città portuale, Helsinki, e un’isola, Malta, distanti 4 mila chilometri.
Abituati a succhiare il denaro dei contribuenti per poi dare la colpa del debito pubblico a malati e pensionati, si sono convinti che i soldi pubblici non finiscano mai. Questa classe dirigente è più lenta degli spiantati a capire che cosa ci sta arrivando addosso, e che bisognerà fare scelte e rinunce dolorose, decidere se dare da mangiare ai camerieri dei ristoranti rimasti a piedi o scavare tunnel ferroviari. E se chiediamo soldi all’Europa per il Coronavirus chi glielo dice poi agli “antipatici” olandesi che li spendiamo per le nostre cattedrali nel deserto?
Molti pensano che nel Dopoguerra, troppo spesso evocato a sproposito, l’Italia abbia conosciuto un’età dell’oro grazie al piano Marshall, e che ci aspetta una riedizione di quell’epoca felice e fiera di riscatto. Sarà bene che questi allegroni aprano almeno un libro, e scoprano che in milioni fecero la fame; che con il piano Marshall gli Stati Uniti ci hanno regalato meno del 2 per cento del Pil, e che i nostri padri se lo fecero bastare; e che oggi sarebbero 30-40 miliardi di euro che nessuno ci regalerà perché anche i ricchi stanno contando i morti. Il “primato della politica” sarà il benvenuto quando darà ai governi la dignità di ignorare le stupidaggini (interessate) di Confindustria. |