Pioltello
Tre morti e quarantasei feriti, di cui quattro gravi , per il deragliamento di un treno pendolari sulla linea Cremona-Milano; le prime ore del mattino, sul convoglio studenti e lavoratori.
Non una fatalità, ma l’ennesimo disastro annunciato, il frutto della devastazione della rete ferroviaria italiana che va avanti ormai da quasi trent’anni, prodotto del cosiddetto “piano Necci per la privatizzazione delle ferrovie”, entrato in vigore nei primi anni ‘90, che prevedeva esplicitamente l’abbandono e la soppressione di undici mila kilometri di rete ferroviaria a breve e media percorrenza, contro il potenziamento di cinquemila kilometri compatibili con l’alta velocità.
Effetti immediati di quei provvedimenti fortemente antipopolari furono lo smantellamento dei poli ferroviari e delle officine finalizzate alla manutenzione di locomotori e infrastrutture, la chiusura delle stazioni, il taglio di corse e linee pendolari, la privatizzazione dei contratti di lavoro, l’aumento dei disagi per passeggeri e lavoratori.
Da allora centinaia sono stati i morti per incidenti ferroviari: scontri frontali (quasi la metà delle tratte ferroviarie italiane sono a binario unico), deragliamenti per mancata manutenzione delle linee o del materiale rotante costituiscono il tragico bilancio di una politica dissennata che punta sulle grandi male opere utili al partito trasversale degli affari e taglia servizi e vivibilità per tutti.
I sei morti di Ciampino, i sette di Caluso, gli otto di Piacenza, gli otto di Messina, i tre di Nuoro, i diciassette di Crevalcore, i trentadue di Viareggio, i nove di Laces, i ventitré di Corato, i tre di Pioltello e gli altri di Firenze, Solignano, Alessandria, Roccasecca sono l’altra faccia delle devastazioni ambientali, sociali, economiche causate dai progetti TAV che hanno flagellato l’intera penisola e che vorrebbero , con scarsissimo successo grazie al movimento NO TAV, devastare la Valle di Susa, in cui vivo e voglio continuare a vivere.
Non è sufficiente compiangere i morti: troppi sepolcri imbiancati in queste ore lo fanno, per pura immagine e convenienza: singolari sono le dichiarazioni del sindaco di Milano, l’uomo dell’ Expo, che stigmatizza l’opera più improbabile, il ponte sullo Stretto, ma nulla dice sull’oceano di denaro pubblico dilapidato in TAV e autostrade.
Per vendicare e prevenire queste morti serve l’indignazione lucida, che non si spegne come un fuoco di paglia, ma si alimenta di conflitti collettivi, con il testardo amore che lungo le strade dei territori militarizzati, nell’assedio popolare ai cantieri del TAV, davanti ai tribunali che ci vorrebbero divisi e deboli, nella consapevolezza che quello dato non è l’unico dei mondi possibili, ci fa ancora, sempre, partire e tornare insieme.
Nicoletta Dosio
26 Gennaio 2018
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