Tangenti per la Milano-Serravalle, indagato manager di Banca Intesa
L'ipotesi di
reato è corruzione in concorso. Secondo l'imprenditore Di Caterina il
responsabile della banca partecipò ad una cena in cui si parlò un
"sovrapprezzo" per l'acquisto delle quote della società autostradale
da Il Fatto Quotidiano
del 30/8/11
Si
allunga l’elenco delle persone indagate nell’inchiesta della Procura di Monza
sulle tangenti per i lavori di riqualificazione dell’ex area Falck di Sesto San
Giovanni. Il nuovo nome è quello di Maurizio
Pagani, responsabile del settore infrastrutture e finanza di
Banca Intesa. L’ipotesi di reato, per lui, è di concorso in corruzione. In
particolare, il manager e’ coinvolto nel filone d’indagine che riguarda la
vendita delle quote della Milano Serravalle, la società autostradale di cui nel
2005 la Provincia di Milano acquistò il 15% delle quote dal Gruppo Gavio,
raggiungendo così la maggioranza assoluta delle azioni.
A tirare in
ballo Pagani è stato l’imprenditore Piero Di Caterina, che, nel corso
dell’interrogatorio di ieri davanti al Gip Anna Magelli, ha parlato di una
riunione cui Pagani avrebbe preso parte e nel corso della quale si discusse anche
di un “sovrapprezzo” da pagare a favore di Filippo Penati e Giordano
Vimercati. Di Caterina fa riferimento esplicito ad una
“tangente pagata per la vendita della Milano-Serravalle” e a “trattative” per
il suo acquisto “da parte della Provincia di Milano”. I colloqui, secondo
l’imprenditore sestese, si svolsero presso lo studio di un commercialista
milanese e vi presero parte Giordano Vimercati, l’ex braccio destro di Filippo
Penati, che all’epoca guidava la Provincia, Bruno Binasco, manager del Gruppo Gavio e, appunto,
Pagani. In quegli incontri, sempre stando al verbale di Di Caterina, “si è
anche parlato di un ‘sovrapprezzo’ da pagare a favore di Penati e Vimercati”.
In sostanza, scrivono i pm, ci fu un tentativo di “costruire un’operazione
finanziaria per l’acquisto a prezzi fuori mercato” della Milano-Serravalle
da parte della Provincia di Milano.
Già da metà
agosto, intanto, i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria Guardia di
finanza di Milano, su ordine dei sostituti procuratori Walter Mapelli e Franca
Macchia, avevano perquisito sia l’ufficio che l’abitazione del manager di Banca
Intesa. E nelle carte dell’inchiesta il ruolo dell’istituto di credito
emergerebbe anche in relazione alla tangente da 4 miliardi di lire che secondo
l’accusa l’imprenditore Giuseppe
Pasini pagò a Penati per entrare nell’affare dell’area Falck.
Il gip, infatti, scrive che proprio i funzionari della banca avrebbero
individuato “le modalità di trasferimento” in Lussemburgo della “provvista”.
Intanto
Filippo Penati, sul suo sito internet, ha scritto una lettera indirizzata al
segretario provinciale del Pd Roberto
Cornelli (che proprio stasera presiederà una riunione del
partito), nella quale si legge: “Sono completamente estraneo ai fatti che mi
vengono contestati. L’ho già ripetuto tante volte ma anche oggi voglio
ripartire da qui. Non ho avuto in passato, e non ho oggi, conti all’estero o
tesori nascosti. Non ho preso denaro da imprenditori e non sono mai stato il
tramite dei finanziamenti illegali ai partiti a cui sono stato iscritto.”
Nella lettera l’ex capo della segreteria politica di Bersani manifesta anche la
sua volontà di non avvalersi della prescrizione dell’accusa a sua carico,
quella di corruzione.