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Roma, mafia e corruzione sulla pelle di migranti e bisognosi

di Giuseppe Baldessarro da Narcomafie del 04-06-2015
http://www.narcomafie.it/2015/06/04/roma-mafia-e-corruzione-sulla-pelle-di-migranti-e-bisognosi/

 

Nelle intercettazioni parlano di “vacche da mungere”, di mettersi in tasca “un euro a persona”, di mazzette e appalti. Rubavano sui servizi ai centri di accoglienza e sulle case da assegnare. Si mettevano in tasca i soldi dei migranti e dei bisognosi. Rapinavano gli ultimi. E’ un quadro squallido quello che viene fuori dalla seconda tranche dell’inchiesta Mafia Capitale. Un puzzle che si compone di mafia, di faccendieri, di intermediari, di politici corrotti di quella che a ragione è stata definita la “terra di mezzo” dove tutto è lecito. Dove rubare non è più uno strumento, ma il fine ultimo. Sono quarantotto indagati di cui si fanno i nomi nell’ordinanza firmata dal gip di Roma Flavia Costantini. Quattro risultano indagati a piede libero, altri quarantaquattro sono stati arrestati dai carabinieri del Ros (19 in carcere e 25 ai domiciliari). A vario titolo devono rispondere di associazione di stampo mafioso, corruzione, false fatturazioni e trasferimento fraudolento di valori, turbativa d’asta. Reati mafiosi oppure aggravati dalle modalità mafiose.

 

L’inchiesta – che porta la firma del Procuratore Giuseppe Pignatone, dell’Aggiunto Michele Prestipino e dei pm Giuseppe cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli – svela il modus operandi di una struttura che grazie alla complicità di politici e funzionari pubblici faceva razzia d’ogni cosa senza soluzione di continuità. E del “sistema” romano facevano parte politici e burocrati di centrodestra e centrosinistra, di Comune e Regione. Per i magistrati il clan guidato da Massimo Carminati aveva messo in piedi precise “strategie di penetrazione nella Pubblica Amministrazione”, ed era “intervenuto direttamente e indirettamente nei diversi settori della pubblica amministrazione di interesse dell’associazione”.

 

Nella bufera sono quindi finiti Mirko Coratti, ex presidente del consiglio comunale in quota Pd (si era dimesso dopo gli arresti di dicembre) e il suo capo segreteria, Franco Figurelli. Entrambi sono accusati di aver ricevuto 10 mila euro, di aver facilitato l’assunzione di una persona segnalata da Coratti dietro la prospettiva di mettersi in tasca 150 mila euro. In manette anche Daniele Ozzimo, ex assessore alla Casa (della stessa area politica, anche lui dimissionari). Ai domiciliari Angelo Marinelli (Pd) e la sua assistente Brigidina Paone. Secondo la Procura avrebbe ricevuto da Carminati una costante “erogazione di utilità a contenuto patrimoniale, comprendente anche un’assunzione”. E non è finita, perche in manette sono finiti a loro volta Angelo Scozzafava, ex assessore comunale a Roma alle Politiche Sociali, e Pierpaolo Pedetti, consigliere comunale del Pd e presidente della Commissione Patrimonio. E poi ancora funzionari come Mario Cola, accusato essersi fatto acquistare un appartamento in cambio favori in relazione all’emergenza abitativa. C’era chi chiedeva case, chi pretendeva favori in cambio e chi invece puntava ai soldi, come Giordano Tredicine, consigliere comunale e vicecoordinatore regionale di FI, che si era messo al servizio dei mafiosi, in cambio di denaro. In carcere pure Massimo Caprari, capogruppo di Centro Democratico, pure lui a libro paga di Carminati e compagni. Tra gli indagati Andrea Tassone, ex presidente del X Municipio (anche lui già dimessosi) che avrebbe ricevuto 30 mila euro in cambio di una serie di favori relativi alla gestione delle spiagge di Ostia. Tra gli indagati ci sono anche l’ex segretario regionale della Lega Coop, Stefano Venditti, il direttore del Dipartimento Politiche Sociali della Regione, Fabio Magrini, e il sindaco di Castenuovo di Porto, Fabio Stefoni.

 

Secondo le indagini condotte dal Ros guidato dal comandante Stefano Russo esisteva “articolato meccanismo corruttivo” che faceva capo a Luca Odevaine, il quale “in qualità di appartenente al Tavolo di Coordinamento Nazionale sull’accoglienza per i richiedenti e titolari di protezione internazionale, è risultato in grado di ritagliarsi aree di influenza crescenti” in questo specifico settore. Le indagini avrebbero accertato la sua capacità di “garantire consistenti benefici economici ad un cartello d’imprese interessate alla gestione dei centri di accoglienza, determinando l’esclusione di imprese concorrenti dall’aggiudicazione dei relativi appalti”. In cambio Odevaine riceveva mazzette da 10 e 20 mila euro mensili.

 

“Questa volta – diceva non sapendo di essere intercettato – una volta nella vita… vorrei… quantomeno… non regalare le cose, insomma … almeno io da questa roba qua… visto anche che sto finendo di lavorare in Provincia e quant’altro almeno ce vorrei guadagnà uno stipendio pure pe me“. E ancora: “Se me dai cento persone facciamo un euro a persona… non lo so, per dire, hai capito? E basta, uno ragiona così, va beh… ti metto 200 persone a Roma, 200 a Messina, 50 là… e quantifichiamo poi…”. Un manager corrotto che così ragionava: “Il lavoro che io gli faccio è di collegamento con il Ministero dell’Interno… soprattutto per trovare… poi… la possibilità di implementare il lavoro… e facciamo accordi sugli utili in genere… insomma … ci si dividono un po’ gli utili”.

 

Odevaine è solo uno dei perni attorno a cui ruotavano gli interessi dei mafiosi romani. Come lui Carminati e compagnia bella avevano agganci ovunque, e ovunque erano in grado di smuovere montagne corrompendo politici e funzionari, interessando amici e amici degli amici. Affari, mafia e politica camminavano a braccetto. Tanto che per le Europee il gruppo guidato da Buzzi e Carminati non aveva esitato a chiedere voti ai calabresi del clan Mancuso il sostegno elettorale in favore di Gianni Alemanno.