E Plano chiede un incontro all'Unione europea
Comunità montana, lettera a Kallas: «Ora la To-Lione non è prioritaria»
di Marco Giavelli da Luna Nuova del 13/9/11 –
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La Comunità montana ha chiesto ufficialmente al
vicepresidente della Commissione europea Siim Kallas di incontrare una delegazione
di amministratori No Tav «per illustrare le ragioni della nostra opposizione
e fornire una descrizione sul reale stato di avanzamento del progetto».
Sandro Plano gioca dunque la carta di un'audizione in Europa per provare a
smuovere le acque sul fronte istituzionale, dove a tutti i livelli la questione
Tav continua ad essere affrontata come un mero problema di ordine pubblico, tralasciando
invece i molti aspetti tecnici e di merito tuttora aperti.
Non è probabilmente un
caso che nella sua lettera datata 9 settembre e inviata anche ai coordinatori
dei progetti prioritari Ten-T Laurens Jan Brinkhorst e Désirée Oen, il
presidente No Tav parta proprio dal contesto che a suo giudizio rende
secondario un nuovo collegamento tra Italia e Francia. E il suo, va detto, è
anche il parere di un ingegnere che da anni lavora nel mondo delle grandi
infrastrutture, e che pertanto ha quotidianamente a che fare con i numeri
legati al traffico delle merci. Plano ricorda che «più del 50 per cento dei
transiti stradali tra Italia e Francia sono interregionali, ossia relativi a
viaggi entro i 500 km. Su queste distanze la ferrovia non riesce a essere
competitiva in quanto implica due trasbordi all'inizio e alla fine. Ciò significa
che c'è un limite piuttosto consistente all'entità del riparto realizzabile
(oltre a quanto già detto sui costi del trasporto ferroviario usando una linea
speciale e quindi con materiale rotabile speciale)».
Il presidente delle
valli di Susa e Sangone sottolinea inoltre che le attività logistiche sono
attività derivate e di servizio, mentre in un contesto globalizzato le attività
effettivamente produttive di beni di largo consumo che viaggiano su rotaia
tendono a migrare verso i paesi dove la manodopera costa poco, dall'est europeo
fino alla Cina. Partendo da queste premesse, Plano fa dunque notare che le
attività logistiche «non possono essere l'ossatura di un sistema economico
e non sostituiscono l'industrializzazione che si va perdendo». E indica come
auspicabile via d'uscita «i valori aggiunti di qualità, contenuto
tecnologico e innovazione che non si realizzano in piattaforme movimento merci».
In più «i paesi
dell'est in potenziale crescita più veloce - prosegue la lettera a Kallas -
corrispondono a mercati non ancora saturi che possono produrre beni a basso
costo e assorbire beni di consumo; la provenienza di tali beni e in parte anche
la loro destinazione è ancora più a est, in Asia, oppure più a sud, in Africa».
Per tutte queste ragioni Plano ritiene secondario, in questo contesto, un
nuovo collegamento ferroviario veloce tra Italia e Francia: «Forse per il
XXI secolo le vie che contano sono quelle su cui viaggia l'informazione e se i
percorsi non sono almeno di un migliaio di chilometri (e se il quantitativo di
mercé non è ingente), nemmeno la migliore delle ferrovie riesce ad essere
competitiva con la strada. Inoltre l'autostrada e la linea ferroviaria
esistenti sembrano al momento soffrire di un sottoutilizzo piuttosto che di una
prossima saturazione».
Fin qui la parte
tecnica. Dal punto di vista politico, Plano ribadisce invece il teorema che va
ripetendo da quando è presidente della Comunità montana. E cioè che «nel
2005, 24 comuni erano contrari alla nuova linea, l'avvio dei lavori del tunnel
geognostico di Venaus era avvenuto alla presenza di circa mille agenti delle
forze dell'ordine e le manifestazioni di piazza radunavano oltre 40mila persone».
Una situazione di ordine pubblico che nonostante il lavoro dell'Osservatorio si
è ripresentata tale e quale nel 2010, all’avvio dei sondaggi, e dalla fine di
giugno, quando lo sgombero della Maddalena e la posa delle recinzioni ha di
nuovo incontrato una fortissima opposizione culminata in incidenti, feriti da
entrambe le parti «e una sorta di militarizzazione dell'area».
Il presidente No Tav
se la prende anche con stampa e televisioni, mettendo nero su bianco come «le
informazioni relative all'effettivo avvio dei lavori non siano del tutto
rispondenti alla realtà. Ci permettiamo quindi di evidenziare una concreta
situazione di rischio sociale e ambientale e, oltre a questo, i nostri legali
ritengono irregolari le procedure di autorizzazione e di avvio del cantiere».
Ma Plano rimarca anche un altro evidente aspetto delle proteste in valle di
Susa: «La convinzione che quest'opera non sia necessaria è rafforzata nella
popolazione locale dal difficilissimo momento economico e sociale che l'Europa
e l'Italia stanno attraversando, con il governo costretto a ridurre
finanziamenti sulle scuole, sulla sanità, sugli interventi di difesa del suolo.
Questa gravissima crisi accentua lo scontro sociale e popolare già forte nel
nostro territorio».