Vattimo e il cantiere: “Nessuno ha chiesto il parere dei cittadini”
da La Stampa del 06-09-2013 – Cronaca di Torino pag.49
Caro Direttore, come ormai antico collaboratore de La Stampa mi sembra giusto chiedere proprio al nostro giornale, che è anche quello di gran lunga più letto nella nostra regione, ospitalità per chiarire in modo riassuntivo le notizie che mi hanno coinvolto negli ultimi giorni riguardo ai miei rapporti con il movimento No Tav. Sento l'esigenza di un tale chiarimento anche perché, proprio il giorno prima che io mi recassi in Procura convocato come «persona informata sui fatti», il procuratore della Repubblica Caselli ha tenuto una importante conferenza stampa che credo riguardasse anche me. Sono infatti uno di quegli uomini di cultura, politici, intellettuali, che, a parere del Procuratore, non prendono abbastanza sul serio il pericolo della violenza in Val di Susa, e che addirittura, pur deplorando gli eventuali reati, considerano motivata la protesta dei No Tav e quindi, implicitamente, rischiano di giustificarli. Con tutto il rispetto non solo formale per la magistratura, io ritengo che sia esagerato e controproducente trattare le proteste della Val di Susa come pericolose avvisaglie di terrorismo.
Se un rischio di questo genere esiste, non solo in Val di Susa ma in tutta Italia, esso è molto più verosimilmente motivato dalle crescenti difficoltà economiche, dalla dilagante disoccupazione, dalla riduzione dei servizi sociali a cominciare dalla scuola.
Si obietta giustamente che l'opposizione al Tav raccoglie spesso l'adesione attiva di persone, soprattutto giovani, che vengono da fuori, anche dall'estero, i quali dunque non possono considerarsi cittadini della Valle intenzionati a difendere il proprio territorio, ma una sorta di clerici vagantes della protesta sociale, sempre pronti a trasformarsi in black bloc desiderosi solo di menar le mani e creare disordine. Se qualcosa di questo genere c'è in Valle, è probabilmente spiegabile con il fatto che il Tav, come il Muos a Niscemi, il problema del cosiddetto terzo valico tra Piemonte e Liguria, e altre situazioni di tensione locali, è un punto di coagulo di molteplici insofferenze le quali, mancando ogni voce politica che le interpreti (grave responsabilità dei partiti cosiddetti di sinistra!), si condensano intorno a quel punto critico.
“Situazione estrema” Troppi esclusi Chiunque abbia seguito la vicenda, a cominciare dalla istituzione del cosiddetto Osservatorio affidato all'architetto Virano, sa che fin dall'inizio (presidenza Bresso in Regione) ne sono stati esclusi tutti i sindaci o esponenti locali che non accettavano preliminarmente la necessità del nuovo treno. Hanno parlato nell'Osservatorio sempre soltanto coloro che erano preliminarmente favorevoli all'impresa (direi, anzi, alle imprese!), che hanno discusso a lungo su percorsi, modi di attuazione ecc. Mai sono state prese in considerazione le opinioni contrarie, documentate da importanti studi di docenti, esperti, politecnici e università di varie parti d'Italia.
Io stesso non ero pregiudizialmente anti-Tav, credo persino di aver votato una volta in Europa (legislatura 1999-2004) a favore del «corridoio 5, Lisbona - Kiev». Mi sono convinto delle buone ragioni dei No Tav leggendo - non sugli organi della grande informazione - i testi e documenti che nessuno dei partigiani del treno ha mai preso in considerazione. Mi si accusava di essere contrario per motivi ideologici, mentre le sole risposte che ho letto da parte di vari Fassino, Bresso, ecc. erano che non ci si poteva opporre al progresso. Nessuna considerazione sui costi (crescenti) e benefici (sempre più evanescenti). Nessuna riflessione sul fatto che del corridoio 5 nessuno parla più, dal Portogallo all'Ucraina; solo noi italiani militarizziamo (a costi astronomici) un'intera Valle alpina per portare a termine l'inutile, devastante impresa. Nessuna attenzione ai dubbi crescenti della Francia, che ultimamente ha dichiarato che per le linee ad alta velocità non si faranno più lavori fino al 2030. Lo Stato e la Valle La reazione dello Stato alla protesta dei Valsusini è stata finora solo diretta ad aumentare i controlli, ad erigere nuovi reticolati di difesa, a criminalizzare con l'aiuto dei mass media tutti quei cittadini che vogliono farsi sentire. Ripeto: l'inizio della violenza è stata la decisione sciagurata di chiudere l'Osservatorio a ogni voce critica, anche in violazione del dovere di consultazione dei cittadini che era previsto dagli accordi europei. Se oggi c'è un rimedio possibile per evitare che la violenza aumenti, esso sta nel rimediare a quel proton pseudos, a quella prima bugia, ridando la voce a quei cittadini che sono stati finora tacitati anche con la complicità di quei partiti, anzi di quel partito che avrebbe dovuto rappresentarli e che non a caso, in Val Susa ancor più che nel resto d'Italia, rischia anche per questo una progressiva dissoluzione.
Grazie della ospitalità. Gianni Vattimo |