NO TAV
Sandro Plano, presidente della comunità montana:
«Prendo le distanze dalla violenza ma non è quello il problema»
«Gli scontri? C'era anche gente della valle»
Dopo le violenze di sabato notte davanti al cantiere sono settanta gli attivisti ricercati dalla polizia
INTERVISTA di Carlo Lania da Il Manifesto del 24/07/2012
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Che fine ha fatto il movimento? Sembra che il lavoro di questi anni sia stato messo da parte per lasciare la scena agli scontri con la polizia.
«Il movimento no tav è vivo è vegeto, nel senso che non è un movimento di violenza se è questo che intende. Il movimento no tav è costituito da più componenti: quella degli amministratori, che siamo noi, la componente dei tecnici e ricercatori del Politecnico, la componente della valle, quella giovanile, gente che arriva da fuori». Sandro Plano è il presidente della comunità montana della val di Susa. No tav convinto, ha rischiato, proprio per le sue posizioni, di essere espulso dal suo partito, il Pd. Per gli scontri di sabato notte, sono 70 i no tav ricercati dalla polizia.
Plano lei dice che il movimento ha molte facce, negli ultimi tempi però si vede solo quella violenta.
Questo perché i giornali riportano sempre l'aspetto più eclatante. La realtà certe volte è molto diversa da come viene rappresentata.
Va bene allora cambio la domanda. Cosa c'entra il movimento no tav con quanto è accaduto sabato scorso?
Non si può dire che non c'entri, perché a fare gli scontri non sono stati solo antagonisti venuti da fuori. Sabato notte c'erano anche persone della valle e anche non giovanissime. Non ridurrei tutto solo a una forma organizzata di violenza, si tratta di una protesta molto radicata e molto forte, che trova in questa vicenda un canale naturale. Credo che la tensione però sia a livello europeo. E non solo su questo tema specifico.
Non trova che il movimento sia in difficoltà proprio per questi episodi?
Tenga presente che questi episodi è dal 2005 che si ripetono. Quando ci sono fenomeni di questa portata e di questa durata, allora si tratta di una questione radicata, che ha ragioni profonde, identitaria anche nel conflitto che c'è tra una valle e un'area metropolitana, che c'è tra una politica che ha bisogno di istanze nuove e la politica degli appalti.
Ma allora perché la parte propositiva sembra avere difficoltà a farsi sentire?
Perché non viene assolutamente presa in considerazione dal governo. Di recente abbiamo preparato un documento frutto di una commissione tecnica di assoluto valore con docenti del Politecnico e ambientalisti: preso e buttato in un cassetto come tutti i documenti che abbiamo presentato. Poi ci si accorge del problema quando volano i sassi. E' un po' il limite della nostra classe politica. In Francia è la Corte dei conti che si è fatta promotrice di un'analisi di revisione del sistema dei trasporti. Quando Le Figaro spiega che linea ad alta velocità è sottoutilizzata perché può portare venti milioni di tonnellate di merci e adesso ne passano quattro, si pone qualche interrogativo. Invece quando leggo, sulla nostra stampa, che quand'anche fossero motivate le ragioni dei no-tav e i dubbi francesi lo Stato non può retrocedere davanti al ricatto di quattro violenti, allora mi preoccupo. Lo Stato deve fare i suoi ragionamenti indipendentemente dai quattro violenti.
Che il governo sulla tav abbia una visione miope non ci sono dubbi, il problema è: è vero che ormai il movimento è in mano a una minoranza violenta e che, come dice il ministro Cancellieri, non si tratta più di proteste ma solo di violenze?
Assolutamente no.
Ma non vi sentite usati?
No, assolutamente
Si è molto parlato della presunta presenza di anti-insurrezionalisti, ci sono o no?
Arriva gente, questo è diventato un luogo simbolo e anche una battaglia simbolo che per molti è un modo per esprimere la propria rabbia, il proprio disagio. Ma credo che sia una caratteristica del mondo giovanile.
Insomma non se la sente di prendere le distanze dai violenti?
Io prendo le distanze dagli atti di violenza. Non sono d'accordo con azioni come quelle dell'altra sera, ma non sono in grado di impedirle..
Che succederà adesso?
Non ne ho la più pallida idea. Se il governo decide di aprire alla discussione, volentieri. Se invece pensa di usare la forza spero davvero che non ci siano scontri più radicali.
Chi guida adesso il movimento?
I comitati. E' una sorta di democrazia assembleare dove non c'è un solo leader.
E i tempi e le scadenze non le decide chi fa gli scontri?
Gli scontri nascono in modo anche abbastanza spontaneo..
Beh, insomma...
Ci sono frange difficili da controllare.
E non c'è il rischio che siano loro a condizionare il movimento?
No, perché il movimento è tutt'altra cosa. Se il movimento decide di fare una manifestazione di ventimila persone, porta ventimila persone. Se decide di andare vicino alla rete del cantiere, probabilmente ne porta di meno perché molti non sono d'accordo con la linea forte.
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