Dell’Utri mediatore con Cosa nostra. Berlusconi pagò la mafia
da Narcomafie del 06-09-2013
Mediatore contrattuale” tra Cosa nostra e Silvio Berlusconi, questo il ruolo di Marcello Dell’Utri secondo i giudici della terza sezione penale della Corte di appello di Palermo che hanno depositato le motivazioni della sentenza con cui l’ex senatore del Pdl è stato condannato il 25 marzo scorso a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Dell’Utri, secondo i giudici, ”non si è mai sottratto al ruolo di intermediario tra gli interessi dei protagonisti”, e “ha mantenuto sempre vivi i rapporti con i mafiosi di riferimento”.
La condotta illecita del senatore è ”andata avanti nell’arco di un ventennio”, con una serie di comportamenti ”tutt’altro che episodici, oltre che estremamente gravi e profondamente lesivi di interessi di rilevanza costituzionale”. L’imputato, dicono i giudici nelle motivazioni della sentenza, ”ha ritenuto di agire in sinergia con l’associazione”.
L’incontro avvenuto a maggio 1974, cui erano presenti Gaetano Cinà, Dell’Utri, Stefano Bontade, Mimmo Teresi e Berlusconi, ha ”siglato il patto di protezione di Berlusconi” si legge nella sentenza. ”L’incontro – è scritto – ha costituito la genesi del rapporto che ha legato l’imprenditore e la mafia con la mediazione di Dell’Utri”.
”In virtù di tale patto – proseguono – i contraenti (Cosa nostra da una parte e Silvio Berlusconi dall’altra) e il mediatore contrattuale (Marcello Dell’Utri), hanno conseguito un risultato concreto e tangibile costituito dalla garanzia della protezione personale all’imprenditore tramite l’esborso di somme di denaro che quest’ultimo ha versato a Cosa nostra tramite Dell’Utri, che mediando i termini dell’accordo, ha consentito che l’associazione mafiosa rafforzasse e consolidasse il proprio potere”.
L’incontro dunque ”segna l’inizio del patto che legherà Berlusconi, Dell’Utri e Cosa nostra fino al 1992 – aggiungono i giudici nelle 477 pagine della sentenza – E’ da questo incontro che l’imprenditore milanese, abbandonando qualsiasi proposito (da cui non è parso ma sfiorato) di farsi proteggere da rimedi istituzionali, è rientrato sotto l’ombrello di protezione mafiosa assumendo Vittorio Mangano ad Arcore e non sottraendosi ma all’obbligo di versare ingenti somme di denaro alla mafia, quale corrispettivo della protezione”.
I magistrati che emisero il verdetto e che avevano fissato in 90 giorni il termine di deposito della motivazione avevano chiesto e ottenuto dal presidente della corte d’appello Vincenzo Oliveri una proroga di altri tre mesi per la particolare complessità del processo. Marcello Dell’Utri è stato condannato in primo grado a 9 anni di carcere e 7 in secondo grado. La Cassazione, poi, annullò con rinvio il verdetto: decisione che portò al secondo processo d’appello. |