Bookmark and Share

 

Progetto ANSEMA, la pigiatura dietro il filo spinato
Tour tra i check-point verso la Maddalena per i 16 vigneron della vinificazione comunitaria

 

di Claudio Rovere da Luna Nuova del 4/10/11 – pag. 2

 

Chiomonte - Quando la Comunità montana bassa valle aveva pensato di mettere insieme i piccoli viticoltori per dare corpo ad un vino che rappresentasse il territorio, for­nendo supporto tecnico e logisti­co ad un hobby che rischiava di scomparire, cer­to non si imma­ginava di met­terli di fronte ad un'esperienza, che per molti, quest'anno si è rivelata traumatica. L'ente, che nel frattempo ha inglobato anche l'alta valle e la val Sangpne, ha infatti in­dividuato, pe­raltro in tempi non sospetti, la cascina Mad­dalena come luogo ideale per la raccolta del prodotto e la vinificazione delle uve di quello conosciuto come il progetto "Ansema".

 

La cascina Maddalena però da qualche mese non è un luogo comu­ne della valle di Susa. Qui, dalla primavera della "Libera Repubblica della Maddalena" all'estate dello sgombero del 27 giugno e delle scaramucce di fronte alle recinzioni del futuro cantiere della Torino-Lione, si sta giocando la partita più importante, quella decisiva, dell'alta velocità. E la cascina, con il suo museo archeologico chiuso a tempo indeterminato, la nuovissi­ma cantina gestita dai giovani della cooperativa Clarea e le numerose vigne simbolo di Chiomonte, è stata inglobata nella zona rossa off-limits per chiunque non indossi una divisa o una tuta da cantiere. Una porzione di territorio di fatto militarizzata anche se non ancora riconosciuta per il momento come "sito di interesse strategico".

 

E un luogo subito ribattezzato dai No Tav "il fortino", dove chi lavora le vigne deve sempre farsi riconoscere attraverso l'esibizione della carta d'identità. Un piccolo gesto se vogliamo, che salvo in alcuni casi costa pochi minuti d'attesa al check-point, ma che mette a disagio, umilia, ti fa sentire straniero a casa tua. Soprattutto se, come per i vigneron che aderiscono ad "Ansema", occorre procedere oltre le vigne, fino alla cascina Madda­lena, e quindi i pesanti cancelli in acciaio da varcare diventano due, quello della centrale idroelettrica e quello posto poche decine di metri prima dell'ampio piazzale della Maddalena.

 

Nella scorsa settimana tutti e 16 i conferitori del progetto "Ansema" di quest'anno hanno dovuto sotto­porsi a queste forche caudine sotto cui fino a pochi mesi fa non avrebbero mai immaginato di dover transita­re. Ci siamo aggregati anche noi, aiutando nella vendemmia un pic­colo produttore borgonese, Giorgio Rossetto Giaccherino, e poi accompagnandolo sul suo furgoncino fino al luogo del conferimento, nel cuore del "fortino".

 

Ci presentiamo al check-point della centrale nel primo pome­riggio di sabato con una decina di cassette di grappoli della Roceja; il nostro piccolo contributo ad "An­sema'", a cui Rossetto conferisce quest'anno per la prima volta, sarà alla fine, secondo la bilancia della cooperativa Clarea, di 242 chili. Il doppio cancello è aperto, il clima tra i pochi finanzie­ri e carabinieri di turno è rilassato, qualcuno addirittura si gode il sole d'ottobre risolvendo cruciverba, ma il controllo è d'obbligo. «Docu­mento d'identità per favore». Esi­biamo le carte d'identità, secondo la procedura, ma chi come noi non ha mai avuto esperienza di check point non sa che non c’è mai nulla di scontato. I carabinieri infatti spul­ciano a lungo la lista degli "aventi diritto", ma dei nostri nomi non c’è traccia. Eppure li abbiamo forniti alla Comunità montana almeno 15 giorni prima. Giorgio Rossetto è un uomo che non perde mai il suo aplomb ed inizia la trattativa, tele­fonando anche ad Andrea Turio, l'amministratore della coop Clarea che deve venirci ad aprire la cantina e che può garantire per noi. Alle fine le nostre facce ed il nostro carico rassicurano gli uomini di turno, che si dimostrano concilianti.

 

Finalmente passiamo il primo ostacolo e percorriamo l'assolata via dell'Avana, dove rimangono pochi grappoli in vista; qui la strana vendemmia di quest'anno, a parte casi isolati, è già termi­nata. Non incontriamo uniformi fino a poco dopo il tornante della Maddalena, dove è posizionato il secondo cancello e dove inizia il vero "fortino". A montare la guar­dia qui oggi ci sono gli alpini del "Susa", tre ragazzi molto giovani con il loro Lince. Solita trafila: carta d'identità, controllo dei nomi sulla lista e... l'amara sorpresa di non trovarli neppure qui. Non abbiamo berrettoni gilgit e barbe lunghe, e neppure nascondiamo Ak47 tra i grappoli della Roceja, ma le facce degli alpini diventano subito più sospettose e l'impressione è che di qui non passeremo mai. La lista è vita, ma a volte anche vita grama.

 

Per fortuna poco dopo di noi arri­va il furgone verde di Andrea Turio, che quando gli comunichiamo il problema alza gli occhi al cielo con l'espressione di chi come lui ne ha già viste tante in questi tre mesi. «E 'già successo ieri, quelli di "Ansema " non sono nella lista e nel caos che si è formato ad un certo punto è stato penalizzato anche il mio collega Ronsìl, che ha molti vendemmiatori suoi parenti con nomi francesi ed ha così dovuto aspettare parecchio». Una sua telefonata al funzionario Digos di turno però risolve tutto in 30 secondi.

 

Le porte della città proibita si aprono anche per noi. Ci abbiamo impiegato 12 minuti. Avanzia­mo lenti verso la Maddalena, fra new-jersey, alte reti e tanto filo spinato, giù in basso verso la val Clarea quello che i No Tav hanno ribattezzato il "non cantiere" e ad un'occhiata fugace, con ruspe immote e nessun segno di vita se non in uniforme, non ci sentiamo di dare loro torto. Sul piazzale della Maddalena alcuni mezzi della polizia e uno degli alpini, un mezzo corazzato Puma, appoggiata al muro della cantina l'ormai famosa catapulta artigianale in legno ritro­vata nei boschi adiacenti un paio di settimane fa.

 

Scarichiamo la cassette ed in pochi minuti l'uva, diventata mo­sto nella pigia-diraspatrice, va a riposare nel grande contenitore di acciaio inox di "Ansema". La prova della gradazione zuccherina è confortante, oscillando fra 18 e 19, che corrisponde a 12 gradi di alcool. «Non siamo sui livelli dell'annoscorso, ma ci siamo awicinati molto - spiega Andrea Turio, che ha testato, già in vigna, tutte le uve di "Ansema" - anche come quantità dovremmo stare intorno ai 100 quintali, come il 2010». Alla fine saranno quindi, unità più unità meno, 7mila i litri di vino "Ansema": un po' meno della metà sarà destinato ad essere imbottigliato, il resto sarà smerciato sfuso. Gli alpini rimangono in disparte, ma il clima, con tutto quel filo spinato intorno, visibile anche dai vetri della cantina, non è certo dei più tranquillizzanti. Soltanto uno dei militari si affaccia alla porta della Clarea, ma è per acquistare quattro bottiglie di vino. Registrati i dati del conferimento è già ora di andare. In 40 minuti abbiamo concluso le ope­razioni. La discesa è più tranquilla. Gli alpini ed i carabinieri ci saluta­no con un cenno della mano. Ma sui terrazzamenti sopra il cancello della centrale Mario Marcellino, il coltivatore di lavanda, sta espian­tando molte delle sue piantine. Ci guarda sconsolato: «Non vale più la pena tenerle qui».