Esposto dei No Tav contro Maroni
«Questi vogliono uccidere»: le accuse del ministro finiscono in procura
di Marco Giavelli da Luna Nuova del 16/9/11 –
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I No Tav hanno
presentato alla procura della Repubblica di Torino un esposto contro il
ministro Maroni: nel mirino le dichiarazioni con cui sabato scorso, dopo
l'ennesima notte di guerriglia in val Clarea, il ministro dell'interno aveva
fatto proprie le affermazioni del sindacato di polizia Sap sostenendo davanti a
microfoni e taccuini che «questi (i No Tav, ndr) hanno intenzione di
uccidere: io temo sia così, perché quando si prendono le bombe carta, le
molotov, i massi da lanciare addosso ai poliziotti e carabinieri si ha
intenzione di uccidere. Spero che la magistratura intervenga con le imputazioni
più gravi possibili». Maroni, peraltro, non è nuovo a questo tipo di
esternazioni: già dopo l'assedio del 3 luglio, poi sfociato in scontri tra
forze dell'ordine e manifestanti, aveva parlato di «spontaneismo armato»
riferendosi a «1.500 ragazzi armati che volevano uccidere i poliziotti».
Ma all'epoca i No Tav,
come viene riportato anche nel testo depositato in procura, «optarono per
non procedere con un esposto sia per senso di responsabilità, sia per il
rispetto istituzionale che coloro che ricoprono ruoli elettivi hanno nei
confronti dei ministri della Repubblica. Vista la reiterazione delle
affermazioni del signor Maroni, foriere di possibili gravi conseguenze
sull'ordine pubblico, proprio per il senso di responsabilità ed il rispetto dei
ruoli istituzionali occupati, gli scriventi oggi si vedono invece costretti a
presentare questo esposto-denuncia». E gli scriventi, infatti, sono quasi
tutti amministratori o comunque rappresentanti delle istituzioni: le firme in
calce sono dei consiglieri regionali del Movimento cinque stelle Davide Bono e
Fabrizio Biolè, dei consiglieri comunali di Condove Alberto Veggio e Marinella
Guaito, del vicepresidente del consiglio comunale di Almese Dario Catti, del
presidente di Pro Natura Piemonte Mario Cavargna e dell'ex sindaco di Avigliana
Remo Castagneri.
Sono tre le possibili
violazioni citate nell'esposto. La prima è per "procurato allarme presso
l'autorità" (articolo 658 del codice penale). Appellandosi ai significati
riportati dall'autorevole dizionario Devoto-Oli, i No Tav smentiscono in modo
categorico che siano mai stati lanciati massi e molotov contro le forze di
polizia. Confermano invece che alcuni cittadini hanno utilizzato «petardi o
altri artifizi pirotecnici comunque reperibili attraverso canali di vendita
ufficiali e non»: tra questi anche le cosiddette bombe carta che però,
rimarcano i firmatari, producono più rumore che effetti distruttivi e vengono «comunemente
usate in occasione delle feste di fine anno e patronali in molte parti della
nostra nazione, quindi non sicuramente atte a cagionare quanto paventato dal
signor Maroni». Nel testo si parla anche di «scambio reciproco tra
cittadini e forze dell'ordine di lanci di pietre di piccole dimensioni».
Per tutte queste ragioni, i No Tav ritengono plausibile la violazione
dell'articolo 658 perché andrebbero a configurarsi quei «pericoli
inesistenti» e quell"«allarme presso l'autorità, o presso enti o
persone che esercitano un pubblico servizio» di cui parla il codice penale.
La seconda violazione
contestata è per "abuso della credulità popolare" (articolo 661 del
codice penale). L'obiezione avanzata dai No Tav è che la carica istituzionale
attualmente ricoperta da Maroni «gli conferisce una enorme autorevolezza e
credibilità presso i cittadini e presso le forze dell'ordine»: per questo
i firmatari ritengono che le parole del ministro leghista vadano ad «abusare
della credulità popolare» e che da esse possa «derivare un turbamento
dell'ordine pubblico per l'insicurezza a cui induce i cittadini e per la tensione
a cui sottopone le forze dell'ordine, che potrebbe indurre a reazioni eccessive
e pericolose da parte delle stesse».
Infine l'articolo 104 della Costituzione, che sancisce l'autonomia e l'indipendenza della magistratura da ogni altro potere. I No, Tav accusano Maroni di indebita interferenza quando, nelle sue dichiarazioni, si augura che la magistratura stessa «intervenga con le imputazioni più gravi possibili». Il concetto è: tocca alla magistratura, e non al ministro degli interni, determinare le eventuali ipotesi di reato. «Gli scriventi - si conclude l'esposto - ritengono che queste ultime affermazioni del signor Maroni, benché sicuramente meno gravi per l'ordine pubblico rispetto a quelle elencate precedentemente, rappresentino una grave violazione della separazione dei poteri dello Stato».