Non solo Val Susa: al Brennero si scava per la Tav. Ma si incentiva il trasporto su gomma
A Bolzano è in costruzione l'opera. I lavori per la galleria di 64 chilometri sono già avviati e nessuno ne parla perché non esiste opposizione locale. Intanto, i tir che arrivano dall'Austria sui treni, superano il valico e riguadagnano la strada.
Perché non proseguono su rotaia? L'autostrada A22 è molto più conveniente
da Il Fatto Quotidiano del 27/03/2012 - http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/03/27/solo-susa-brennero-scava-incentiva-trasporto-gomma/200317/
Per capire la vocazione italiana a buttare miliardi di euro con la scusa dei nuovi treni ad Alta velocità basta andare al Passo del Brennero, sul confine italo-austriaco, e godersi uno degli spettacoli più assurdi che la scienza dei trasporti abbia mai concepito. Ogni ora arriva dal lato austriaco un treno fatto di pianali molto bassi. Su ciascuno dei 15 pianali c’è un grosso autocarro. Il treno si ferma al confine, la locomotiva di coda viene staccata, una robusta rampa viene piazzata sull’ultimo pianale e disciplinatamente, in fila indiana, i bisonti della strada riguadagnano l’asfalto per lanciarsi sull’autostrada A 22 verso Bolzano, Trento, Verona.
Ma perché non proseguono in treno fino a Bolzano, Trento o Verona? Il camionista rumeno con targa italiana, diretto verso la Brianza con un carico di acciaio, è molto preciso nella spiegazione: “Il mio mezzo supera il limite di 40 tonnellate oltre il quale l’Austria vieta di imboccare l’autostrada verso il Brennero. Comunque di là il pedaggio è di 86 centesimi al chilometro mentre in Italia è di 17 centesimi”. Infatti la Oekombi, società viennese che mette i Tir sulle rotaie a Woergl, 60 chilometri prima di Innsbruck, fa 19 treni al giorno fino al Brennero, ma solo cinque di questi proseguono fino a Trento (e non oltre).
Benvenuti nel vero paradiso Tav. Tutti pensano che la frontiera dell’Alta velocità sia la Val di Susa, dove la nuova Torino-Lione comporta battaglie di principio e ordine pubblico in pericolo. Eppure a Bolzano stanno costruendo un’opera ancora più ciclopica e costosa, molto più avanti nei lavori senza che nessuno ne parli, per la semplice ragione che non esiste opposizione locale. Le province autonome di Bolzano e di Trento hanno avocato l’informazione alle popolazioni interessate e la discussione con i critici, e hanno gestito abilmente partecipazione e consenso. Proprio ciò che serve per fotografare senza pregiudizi l’assurdità dell’operazione. Si vuole togliere il traffico pesante dalla strada, soprattutto nelle valli alpine, più esposte al rumore e all’inquinamento. Ma non si fa niente per spostare le merci sul ferro con gli strumenti oggi a disposizione, come accade in Austria. Riccardo Dello Sbarba, consigliere verde alla provincia di Bolzano, fa notare un dato eclatante: “Secondo dati ufficiali della regione austriaca del Tirolo, il 35 per cento delle merci che attraversano il Brennero vanno su ferro. Ma il dato vale solo fino al passo: gli stessi austriaci segnalano che, sul tratto dal confine verso l’Italia, la percentuale scende al 25 per cento”. Appena vedono il tricolore, le merci scendono dal treno, e in Italia nessuno fa niente per impedirlo.
Ma c’è di peggio. “Solo il 45 per cento dei Tir che passano dal Brennero lo fanno perché è la strada più breve – spiega Dello Sbarba – tutti gli altri passano da qui allungando il percorso, per risparmiare”. Insomma, l’Italia incentiva il transito dei Tir dal Brennero: se solo il sobrio governo italiano portasse il costo della A22 al livello degli altri attraversamenti alpini, il traffico al Brennero (oggi vicino ai 2 milioni di camion, più del doppio della Val di Susa) si dimezzerebbe di colpo. Il meccanismo è diabolico. Spendiamo miliardi di euro per nuove ferrovie che dovrebbero togliere le merci dalla strada, ma nel frattempo incoraggiamo il traffico su gomma. La ferrovia che c’è potrebbe portare almeno il 30 per cento di merci in più, ma, al contrario dell’Austria, in Italia nessuno fa niente. A chi dovrebbe pensarci, Fs in testa, interessa una sola cosa: fare il buco, il costoso e ambizioso tunnel. Quello del Brennero sarà lungo 64 chilometri, da Fortezza a Innsbruck, costerà 8 miliardi di euro secondo i calcoli italiani e 24 secondo la Corte dei conti austriaca (proprio così, una discrepanza del 200 per cento) e sarà pronto, secondo le previsioni ottimistiche dei promotori, non prima del 2026.
A quel punto tutto rimarrà come prima, con i Tir che continueranno a intasare l’autostrada. Infatti la linea ferroviaria del Brennero ha una portata limitata per due ragioni: la pendenza per arrivare ai 1372 metri del passo, e l’intasamento nei cosiddetti “colli di bottiglia”. Il tunnel serve a evitare la pendenza, solo che siccome Innsbruck è in alto (l’Austria è notoriamente un paese alpino) si scaverà attorno agli 800 metri di quota. Quindi, una volta fatto il tunnel, ci accorgeremo che sarà, letteralmente, senza capo nè coda. Rimarrà il problema della pendenza tra l’imbocco a Fortezza e il passaggio di Ponte Gardena prima e Bolzano poi: un dislivello di oltre 400 metri. Faranno un nuovo tunnel, pare che lo stiano già progettando. A quel punto rimarranno i “colli di bottiglia” a Bolzano e a Trento, per tacere di Verona. Fino a che non saranno fatti tutti gli interventi la situazione del traffico non cambierà di una virgola, per l’ovvia ragione che, se un tubo ha più strozzature, la portata d’acqua aumenterà solo dopo averle eliminate tutte. Ma gli strateghi hanno già pensato anche a questo: da Fortezza fino a Verona andrà costruita una nuova ferrovia di 190 chilometri, quasi tutta in galleria.
Costo difficilmente calcolabile, forse altri 25 miliardi, ma qualcuno dice anche 50-60. Tanto che importa? I soldi non ci sono, né tanti né pochi. È un altro aspetto paradossale della vicenda. Tutti i Paesi europei rivedono al ribasso gli investimenti in opere faraoniche. Giovedì scorso il governo portoghese guidato dal premier di centrodestra Pedro Passos Coelho ha deciso di mettere una pietra sopra al Tav Lisbona-Madrid, primo tratto del mitico corridoio 5 (Lisbona-Kiev) di cui farebbe parte la Torino-Lione, sulla quale infatti il governo Monti continua a impegnarsi strenuamente in nome di impegni europei che l’Italia è l’unica a rispettare anche se palesemente assurdi. E infatti ecco che per il Brennero è stato il governo austriaco a far sapere che non ha soldi, e per questo ha di fatto rinviato l’inizio degli scavi per il tunnel al 2016. Quando fu inaugurato dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano il cantiere del tunnel esplorativo, nel 2008, il numero uno delle Fs Mauro Moretti garantì che tutto sarebbe stato pronto nel 2020. In meno di quattro anni se ne sono accumulati sei di ritardo.
“Vienna ha confermato l’impegno a fare l’opera”, assicura il viceministro delle Infrastrutture, Mario Ciaccia. Solo che sono impegni a tempo indeterminato. Volendo, il tunnel di 64 chilometri si potrebbe scavare in cinque anni, dicono i tecnici che stanno predisponendo lo scavo nel cantiere di Mules, vicino a Fortezza. “Ma si è deciso di adeguare i tempi di realizzazione alla prevedibile disponibilità di fondi”, spiega Martin Ausserdorfer, direttore dell’Osservatorio sull’opera, che fa capo alla provincia di Bolzano. C’è del metodo in questa follia. Stiamo aprendo i cantieri in Val di Susa, sperando che arrivino soldi dall’Unione europea per poter un giorno finire i lavori (almeno otto miliardi il costo previsto). Stiamo aprendo i cantieri per la surreale Genova-Tortona, senza sapere quando avremo i soldi per terminarla (almeno sei i miliardi necessari). Stiamo aprendo i cantieri al Brennero senza sapere quando avremo una ferrovia in grado di togliere merci dalla strada (almeno otto i miliardi necessari solo per il tunnel principale). Come se l’importante fosse aprire cantieri e distribuire appalti, non realizzare al più presto infrastrutture utili. A questo punto viene da chiedersi: non sarebbe più saggio scegliere, magari tirando la monetina, un’opera su cui mettere tutti i soldi disponibili per averne una sola ma fatta? Forse sì, ma non si può. Buttare i soldi per le eterne incompiute è ciò che vuole il partito del cemento, che è ancora fortissimo e sa farsi rispettare anche dal governo Monti.
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