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Lega, con tutta la mafia che c’è


di Matteo Zola da Narcomafie del 27/04/2012-05-02 http://www.narcomafie.it/2012/04/27/lega-con-tutta-la-mafia-che-ce/


Eppur mafiosi
‘Ndrangheta padana, di celti e longobardi, già, eppur mafiosi. Presunti, s’intende, finché sentenza non dica il vero. Belsito, il tesoriere del Carroccio (che ne prende le distanze in base a un fondamentale distinguo: non propriamente di sette decimi celto è il tesoriere), è indagato in Calabria per riciclaggio con l’aggravante di aver favorito la cosca dei De Stefano. Con lui sono indagate altre sette persone tra cui Bruno Mafrici, socio di uno studio legale con sede in pieno centro a Milano, nominato da Belsito consulente legale per gli affari del Carroccio. Lo studio di Mafrici sarebbe nientemeno che il cuore del cerchio magico, la rete di affaristi e maneggioni che circondavano (facendone forse gli interessi) il leader leghista Umberto Bossi. Il pm Lombardo ha disposto sequestri di materiale cartaceo ed elettronico presso lo studio Mafrici Srl, in via Duini 14, e presso lo Studio M.g.i.m service srl il cui 20% è nelle mani di Pasquale Guaglianone (non indagato e fuori dall’inchiesta). Personaggio interessante Guaglianone: cosentino di nascita, già leader della destra eversiva, ora siede nel Cda di Ferrovie Nord.


L’Ammiraglio
Chi invece è indagato con Belsito e Mafrici è l’uomo d’affari genovese Romolo Girardelli – nelle intercettazioni soprannominato ‘l’Ammiraglio’ e ritenuto dagli investigatori una sorta di ‘ripulitore’ del denaro della mafia calabrese. Tra le persone alle quali Girardelli risulta collegato spiccano due nomi: Paolo Martino e Antonio Vittorio Canale. Entrambi elementi di primissimo piano – come scrive il pm calabrese Giuseppe Lombardo – della cosca De Stefano di Reggio Calabria, attivissima anche a Milano. Proprio indagando sui rapporti di Martino, imparentato con i De Stefano, si aprono scenari incredibili sulla consistenza patrimoniale e finanziaria degli stessi De Stefano nel nord.


Bonet e Scala, it’s time for Africa
Altro nome che occorre tenere a mente è quello dell’imprenditore veneto Stefano Bonet. Personaggio quest’ultimo che è figura centrale anche nel filone milanese, con al centro le accuse di appropriazione indebita e truffa ai danni dello Stato: proprio con Bonet, infatti, e con un altro uomo d’affari, Paolo Scala (già interrogato dai pm milanesi che hanno secretato il verbale), secondo l’accusa, Belsito avrebbe messo in piedi le operazioni che dovevano portare circa 4,5 milioni di euro in Tanzania e circa 1,5 milioni di euro a Cipro. Bonet e Scala, loro sì, pare abbiano sangue padano da almeno sette generazioni. Un meccanismo di occultamento di fondi all’estero che richiama, a detta degli investigatori, proprio le forme di riciclaggio della criminalità organizzata e su cui dunque entrambe le Procure vogliono vederci chiaro.


Indagini intrecciate
Quel che appare interessante è dunque la cooperazione tra le procure inquirenti. Si intrecciano infatti sempre più le indagini della Procura di Milano sulle presunte distrazioni dei fondi dalle casse del Carroccio con quelle della Dda di Reggio Calabria sul maxi-riciclaggio di soldi sporchi della ‘ndrangheta che la cosca De Stefano avrebbe cercato di ripulire.
Ieri gli stessi magistrati calabresi hanno convocato, sempre a Milano, come persona informata sui fatti un pentito di ‘ndrangheta, che da anni sta collaborando con la giustizia per svelare segreti e traffici della mafia calabrese. Si tratta di Luigi Bonaventura, che è stato reggente dell’omonima cosca del crotonese e che recentemente, come ha raccontato nel corso di un processo, è scampato ad un attentato mentre era, come è tuttora, nel programma di protezione. Da quanto si è appreso, Bonaventura potrebbe essere a conoscenza di elementi e particolari proprio relativi alla cosca De Stefano, centrale nel filone d’inchiesta calabrese.
Sempre nel pomeriggio di ieri, in una pausa dell’ interrogatorio nella sede della Dia milanese il procuratore aggiunto di Milano, Alfredo Robledo, e il pm Roberto Pellicano hanno incontrato per circa mezz’ora il magistrato della Dda calabrese, Giuseppe Lombardo. “C’è una collaborazione perfetta tra le due Procure”, ha spiegato ai cronisti Robledo prima di rientrare a Palazzo di Giustizia. Da quanto si è saputo, tra gli inquirenti milanesi e reggini c’è stato uno scambio di informazioni e soprattutto di carte acquisite e sequestrate nel corso delle perquisizioni dei giorni scorsi.


Ars retorica
Con il suo abituale piglio antiretorico il Senatùr, lambito dagli scandali in corso nel partito, lo scorso 25 aprile ha affermato la necessità di una “lotta di liberazione del Nord” da quello che a suo dire è un “paese di merda” che “con tutta la mafia che c’è non ha di meglio da fare che occuparsi della Lega”. Anzi, Umberto Bossi rincara la dose. In un autodafé sui generis ha dichiarato: “A posteriori andare a Roma è stato un errore: quando siamo andati sul Po e a Venezia dovevamo lanciare la lotta di liberazione, perché se gli dai tempo lo Stato si organizza e ti mette i mafiosi”.