Nato nel 1912 ha portato a termine importanti lavori nel Nord Italia, come l'Alta Velocità tra Milano e Bologna e il passante di Mestre. Più volte finito al centro di bufere giudiziarie. Non per ultimo il Civis di Bologna.
di Antonella Beccaria e
Nicola Lillo da Il Fatto Quotidiano del
30/8/11
Sarà interrogato a
breve il vicepresidente del Consorzio Cooperative Costruzioni di Bologna, Omer
Degli Esposti. I pm Walter
Mapelli e Franca Macchia
lo aspettano infatti in procura a Monza dove il manager d’origine modenese deve
rispondere del reato di concussione nell’inchiesta su un presunto giro di
tangenti per la riqualificazione delle aree ex Flack e Marelli a Sesto San
Giovanni. Nella storia del Ccc, però, non si tratta della prima indagine a cui
il consorzio viene sottoposto.
Dal Civis e dal People Mover si deve procedere a ritroso
verso la Stalingrado d’Italia. Il Consorzio
cooperative costruzioni è un colosso che gestisce più di un miliardo in appalti
e che ha partecipazioni in molti settori. Le cooperative
che aderiscono al Ccc sono 230
mentre 20 mila gli occupati
nelle varie attività. Un colosso nato nel 1912 che si è aggiudicato lavori importanti,
come l’alta velocità Milano-Bologna, il passante di Mestre o l’aeroporto
Leonardo da Vinci di Roma.
Un ritmo di opere e appalti in cui ci sarebbero anche gli inciampi
che hanno fatto drizzare negli ultimi mesi le orecchie alla magistratura. Sul
fronte bolognese, c’è quello occorso al presidente del Ccc, Piero
Collina, indagato la primavera scorsa nell’ambito dell’affare
Civis, il tram su gomma a guida ottica da 140 milioni
di euro mai realizzato e che ha chiamato in causa anche l’ex sindaco Giorgio
Guazzaloca (a palazzo D’Accursio dal 1999 al 2004),
accusato di corruzione.
Il secondo inciampo, invece, è il People
Mover, una navetta su monorotaia che dovrebbe coprire
il percorso stazione centrale-aeroporto impiegando 7 minuti e mezzo. Per questo
progetto Ccc si è aggiudicata la realizzazione
e una concessione di 35 anni,
entrambe in carico a una società costituita ad hoc, la Marconi
Express. Ma anche in questo caso la magistratura ha
voluto vederci più a fondo e indagini della Corte dei Conti e della procura
stanno infatti cercando di chiarire aspetti legati alla suddivisione degli
importi dell’intervento (90 milioni di euro), oltre a ritardi e a modalità di
gestione della gara d’appalto.
E poi un mese fa, a fine luglio 2011, lo scenario di sposta a
Sesto San Giovanni, la Stalingrado d’Italia. Dalla procura di Monza il
vicepresidente Degli Esposti è stato iscritto sul registro degli indagati
perché – ipotizzano i magistrati – avrebbe fatto pagare una tangente da 2,4
milioni di euro al costruttore Giuseppe Pasini sotto
forma di consulenze a due professionisti vicini alle coop rosse. Inoltre in
questi giorni sono nate altre grane per il colosso delle cooperative.
Secondo i magistrati lombardi, Filippo
Penati, ex sindaco di Sesto e vicepresidente dimissionario
del Consiglio regionale lombardo (è stato anche presidente della Provincia di
Milano), avrebbe imposto sempre a Pasini, proprietario dell’area Falck dal 2000
al 2005, la partecipazione delle cooperative emiliane al grande affare
immobiliare e di versare una tangente di 20 miliardi di
vecchie lire. Condizioni necessarie per poi garantire l’approvazione di un
progetto di riqualificazione remunerativo. Cosa che però poi non avvenne.
Gli affari del dopo terremoto del 1980 e l’ombra della
camorra. Ma guai giudiziari per il Consorzio
cooperative costruzioni erano già sorti anni addietro. Stavolta la location
cambia, ci si deve trasferire al sud, in Campania. E l’affare si lega alle
opere per la ricostruzione del dopo terremoto che il 23
novembre 1980 rase al suolo anche la Basilicata. I
processi, finiti per lo più con assoluzioni
per la mancanza di prove che dimostrassero nello specifico connivenze con la
criminalità organizzata locale, avevano però ricostruito un “sistema” (come
viene definito sia negli atti giudiziari che in sede di commissione antimafia)
legato a un circolo poco virtuoso del calcestruzzo.
Secondo le ipotesi della procura di Napoli e di
Nola, si sarebbe giocato su una diversa lavorazione
dei derivati del cemento (da scarico libero a pompato, procedura più cara) che
avrebbe fatto innalzare il costo degli interventi. E non di poco, in base ai
punti da cui avevano preso le mosse i magistrati campani. Per esempio, per
realizzare una variante lungo la Statale 268
del Vesuvio si era passati dagli
iniziali 48 a 300 miliardi di lire mentre per la sistemazione
del Canale Conte di Sarno l’oscillazione era
stata da 15 a 501 miliardi.
I carabinieri del Ros di Napoli avevano seguito tracce
informatiche e trasmissioni via fax del Consorzio cooperative costruzioni di
Bologna e della Conscoop di Forlì
perché – come dichiarò in sede d’udienza l’ufficiale dell’Arma Giuseppe
De Donno – si voleva accertare se fatturassero “la
fornitura del calcestruzzo in quantità maggiori rispetto a quelle impiegate o
fatturavano una tipologia di lavoro piuttosto che un’altra” e se esistesse
una documentazione contabile parallela non trasmessa alla magistratura.
Inoltre, come fece notare anche Luciano
Violante in commissione antimafia, c’era il sospetto che
tra i subappaltatori ci fossero aziende e personaggi legati alla camorra.
Emerse, sia durante le indagini che nei processi, il nome della Agrobeton,
riconducibile a Carmine Alfieri,
e fu giudicato anomalo il modo con cui interventi come quelli sopra citati
andarono alle cooperative emiliane, che avrebbero ai tempi beneficiato di un
intervento diretto da parte del commissario straordinario del governo (il
presidente della Regione), che godeva di poteri specifici nella gestione dei
lavori pubblici.
Le assoluzioni: non vennero dimostrati l’associazione
mafiosa e il concorso esterno. Quando le indagini
si chiudono, per alcune ipotesi di reato (come la turbativa
d’asta) è giunto il tempo delle prescrizioni e, per
quanto rimane perseguibile, i diversi tronconi investigativi si trasformano in
abbreviati e in riti normali. Gli emiliani vengono assolti per non
aver commesso il fatto, sentenza che viene festeggiata da
giornali come “Cooperazione italiana”
nei termini di una vittoria. In sede di giudizio, infatti, non verranno dimostrati
l’associazione di stampo mafioso e nemmeno il concorso esterno degli
imprenditori o dei dirigenti inquisiti.
Filippo Beatrice, sostituto
procuratore della Dda di Napoli, commenterà: “Le indagini hanno preso le
mosse dalle dichiarazioni collaborative dei capi della camorra della provincia,
in particolare di Carmine Alfieri, [...] arrestato nel settembre del 1992, e di
Pasquale Galasso,
suo luogotenente ma anche vero e proprio capo riconosciuto [...]. Erano state
comunque individuate alcune irregolarità perché le procedure relative agli
appalti non erano state pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale ma soltanto in
quella della Comunità europea […]. L’attività investigativa da noi svolta si è
[tuttavia] incentrata più sull’aspetto camorristico che non su quello
amministrativo”. Dunque niente associazione e concorso
esterno, esclusi con una prima sentenza del 21
marzo 2002, confermata in secondo grado il 28
giugno 2004 e poi diventata definitiva.
Le indagini dei pm di Monza Walter Mapelli e Franco Macchia: la partecipazione delle cooperative sarebbe stato "snodo fondamentale" per l'esito e per il "loro rapporto organico con i vertici nazionali" del partito
di Sandro De Riccardis
e Walter Galbiati da Repubblica del
29/8/11
http://www.repubblica.it/politica/2011/08/29/news/penati_coop-20987505/?ref=DRM-19897011-3
MILANO -
Le cooperative dovevano "necessariamente" entrare nell'affare
dell'area Falck di Sesto San Giovanni. Per i pm di Monza Walter Mapelli e
Franca Macchia, che indagano sul sistema di presunte tangenti e che hanno
chiesto l'arresto dell'ex presidente della Provincia di Milano Filippo Penati e
del suo braccio destro Giordano Vimercati, la presenza del Consorzio
cooperative costruttori di Bologna era la condizione per "compiacere la
controparte politica nazionale". Proprio indagando sul ruolo del
consorzio, la procura intende chiarire i legami tra gli affari e i casi di
presunte corruzioni a Sesto e il partito nazionale.
Secondo i pm, l'imprenditore Giuseppe Pasini, uno dei grandi accusatori
di Penati, accetta le coop perché le riconosce come "snodo fondamentale
per il buon esito dell'affare" e per il "loro rapporto organico
con i vertici nazionali del Pds".
"Stupisce - scrivono i pm - come a fronte delle
inadempienze del socio emiliano (la Ccc non pagherà la quota per rilevare i
terreni), Pasini riconosca loro il diritto a entrare in ogni caso
nell'affare senza chiedere corrispettivi né pretendere indennizzi, ma anzi
pagando mediazioni inesistenti", fino a 3,5 milioni di euro ai due
professionisti Francesco Agnello e Giampaolo Salami, che stando all'inchiesta,
ricevettero quattro pagamenti da 620mila euro senza realizzare nulla.
Dazioni che sarebbero "destinate a regolare i conti, a
spese di Pasini e non di tasca loro, con la politica a livello centrale".
Il costruttore è chiaro con i pm: "Non potevo contraddire le coop se
non rischiando di affossare tutta l'operazione, perché sono il braccio armato
del partito". L'area Falck fu acquistata nel 2000. L'input di
coinvolgere i bolognesi sarebbe arrivato direttamente dall'allora sindaco
Penati e da Vimercati. Lo racconta ai pm Luca Pasini, figlio del costruttore.
"Durante la trattativa conobbi Degli Esposti e un certo Salami come
rappresentanti delle coop: ci venne detto, mi pare da Vimercati, che avrebbero
garantito la parte romana del partito".
Lo scenario, secondo un altro teste, l'ex genero di Pasini Diego
Cotti, era molto più grossa. "Penati insistette affinché la
riconversione dell'area Falck fosse appannaggio di un imprenditore locale, per
dare un segnale di potenza sia ai vertici romani del partito sia alla famiglia
Falck, interessata all'acquisto di Adr e perciò bisognosa del placet della
direzione centrale del Pd".
Anche per queste rivelazioni, la procura ha configurato per Penati
e Vimercati l'ipotesi di reato di concussione, non accolta dal gip che ha
derubricato in corruzione. I pm hanno presentato ricorso. "L'inferiorità
di Pasini è accentuata dalle dimensioni dell'operazione, tale da superare
l'ambito locale e da imporre l'esigenza di rapportarsi, tramite le cooperative
e Agnello, a livello centrale del partito".
Relazioni di "straordinaria attualità - per i pm - perché
a dieci anni di distanza Vimercati e Degli Esposti sono ancora coinvolti
nell'operazione non più come compagni di avventura di Pasini, ma dei nuovi
azionisti". Nell'argomentare le esigenze cautelare i pm parlano di
"oltre un quindicennio di gestione a profitto privato dell'attività
edilizia di Sesto", peculiare "sia per il numero di persone coinvolte
in sede locale, con "proiezione" in sede nazionale, sia per la
molteplicità degli addebiti".
Proprio a livello nazionale, arrivarono fino a Roma i rumors
sull'inchiesta. Il 29 aprile la segretaria di Vimercati, intercettata, confida
al telefono: "Ieri sera è venuto Vimercati, chiaramente la cosa si è
ripercossa a Roma.. cioè.. è un casino.. hanno tutti i telefoni sotto
controllo..". È Vimercati a preoccuparsi dei riflessi romani
dell'inchiesta perché "è lui al fianco di Omer Degli Esposti -
scrivono i pm - nella gestione dell'operazione e il riferimento alle
preoccupazioni romane dà spessore alla tesi del "doppio binario" di
finanziamento per le Falck: un primo flusso a Penati e a Vimercati per la
Federazione milanese, un secondo alle persone indicate da Degli Esposti e alle
coop emiliane per il livello nazionale".
Di un doppio livello aveva già parlato il grande accusatore del
"Sistema Sesto", Piero Di Caterina. Raccontando di circa 3,5 miliardi
di lire finiti a Vimercati e Penati tra il 1994 e il 2003. "Loro -
spiega - mi dicevano che avevano bisogno di ingenti finanziamenti e ho
collegato la crescita del fabbisogno all'esplosione delle spese della politica
dovute anche alle elezioni sia a Sesto che a livello nazionale".