Rinvio a giudizio per il ministro Romano
di M. Imp dalla rivista Narcomafie del 14/7/11 http://www.narcomafie.it/2011/07/14/rinvio-a-giudizio-per-il-ministro-romano/
Saverio Romano, ministro delle politiche agricole, ha ricevuto dalla procura di Palermo il rinvio a giudizio per concorso in associazione mafiosa: secondo i magistrati, avrebbe mantenuto “rapporti diretti o mediati” con esponenti di spicco dell’organizzazione criminale per ottenere sostegno elettorale.
L’ultima richiesta di
archiviazione per Saverio Romano è stata respinta venerdì scorso dal Gip di
Palermo, obbligando di fatto i pubblici ministeri Di Matteo e De Francisci
della Procura siciliana a depositare ieri mattina una richiesta di rinvio a
giudizio nei suoi confronti. Entro le prossime 48 ore il gup di Palermo fisserà
la data per l’udienza preliminare per decidere se il ministro subirà o meno un
processo. I suoi difensori non hanno ancora deciso se ricorrere al rito
abbreviato: in questo caso Romano sarebbe giudicato con gli elementi fin qui
raccolti e, in caso di assoluzione, non potrebbe più essere giudicato anche se
emergessero nuovi fatti.
Invocate in modo unanime dalle
opposizioni (Pd, Idv, Sel, Federazione delle Sinistre) le sue dimissioni, a cui
si unisce l’invito di Lega e Pdl a fare altrettanto, il ministro Romano non
sembra disposto a fare un passo indietro e ha detto che non lascerà il proprio
“posto di ministro a testa alta” perché è vittima di una ritorsione politica.
In conferenza stampa, tenutasi
ieri sera a Montecitorio, ha ribadito la sua totale estraneità ai fatti: “Ho la
coscienza a posto. Ho subito una ingiustizia”. Continuando poi ad affermare che
non aveva alcuna intenzione di “commentare un atto al quale la procura di
Palermo è stata obbligata dopo 8 anni di indagini e due richieste di
archiviazione”.
Il ministro indirizza anche delle
critiche a Gianfranco Fini, presidente della Camera dei deputati, dal quale era
partita una richiesta di dimissioni dal suo incarico di ministro del governo
per motivi di opportunità, definendolo “un intervento a gamba tesa del
presidente della Camera per chi svolge ruoli di terzietà”. “Una vendetta
politica” perché lui, “il deputato Romano, il 14 dicembre salvò il governo da
una mozione di sfiducia”.
La notizia del rinvio a giudizio
nei confronti del ministro dell’Agricoltura per concorso in associazione
mafiosa non coglie impreparato il presidente della Repubblica, Giorgio
Napolitano che, da Zagabria, dov’è appena giunto in visita di Stato, segue gli
sviluppi della situazione. Il 23 marzo scorso, infatti, quando il presidente
del Consiglio, Silvio Berlusconi, impose la nomina dell’esponente dei
Responsabili, già indagato, Napolitano aveva ritenuto necessario “assumere
informazioni sullo stato del procedimento a suo carico per gravi imputazioni”.
I pm De Francisci e Di Matteo,
nelle due pagine della richiesta di rinvio a giudizio, contestano rapporti con
Angelo B., “al quale nella piena consapevolezza del ruolo di spicco da lui
svolto in Cosa nostra, in concorso con Salvatore Cuffaro, chiese sostegno
elettorale per le regionali del 1991”. Si tratterebbe dell’episodio iniziale di
un lungo rapporto con persone mafiose come Giuseppe Guttadauro, Salvatore
Aragona, Alberto Provenzano, Antonino Mandalà, Nicola Notaro e Francesco
Campanella.
Si attribuisce così al ministro
dell’Agricoltura la candidatura, sempre d’intesa con Totò Cuffaro, di Mimmo
Miceli che, sponsorizzato da Guttadauro, boss di Brancaccio, avrebbe ricevuto
importanti incarichi politico-amministrativi. All’imputato inoltre si contesta
la candidatura di Giuseppe Acanto, detto Piero, appoggiato dal boss di
Villabate Mandalà.