IL RECINTOBrani di Manuel Scorza dal romanzo “Rulli di tamburo per Rancas” Capitolo 6: Sull’ora e sul luogo dove fu partorito il recinto I vicini di Ondores, di Junìn, di Huayllay, di Villa de Pasco, si conoscono tutti. Ma quegli ingiacchettati di cuoio nero, nessuno li aveva mai visti. Scaricarono balle di filo di ferro. Finirono all'una, mangiarono e cominciarono a scavare buche. Ogni dieci metri piantavano un palo.
Quando tornarono, il Recinto aveva già serpeggiato per sette chilometri. Capitolo 8: Dei misteriosi operai e delle loro ancor più misteriose occupazioni"In quel crepuscolo, in quell'ipocrita crepuscolo, le parole non si contano. Per la prima volta, il Recinto sbarrò il ritorno dei mandriani. Per entrare a Rancas le greggi dovettero allungare la strada di una buona lega. Rancas cominciò a mormorare. A cosa aspirava il Recinto? Che disegno nascondeva? Chi ordinava quella separazione? Chi era il padrone di quel filo di ferro? Da dove veniva? Un'ombra che non era il tramonto incupì le facce tribolate. La pampa appartiene ai viandanti. Nella pampa non si sono mai visti recinti. Quella sera, continuarono a parlare fino a seccarsi la gola. Tu non dicevi nulla. Tu, don Alfonso, avevi già maturato il tuo piano: chiedere una spiegazione alle squadre. E così fu: ti sei alzato di buon'ora e ti sei messo il vestito nero. Per raggiungere la testa del Recinto ti sei dovuto percorrere quindici chilometri. Cappello in mano, ti sei fatto avanti. Uomini armati di fucile ti hanno fermato."
Da tali proibizioni nacque il sospetto che gli operai stavano compiendo una condanna.
Capitolo 10: Intorno al luogo e all’ora in cui il verme di fil di ferro apparve a Yanacancha
In uno dei muri del cimitero, un giovedì, la notte partorì il Recinto.
Ma don Marcelino non era in vena di ascoltare notizie. |