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STRETTO DI MESSINA

Ponte-zombie, torna l’incubo delle penali

di Giorgio Meletti,  da Il Fatto Quotidiano del  21/09/2014


Quella delle penali a carico dello Stato per la mancata costruzione del ponte sullo Stretto di Messina è una fiamma perenne che da quasi dieci anni apposite vestali tengono in vita. Fu accesa nell’autunno del 2005, quando la concessionaria pubblica Stretto di Messina spa mise in gara l’appalto, e il consorzio Eurolink, guidato dalla Impregilo, se l’aggiudicò con un ribasso del 17 per cento sulla base d'asta, del tutto anomalo per un prototipo senza precedenti.


Da subito sorse il sospetto che la vera posta in gioco fossero le penali che lo Stato si impegnava a pagare nell’eventualità che l’opera – di dubbia finanziabilità – restasse confinata al libro dei sogni del berlusconismo. E da allora un infinito gioco delle tre carte vede impegnati Impregilo, Stretto di Messina (con l'Anas che la controlla) e governi pro tempore. L’ultima mossa è del numero uno di Impregilo, Pietro Salini, che è andato a spiegare a Matteo Renzi che allo Stato conviene riaprire il dossier della costruzione del ponte, sia pur costosetta, piuttosto che pagare un miliardo circa di penali. “Si tratta di almeno 40 mila posti di lavoro in un’area a forte disoccupazione e di un’opera a basso contributo pubblico rispetto a quello privato: piuttosto che affrontare importanti spese per le penali, perché non fare il ponte?”, ha detto Salini nel suo spot di apparente saggezza.


Nessun governo, tra i quattro che si sono succeduti in questi nove anni ha mai affrontato davvero il problema. Ciò consente all’Impregilo di fare la sua audace avance con l’unico obiettivo di smuovere le acque e battere cassa. Si tratta infatti di una società quotata in Borsa che deve rendere conto ai mercati di 300 milioni messi in bilancio come entrata quasi certa. Mentre lo Stato dovrebbe fronteggiare una spesa tra i 700 e i 900 milioni, ma forse molti di più.


Renzi eredita una bomba innescata, nella sua ultima versione, dal governo Monti, e in particolare dall’allora ministro delle Infrastrutture Corrado Passera. Bisogna ricordare l’origine della storia. Nel contratto originario, che derivava dal disciplinare di gara, le penali sarebbero scattate, se la costruzione del ponte non fosse partita, solo dopo l’approvazione del progetto definitivo da parte del Cipe, organismo governativo. Ma nel 2009, mentre il governo Berlusconi cavalcava il ponte come occasione di propaganda, e il ministro delle Infrastrutture Altero Matteoli divideva equamente le sue energie tra il Mose (per il quale è oggi indagato) e l'imprescindibile completamento del corridoio europeo Helsinki-La Valletta (proprio così, non è uno scherzo), i costruttori di Eurolink ottennero un regalo favoloso.


L’allora presidente di Stretto di Messina, Giuseppe Zamberletti, con l'assenso di Ciucci, firmò un nuovo contratto che, al contrario di quello originario, stabiliva che le penali scattassero non dopo l'approvazione del Cipe, ma proprio se il Cipe non approvava il progetto.


Quel contratto, che oggi Impregilo impugna per imporre ai contribuenti l'esborso di circa un miliardo di euro, è secretato da cinque anni. Però Passera, che era l’unico membro del governo a conoscerlo, anziché indagare sulla sua misteriosa origine (dopo il caso Mose un po' di prudenza non guasterebbe), ha emesso un decreto per la messa in liquidazione della Stretto di Messina spa che di fatto determina la cancellazione di tutti gli impegni contrattuali. Una mossa apparentemente drastica che ha aperto un’autostrada per le azioni legali di Salini. Il quale adesso è andato a presentare il conto a Renzi.


Se per caso il Rottamatore, che pare ami fare tardi a palazzo Chigi chino sui dossier, si facesse portare un po’ di documenti sul ponte sullo Stretto, magari scoprirebbe qualcosa. Se invece il premier confermerà il suo mood attuale (le imprese, e i costruttori in particolare, non sbagliano mai), pagheremo caro, pagheremo tutto.