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Tap, guerriglia nella notte: 300 agenti per undici ulivi

Melendugno (Lecce) - Blitz di polizia in assetto antisommossa e ruspe per l’apertura del cantiere per il gasdotto. Proteste di sindaci e cittadini

 

di Enrico Fierro da Il Fatto Quotidiano del 28-04-2017
http://www.ilfattoquotidiano.it/premium/articoli/tap-guerriglia-nella-notte-300-agenti-per-undici-ulivi/

 

Come in guerra. La triste guerra di una grande multinazionale del gas contro gli ulivi. Sono le due del mattino di giovedì e le campagne di Melendugno sono un campo di battaglia. È il blitz, con centinaia di uomini dei reparti mobili di polizia e carabinieri che bloccano le strade. Fermano macchine, chiedono documenti, vogliono sapere chi sei. L’obiettivo è “liberare” il cantiere del Tap. Curiosa e un po’ comica sigla che sta per Trans Adriatic Pipeline. Gas, soldi, interessi geopolitici e affari. Che non possono essere bloccati o ritardati da una trentina di sindaci, contadini attaccati ai loro ulivi secolari, giovani ambientalisti e ribelli, oncologi allarmati, professori universitari scettici. Insomma, quella che gli ultrà delle grandi opere con disprezzo chiamano “l’Italia del no”. E allora avanti le ruspe. Dietro poliziotti bardati come al G8 di Genova. L’obiettivo è grande: “catturare 11 ulivi, espiantarli e metterli in grossi vasi di terracotta, perché il terreno dove avevano vissuto e prodotto buone olive per decenni, serve alla strategica e irrinunciabile opera.

 

Trecento agenti in campo. Almeno venti per ogni pianta, si potrebbe ironizzare se la situazione da queste parti non fosse maledettamente seria. Le ruspe demoliscono le barricate innalzate dal “Comitato “No Tap”. I reparti mobili recintano l’area del presidio di fronte al cantiere. Una decina di ragazzi sono chiusi dentro. Il cronista è con loro. Per tutta la notte urleranno slogan, parleranno del loro No, insulteranno agenti e carabinieri. Uomini tenuti per ore col casco in testa, lo scudo in mano e il manganello pronto all’uso. I nervi di tutti sono a fior di pelle, e solo per miracolo non ci sono scontri, incidenti e sangue. Alle sei del mattino le ruspe si fermano. Gli ulivi non sono più al loro posto, ai ragazzi del presidio si aggiungono un centinaio di persone. Sono contadini, donne, anziani che amano la terra dove vivono. Gente sola, senza neppure un parlamentare a difendere le loro ragioni. Delusa, amareggiata, arrabbiata, che nella notte capisce di essere solo un granello di sabbia nel vasto mondo degli interessi che ruotano attorno alla partita del Tap. “Mi vergogno di essere italiano”, dice quasi tra le lacrime Simone Dima, giovane vicesindaco di Melendugno, mentre vede sfilare i blindati. “Ecco, li vedi, quelli sono i contractors del Tap, sono insieme alla polizia”, accusano alcuni manifestanti. Alle dieci del mattino si smobilita. Ma con una promessa: “Non finisce qui, la lotta continua”.

 

“Non ci faremo spaventare da un tubicino del gas”, aveva detto in mattinata Matteo Renzi. Infelice battuta, pessima anche per il peggiore Bagaglino. Perché quel tubo, che Tap chiama gentilmente “microtunnel” , per la gente del posto è una vera e propria iattura. Il professor Dino Borri, che insegna ingegneria del territorio al Politecnico di Bari ed è uno dei massimi esperti internazionali in valutazioni di impatto ambientale, qualche anno fa lo spiegò bene ai deputati della Commissione esteri. Il tubo porta gas ad una pressione di 145 bar (quella pari ad una colonna d’acqua di 1400 metri di altezza), sarà posato sul fondo marino e toccherà “una barriera coralligena” nei pressi della spiaggia di San Foca. E poi incontrerà una pregiata e unica flora marina prima di arrivare sulla terraferma. “Questo rapporto di valutazione di impatto ambientale ha forti limitazioni scientifiche”, disse agli attoniti deputati. Gli studi del professor Borri, che a titolo gratuito ha fatto da consulente al Comune di Melendugno, sono la Bibbia del Comitato. La società, ovviamente, spiega, minimizza. Usa tv, giornali e social in poderose e costose campagne di persuasione per negare e smentire i rischi per l’ambiente e la salute. Ma in un rapporto è costretta ad ammettere che “in generale gli impatti residui sulla salute e la sicurezza sono stati valutati di bassa significatività, ad eccezione degli impatti sulla qualità di vita per quelle famiglie situate in prossimità (500 metri) delle principali opere di cantiere (punto di ingresso del microtunnel e Prt). In questi specifici casi, l’impatto è stato valutato mederato/alto”. “Quando Renzi dice quelle cose dimostra tutta la sua ignoranza. Non sa nulla del progetto. Per imporre quest’opera hanno messo in piedi una sorta di sbarco in Normandia”. Marco Potì è ingegnere e sindaco di Melendugno, in prima fila per difendere la sua terra. “Vogliono costruire una centrale che chiamano Pression reduction terminal, per abbassare la pressione del gas prima di immetterlo nella rete, 12 ettari in una zona densamente abitata. Rischi e devastazioni ambientali per il totem del gas, i cui consumi in Italia sono in netto calo”. Gianluca Maggiore di mestiere fa il fonico nei concerti. Ha letto e studiato le 15mila pagine del progetto Tap. Va in giro e fa riunioni. Anche lui l’altra notte era alla guerra degli ulivi a difendere le ragioni della sua gente.