La Valle d’Aosta e la permeabilità della ‘ndrangheta
di Marika Demaria da Narcomafie del 17 ott 2011
«La Valle d’Aosta è permeabile alle infiltrazioni mafiose. Non si può immaginare che questa regione sia immune dal fenomeno». L’ultimo grido d’allarme relativo alla presenza della criminalità organizzata in Valle d’Aosta – in modo particolare della ‘ndrangheta – è lanciato dal pm Mario Andrigo che dal 1998 all’aprile di quest’anno è stato sostituto procuratore della Dda di Reggio Calabria, prima di trasferirsi presso la Procura di Vigevano. Il pm del processo per l’omicidio di Francesco Fortugno (ucciso esattamente 6 anni fa, il 16 ottobre 2005) – dal quale «è scaturita la vicenda del consigliere Domenico Crea», come ricorda lo stesso magistrato – è stato ospite, insieme allo scrittore Lele Rozza con cui ha redatto Le radici della ‘ndrangheta, di un appuntamento organizzato dal Comando di Aosta dell’Arma dei Carabinieri e da Libera Valle d’Aosta.
I relatori, l’indomani mattina (sabato 15), hanno incontrato alcune classi degli istituti superiori aostani. Le sottolineature fatte dai tre esponenti della magistratura, delle forze dell’ordine e del mondo della comunicazione ricalcano quelle già offerte nel corso di altri incontri organizzati da Libera Valle d’Aosta. Tornano alla mente le parole del professore universitario Nando dalla Chiesa che parlò di «presunzione di verginità in una regione di confine, dove sono presenti benessere economico e una casa da gioco» e dell’onorevole Angela Napoli, che apostrofò come «dormienti» la politica e la società locali, incapaci fino in fondo di avere consapevolezza del fenomeno. I due appuntamenti hanno destato l’attenzione non solamente dei mass-media valdostani, ma anche di altre testate diffuse sul territorio nazionale. L’edizione di ieri, 16 ottobre, del «Quotidiano della Calabria» ha infatti ripreso gli interventi del dottor Mario Andrigo e del Comandante Guido Di Vita in due articoli – “‘Ndrangheta, politici incapaci di reagire” e “Un locale aperto ai piedi delle Alpi pilotato dai potenti boss che sono operativi nella Locride” – rispettivamente a firma di Giuseppe Baldessarro e Giovanni Verduci.
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