vai alla home page

Bookmark and Share

 

Autoporto: il no dei Comuni al progetto
San Didero e Bruzolo consegnano un dossier di 45 pagine.
Salute, consumo di suolo, inquinamento: l’opposizione alza il tiro

 

di Marco Giavelli da Luna Nuova del 21-01-2014 – pag. 3

 

Una delle prime contestazioni che i comuni di San Didero e Bruzolo muovono al progetto del nuovo autoporto in località Baraccone riguarda la sua estensione e, di conseguenza, il consumo di suolo che andrebbe a generare in questa fetta di    i bassa valle di Susa, in barba al Piano territo­riale di coordinamento della Pro­vincia, che dello stop alla cementificazione ha fatto un mantra, e alle ripetute dichiarazioni trionfalistiche dei sostenitori dell'opera.

 

Il governo, nel suo documento di risposta alle osservazioni della Comunità montana datato 20 aprile 2012, «affermava ottimisticamente che il consumo di suolo è di soli 50mila metri quadrati», ricordano i tecnici della commissione Tav della Comunità montana a cui i due co­muni, cosi come quello di Avigliana per lo spostamento della pista di guida di sicura, si sono affidati per la stesura delle osservazioni, racchiuse in un corposo dossier di 45 pagine. «In realtà si tratta di 225mila metri quadrati», visto che le due strutture che dovranno traslo­care da Traduerivi per fare spazio ai cantieri della Torino-Lione nella piana di Susa saranno ricollocate «in terreni incolti per una superficie totale di 175mila metri quadrati». L'autoporto stesso, sostengono i tecnici, non avrebbe un'estensione di 68mila metri quadrati, come riportato da Ltf in una lettera del 12 dicembre 2013. «Visionando gli elaborati progettuali e le superfici catastali risultanti dai dati in nostro possesso, l'area complessiva risulta di circa 100mila metri quadrati».

 

I rilievi non mancano anche dal punto di vista procedurale. Oltre a contestare la mancata convo­cazione di San Didero, Bruzolo e Avigliana alla conferenza dei servizi del 13 giugno scorso a Roma, i tecnici, tra cui gli ingegneri Roberto Vela e Armando Leoncini, evidenziano infatti che Ltf si ostina a considerare i progetti di trasferi­mento dell'autoporto e del centro di guida sicura come «"integrazioni" al progetto definitivo della nuova linea Torino-Lione, tratta internazionale, parte comune in territorio italiano, fase 1, depositato ad aprile 2013. Come già più volte denunciato, non è corretto operare in questo modo. Così facendo, infatti, si sottopone a Valutazione di impatto ambientale non un'ope­ra nel suo complesso, ma le sue singole parti. Ciò è espressamente vietato da tutte le leggi vigenti in materia, nazionali e comunitarie, e ribadito da diverse sentenze di vari organi di giudizio». Per quanto riguarda la Via, essa coin­volgerà due società private, Sitaf e Consepi. «La procedura corretta è che Ltf espropri ed indennizzi, poi Sitaf e Consepi si rivolgeranno al ministero delle infrastrutture per avere un contributo su una loro nuova opera ed il ministero, in base alla effettiva utilità pubblica, in base alle possibili alternative o ridimensionamenti della proposta e in base agli effettivi nuovi oneri rispetto a quanto tali società hanno già ricevuto in indennizzo, deci­derà se e come dare la pubblica utilità ed il contributo pubblico. I trattati italo-francesi, in base a cui opera Ltf, non hanno alcun valore in questa circostanza. Nel caso in oggetto siamo nella più completa anarchia: Ltf decide chi e come be­neficiare di un nuovo impianto e ne determina i costi. Con il possibile sospetto che i costi e la dimensione globale della nuova opera che viene regalata possano comprendere compensi occulti per altri favori, non compresi nelle leggi vigenti, e quindi illegittimi».

 

Entrando nel merito dello spo­stamento dell'autoporto, il do­cumento ricorda come l'analisi multi-criteria contenuta nel progetto definitivo Tav prevedesse due alternative (Chianocco o San Didero), contestando il fatto che la scelta sia ricaduta su San Didero sulla base di parametri apparente­mente arbitrari. Non solo. «Si noti, per paradosso, che nelle ipotesi di rilocalizzazione viene esclusa l’area di Crotte-Chianocco a causa dell'interferenza con una fascia A del Pai (quella a maggior rischio di esondazioni, ndr), ma la stessa catalogazione non vale a impedire l'insediamento dell'autoporto a San Didero. Si noti inoltre che l'area di San Didero è sì degrada­ta e ospita manufatti deperienti, ma proprio queste caratteristiche dovrebbero portare ad una sua ri­qualificazione e non ad un suo peg­gioramento, indirizzo chiesto dalle più recenti norme paesaggistiche italiane ed europee e programmato dallo stesso Comune. Nel contesto l’opera appare, quindi, in contrasto con le indicazioni contenute negli strumenti di pianificazione sovra-comunale».

 

Dal punto di vista meramente tecnico, vengono poi evidenziate diverse discordanze per quanto riguarda i terreni gravati da uso civico e il metodo di computo per le indennità dei terreni occupati, oltre a problematiche inerenti lo scarico delle acque di piazzale, la mancata quantificazione dei con­sumi di acqua in fase di cantiere e di esercizio, più una lunga lista di interferenze non individuate sia sul territorio di San Didero che su quello di Bruzolo. C'è poi il complesso capitolo salute, che tira in ballo i cantieri dell'intera Torino-Lione: «Quando si parla di "quantitativi di materiale prodotti dagli scavi e riutilizzati nell'ambito dell'opera in progetto", si indica che i materiali provenienti dagli scavi rimangono il più possibile all'interno del cantiere dell'opera. Per il progetto di rilocalizzazione dell'autoporto, i materiali da riu­tilizzare da quale area di cantiere possono arrivare? E quindi quali potrebbero essere le caratteristi­che del materiale movimentato e riutilizzato? La preoccupazione per la salute pubblica è motivata ulteriormente dalla consapevolezza tecnica che le formazioni rocciose di valle nelle quali si va a scavare presentano amianto e minerali radioattivi, in quantitativo tale da essere individuati con dif­ficoltà nei campionamenti in situ. Quantitativo, però, sufficiente a costituire grave rischio per la salute della popolazione e la componente faunistica naturale».

 

Dal punto di vista idraulico, per ovviare alle possibili esondazioni della Dora, «la rilocalizzazione dell'autoporto comporta la rea­lizzazione di un'ampia area in rilevato rialzata rispetto al livello di campagna esistente. Si tratta quindi di sottrarre alla naturale laminazione delle portate della Dora una superficie di ampie di­mensioni pari a quasi 3 ettari. Tale ipotesi progettuale è in contrasto con quanto indicato nelle norme di attuazione del Piano di assetto idro­geologico». Le preoccupazioni non mancano anche per quanto riguarda l'inquinamento atmosferico de­rivante dal nuovo autoporto: «La decelerazione e la accelerazione dei tir in arrivo o in partenza causa delle emissioni alcune volte mag­giori dell'ordinario. Si viene quindi a creare localmente un punto di alta emissione di inquinanti proprio in adiacenza alle acciaierie di San Didero. È noto che la morfologia e le condizioni microclimatiche di un fondovalle trattengono i gas al suo­lo molto più che nelle condizioni di pianura, specialmente d'inverno. Aggiungervi una nuova importante fonte di inquinanti significa esporre queste aree, e specialmente la parte a valle di queste emissioni, nella cui direzione il trascinamento degli inquinanti d'inverno è molto più compatto, a situazioni ambientali che superano strutturalmente i limiti di accettabilità di legge».

 

Rispetto alle tempistiche, al calo dei flussi di traffico merci e alla necessità di realizzare l'opera, «lo spostamento dell'autoporto da Susa è conseguenza di un progetto faraonico la cui necessità, le cui dimensioni ed il cui interesse pubblico, rispetto alla realtà dei fatti, è ancora da verificare. Ad oggi il trattato del 30 gennaio 2012 non dà neppure inizio ai lavori di scavo del tunnel e, in qualsiasi caso, sinora è già fissato che non avverrebbero prima del 2016, con una durata minima, nelle migliori condizioni, di 10 anni a venire. Pertanto, dato che i tempi previsti per queste opere sono di meno di 18 mesi, qualsiasi iniziativa odierna costituirebbe una accelerazione inopportuna in un contesto che la storia recente ha mostrato che è in continua variazio­ne. Pertanto non vi è alcun motivo di pregiudicare il futuro con scelte avventate».