La coda del Minotauro. ‘Ndrangheta e politica nel profondo Nord
di Giuseppe Legato da Narcomafie del 14/11/2012
Le rivoluzioni, va da sé, non si esauriscono in un giorno. Come i capitoli di un libro si scrivono uno per volta. Diversi sono i protagonisti, i luoghi, i dettagli, non il file rouge che guida il cambiamento. Forse è per questo che nel labirinto di Minotauro, epopea di manette contro le ‘ndrine di Torino scattata all’alba di un anno e mezzo fa, le strade dell’antimafia sembrano infinite. Continuano ad aggiungere nomi, volti e fatti al libro mastro della mala calabrese. Svelano intrecci, interrompono trame. Una rivoluzione a puntate.
L’ultima l’hanno chiamata “Colpo di coda”: 23 arresti, due presunti locali di ‘ndrangheta – Chivasso e Livorno Ferraris – disarticolati, 4,6 milioni di euro di beni sequestrati. Il blitz è del 10 ottobre scorso. Il gip Giuseppe Salerno è la firma in calce a 341 pagine di accuse penalmente rilevanti – da provare in giudizio – formulate dai pm Roberto Sparagna e Monica Abbatecola.
Una coda dunque, un ‘appendice che per il procuratore capo di Torino Giancarlo Caselli non è nemmeno “l’ultima” di questo viaggio contro il sistema criminale più forte e radicato del Nord Italia.
Alcuni nomi si ripetono altri sono nuovi di zecca. Gli ingredienti non cambiano: riti, codici e business che fanno da cornice a un quadro familistico dell’associazione criminale. E’ una storia di fratelli, questa. Di politica, poltrone, armi e riciclaggio. Che fotografa fedelmente la ‘ndrangheta, contenitore di vecchio e nuovo, in cui i legami di sangue garantiscono silenzio, fedeltà e le scalate al potere sono il nuovo pallino di boss e capi bastone.
I sopravvissuti
E’ il 29 Giugno 2011, sono le 16 circa quando Salvatore, Bruno e Ferdinando Cavallaro che sono poi l’ossatura del locale di Livorno Ferraris inaugurano un’autentica caccia alle carte dell’inchiesta.
Eccola la prima triade di fratelli di questa storia. I Cavallaro sono persone intelligenti, mentalmente veloci nonostante abbiano una formazione culturale limitata, aspetto del quale sono peraltro coscienti: “Ho solo la quinta elementare, la terza media me la sono presa con 150 ore, però grazie a Dio me la cavo meglio degli altri!” dice al telefono Ferdinando in una sorta di auto-recensione. Pochi titoli dunque, ma buon cervello.
Vogliono l’ordinanza di Minotauro “ansiosi come sono – annota il gip – di capire se fossero stati individuati nel corso delle investigazioni”. Gli arresti sono ancora “freschi”, le telefonate ridotte al minimo, ma le poche che finiscono nelle cuffie dei carabinieri hanno un contenuto che appare inequivocabile. Grazie all’aiuto di due legali (uno del foro di Nardodipace e uno di Torino), i Cavallaro riescono a ottenere le 2500 pagine di Minotauro Per entrarne in possesso spendono 400 euro. Il Cd rom viene spedito da Torino a metà luglio, due giorni dopo viene recapitato nella segreteria del legale di fiducia di alcuni presunti sodali delle famiglie di Chivasso già in carcere.
Leggono gli atti “ma la mole è immensa”. “Qualcosa c’è” dicono al telefono. Poi ripiegano su un gergo edilizio per depistare gli inquirenti. E cosi l’ordinanza diventa il capitolato e il prezzo del materiale richiama alla posizione dei singoli associati: “Sono arrivati i disegni? I prospetti?” chiede Ferdinando a Bruno che intanto è in Calabria. “Non ti preoccupare, li sto già guardando. Il lavoro, per ora non lo perdiamo. Attualmente no. I prezzi sono buoni”.
Questo interessamento dei fratelli Cavallaro per l’ordinanza Minotauro – commenterà il gip a margine – è sintomatico di per sé dell’intraneità con il mondo criminale che l’indagine aveva svelato. I prevenuti non sono solo interessati alla sorte di Maiolo (arrestato già all’epoca e “capo locale” di Livorno Ferraris), ma piuttosto a comprendere se dagli atti emergesse qualche elemento a loro carico.
Siamo ad agosto, le carte sono state studiate una ad una. E, sempre al telefono, arriva il responso liberatorio: “L’ho letto il progetto, ci sono le cose che sappiamo pure noi..” . Gli animi si calmano. E si tornano a tessere le trame. Che sono poi quelle tradizionali – si legge nell’ordinanza – di un’associazione come la ‘ndrangheta. Un esempio su tutti: la colletta, la raccolta di fondi, per gli arrestati.
La colletta di Natale
Nella Renault Clio di Pietro Marino si scoprono molte cose. Ad esempio che la quota da versare è di 200 euro, che non tutti lo fanno, che alcuni procedono per conto loro. Della consegna dei soldi ai carcerati se ne occuperanno in giorni diversi mogli, compagne e fidanzate. Così, per non destare sospetti.
Al telefonino si discute a lungo, si parla anche di investimenti su case da rilevare all’asta dei fallimenti. Poi, ecco il colpo di scena “Siamo in 12-13 e i conti tornano”, dicono i Marino. “Dobbiamo esserci tutti”. Per i carabinieri è la svolta. Minuto dopo minuto si srotola il papiro di nomi del presunto locale di Chivasso. Altri fratelli, altri potenziali affiliati si aggiungono a quelli già individuati. Il puzzle è completo. Le indagini accelerano. E spunta la politica.
‘Ndrine ed elezioni
Il percorso “per infiltrarsi all’interno dell’amministrazione comunale” è lungo, complesso e contorto.
I due protagonisti delle trattative elettorali sarebbero – secondo l’accusa – Bruno Trunfio, ex assessore ai lavori Pubblici e vice segretario dell’Udc di Chivasso (poi arrestato in Minotauro perché accusato di far parte de locale medesimo con la dote di “trequartino”, rinviato a giudizio, libero in attesa di sentenza) e i fratelli Cavallaro.
Sono proprio loro che, all’inizio, ipotizzano di far confluire voti su Pasquale “Lino” Vincenzi (al quale non è mossa alcuna accusa), che nella vita è anche assessore – in carica – al Comune di Rondissone. Vincenzi dovrebbe candidarsi nel Pdl, ma sarebbe stato lo stesso partito a pochi giorni dalla scadenza delle liste elettorali a bocciarne l’ingresso. Qualcuno non lo vuole, lui rinuncia, si tira indietro, lo comunica ai Cavallaro. La strategia, a questo punto, cambia. Bisogna andare su nomi di fiducia assoluta. Come Beniamino Gallone, per gli amici Benny, nato a Goia Tauro 32 anni fa. Fino a gennaio del 2012 è stato il titolare di una pizzeria al taglio a Chivasso, ma risulta – per l’accusa – affiliato al locale di Livorno. Negli archivi informatici dei carabinieri il cognome è conosciuto. “La sua famiglia – si legge in un’informativa dei carabinieri di Nicotera – è vicina a noti esponenti dei Mancuso di Limbadi” potentissima ‘ndrina operante a Vibo Valentia. Gallone avrebbe avuto un ruolo da protagonista (insieme a Cavallaro Ferdinando) nell’intestazione fittizia di quote societarie della Contemax sas società che gestisce il Punto Snai di via Gerbido 15 a Chivasso. Stesso ruolo con identiche finalità svolto – sempre secondo i carabinieri – per entrare nel quadro societario di una sala giochi a San Mauro. Ora vuole candidarsi con Striglia per mandare tutti al ballottaggio e poi “andare con chi offre di più, onestamente”.
La strategia del sodalizio criminale è volta a favorire questa lista – scrive il gip – onde rendere necessario il secondo turno delle elezioni. Poi si sarebbe cercato un apparentamento con il partito disposto a offrire le cariche comunali di maggior rilievo.
In campagna elettorale “si verificano numerosi e frequenti incontri con esponenti del mondo politico ed economico del territorio (tra di loro anche imprenditori torinesi doc incensurati) che si svolgevano al bar “Il Timone” gestito da Giovanni Vadalà, già arrestato in Minotauro con l’accusa di far parte del locale di Chivasso con la dote di trequartino”. Al termine delle consultazioni Gallone prenderà 134 voti, Spagnolo 104. Nonostante non giungano i consensi sperati (soprattutto dal quartiere della Coppina: “Ne sono arrivati 13 e ce ne aspettavamo cento e passa”), si va al ballottaggio. Ferdinando Cavallaro e suo cugino, chiacchierando, dimostrano acume e lungimiranza: “Adesso dipende da noi, con chi ci alleiamo, con chi andiamo”.
Il ballottaggio e l’assessorato già in tasca
Alla fine la scelta cadrà sul centrosinistra. E’ il 19 maggio. “Alla sera c’è un incontro tra il candidato De Mori, Trunfio e Gallone” annotano i carabinieri. E’ lì che si decide l’apparentamento decisivo. “L’intera operazione elettorale conseguiva il successo sperato – scrive il gip – e risultava eletto sindaco il candidato Gianni De Mori”.
Cavallaro si intesta subito meriti e onori del trionfo. Parlando col fratello Bruno (che è in Calabria) racconta: “Non hanno voluto unirsi con l’Udc, erano sicuri che vincevano. Li abbiamo fottuti, li abbiamo “scasciati” (distrutti, ndr). Sono soli, soli come dei cani randagi” dirà, riferendosi al centrodestra. La telefonata è delicata perché svela la probabile contropartita che sta dietro all’apparentamento. “Abbiamo già preso accordi. Gli abbiamo chiesto il vicesindaco e alla fine (prenderemo?) un assessore più altri tre incarichi”. La delega amministrativa che spetterebbe a Striglia è quella al Bilancio.
De Mori ha vinto. Inizia la festa con caroselli per strada e bandiere – dell’Udc – a tutto andare. Le telecamere dei carabinieri registrano come “l’auto di Striglia sia seguita da un Piaggio Porter cassonato con a bordo Ferdinando Cavallaro, Bruno Trunfio e Beniamino Gallone. Il corteo si chiude, come al solito, al bar Timone: “De Mori è primo per 309 voti, se non li portavamo noi, non vincevano”, dicono.
Minotauro scompagina i piani
Le telefonate tra gli ‘ndranghetisti si diradano. Nelle elezioni successive il movimentismo dell’associazione pare si spenga quasi del tutto. Non che nessuno li cerchi. “La segretaria di Massimo Striglia – scrivono i carabinieri – chiama Cavallaro per verificare se il prevenuto e le persone a lui contigue fossero disponibili ad adoperarsi nuovamente per la campagna elettorale (“i tuoi cosa vogliono fare? gli chiede ottenendo risposte evasive: “Vediamo, ora vedo…”).
Si decide di non appoggiare Striglia facendo previsioni numeriche “senza di noi prenderanno al massimo 500 voti”. Si candida l’ultimo dei quattro fratelli Cavallaro, appoggia Enzo Falbo, lista civica,. Non è indagato tantomento coinvolto nell’operazione.
Vincerà il candidato di centrosinistra Libero Ciuffreda che da subito devolverà il suo stipendio a iniziative “antimafia”. Le analisi del gip però restano dure: “La ‘ndrangheta è fuori da questa tornata più per volontà di quest’ultima che per la presenza di consolidati anticorpi legali”. Resta il tempo di vedere avverata la profezia di Cavallaro sul partito di Striglia: l’Udc prenderà difatti 482 voti. Il boss ne aveva previsti 500. Subito dopo il blitz del 10 ottobre Striglia (non indagato a nessun titolo) si autosospende dalla carica di segretario provinciale dell’Udc.
‘Ndrine ed economia
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