Dalla Diaz alla Valsusa: codici identificativi sulle divise dei poliziotti13 Aprile 2012
di Davide Bono (consigliere regionale Piemonte, lista 5 stelle)
Oggi esce il film "Diaz" in tutto il territorio nazionale. E il MoVimento 5 stelle Piemonte ha presentato una proposta di legge alla Camera per inserire codici identificativi individuali sulle divise e i caschi degli appartenenti alla Polizia di Stato, insieme all'Avv. Novaro, che ha seguito i processi del G8, Alberto Perino e Gigi Richetto, autorevoli esponenti del movimento No Tav.
RELAZIONE
Purtroppo però accadono periodicamente in Italia manifestazioni, movimenti di piazza, disordini pubblici in cui alcuni appartenenti alle Forze dell’Ordine vengono meno al loro ruolo di garanti dell’ordine pubblico e di esecutori di ordini in conformità alla legge, finendo per travalicare i principi inderogabili di legalità e onestà che dovrebbero contraddistinguerle, trasformando il legittimo impiego della forza da parte di uno “Stato di diritto” in un abuso. Diversi purtroppo sono i manifestanti o i cittadini italiani morti o gravemente feriti in condizioni mai chiarite durante scontri, fermi o interrogatori da parte delle Forze dell’Ordine: per restare a questo secolo pensiamo a Carlo Giuliani, ucciso nel luglio del 2001 da un proiettile sparato dalle Forze dell’Ordine, durante gli scontri a Genova per il G8 a Federico Aldrovandi, morto dopo un pestaggio nel 2005; più recentemente in Valsusa diverse contestazioni sono state fatte dagli attivisti No Tav a seguito degli scontri con le Forze di Polizia (ad esempio il pestaggio di Marinella Alotta nel 2010, ma anche gli accadimenti del luglio 2011 di cui sono stati prodotti video che hanno segnalato agenti che hanno lanciato pietre contro i manifestanti, lanciato lacrimogeni ad altezza uomo, manganellato manifestanti a terra), tanto è che a marzo 2012 sono stati aperti almeno una ventina di fascicoli da parte della Procura della Repubblica di Torino nei confronti di ignoti.
Le indagini infatti, anche a detta della stessa Procura, sono rese complesse se non impossibili dalla difficoltà di riconoscimento degli uomini delle Forze di Polizia. Gli agenti in tenuta antisommossa sono coperti dal casco integrale con visiera e dalla divisa di ordinanza che non porta contrassegni che possano permettere l’individuazione del singolo agente.
L'Italia è uno dei pochi paesi europei in cui le Forze di Polizia non sono dotate di codici identificativi sulla divisa e/o sul casco, utili per individuare i singoli agenti e ascrivere a loro eventuali potenziali abusi. Ci risulta da una prima ricerca sommaria che siano presenti codici identificativi sulle divise e i caschi delle Forze dell’Ordine inglesi, francesi (articolo 113-20 del “Reglement general d’emploi de la Police nationale”), tedesche, canadesi, svedesi, irlandesi, norvegesi, austriache, greche...
Così capita che, protetti dall'anonimato delle uniformi e dei caschi, alcuni appartenenti alle Forze dell’Ordine italiane, non rispettosi delle leggi e della funzione che svolgono, riescano a compiere abusi e atti arbitrari senza pagare pegno, svilendo la credibilità ed il prestigio dei tutori dell’Ordine pubblico e, indirettamente, dello Stato italiano.
Certo è vero che la ricostruzione storica di alcuni di questi abusi ha dimostrato o suggerisce una certa complicità da parte del ceto dirigente delle Forze dell’Ordine e della politica che spesso ha teso a sviare, nascondere le responsabilità o difendere i responsabili. Pensiamo agli avanzamenti del dirigente della Digos, ai tempi del G8 di Genova, Spartaco Mortola, promosso prima Questore e poi capo della Polfer; alle promozioni degli altri condannati come Francesco Gratteri, Giovanni Luperi, Gilberto Caldarozzi ai vertici dell'antiterrorismo e dell'antimafia.
A maggior ragione, si ritiene necessario introdurre per legge l’obbligatorietà di riportare contrassegni identificativi individuali sulla divisa e/o il casco del personale di Polizia, per far sì che sia più difficile che eventuali abusi commessi dalle Forze dell’Ordine restino impuniti. E tale riconoscibilità servirebbe anche da forte deterrente.
Per questo si è intesi, ai sensi dell’art. 121 della Costituzione (Il Consiglio regionale...Può fare proposte di legge alle Camere), presentare al Consiglio Regionale questa proposta di legge al Parlamento, per modificare la legge 121 del 1981 “Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza” e smi, al “CAPO II - Ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza”, l’art. 30 “Armamento e divise”, comma 2.
Detto comma 2 afferma oggi che “Il Ministro dell'interno con proprio decreto determina le caratteristiche delle divise degli appartenenti alla Polizia di Stato nonché i criteri generali concernenti l'obbligo e le modalità d'uso”. Si intende sostituirlo con il seguente comma 2: “Il Ministro dell'interno con proprio decreto determina le caratteristiche delle divise degli appartenenti alla Polizia di Stato, ivi compresi i codici identificativi individuali chiaramente visibili, nonché i criteri generali concernenti l'obbligo e le modalità d'uso”. Ciò affinché siano introdotti al più presto codici identificativi sui caschi e/o le divise degli agenti della Polizia di Stato, in modo da rendere agevole una loro identificazione ai fini precedentemente espressi.
Ricordo, sperando che questa iniziativa possa servire da stimolo all’attività legislativa delle Camere, che ad oggi in Parlamento sono state presentate tre proposte di legge con medesimo contenuto: la 1639 del 2001 alla Camera dei Deputati, la 1556 del 2002 al Senato a firma Martone et aa e la 1307 del 2008 alla Camera dei Deputati, a prima firma Maurizio Turco. In due di queste proposte sono presenti sanzioni previste in caso di copertura o rimozione dei codici identificativi: valuteremo l'inserimento in fase di discussione della pdl. |