Scontri alla Maddalena.
Arrestate due No Tav
In 500 alla passeggiata
al “non-cantiere”: lacrimogeni dal viadotto e taglio delle recinzioni
Di Marco Giavelli da
Luna Nuova del 13/9/11 – pag. 2
Sono ancora in carcere
le due attiviste No Tav arrestate venerdì sera con l'accusa di resistenza a
pubblico ufficiale durante l'ennesima notte di passione in val Clarea. Sui
siti del movimento si sprecano già gli attestati di solidarietà,
culminati alle 18 di ieri in un sit-in in piazza Castello a Torino,
sotto il palazzo della Regione. Entrambe "non note alle forze
dell'ordine", sono state fermate durante una delle cariche con cui
gli agenti in assetto antisommossa sono usciti dai cancelli per respingere
l'assalto alle recinzioni.
La prima, fermata dai
carabinieri, è Marianna Valenti, 19 anni, studentessa universitaria nativa di
Rovereto ma residente a Torino, «con forti legami affettivi ed umani in
valle di Susa», si legge su uno dei siti vicini al movimento. L'altra,
fermata dalla Digos, è di Chiomonte: si chiama Elena Garberi ma tutti la
conoscono come Nina. 39 anni, operaia e madre di tre figli, è stata per tutta
l’estate una presenza fissa al campeggio-presidio della centrale. È una
volontaria del 118 e in questi mesi di lotta ha prestato più volte servizio per
medicare manifestanti feriti dai lacrimogeni sparati ad altezza uomo.
La versione riportata
sul sito www.infoaut.org è che «Nina è stata arrestata mentre soccorreva un
ferito, con lo zaino pieno di garze e medicinali». Per entrambe vale forse
il discorso che non sono state abbastanza veloci a scappare nel buio quando le
forze dell'ordine sono balzate fuori dal cancello 4, sotto i piloni del
viadotto Clarea dell'Autofrejus. Così sono state acciuffate, portate
all'interno del fortino e poi trasferite alle Vallette, dove si trovavano fino
a ieri sera. Domenica infatti il tribunale di Torino, con un giorno d'anticipo
rispetto al previsto, ha già convalidato l'arresto per entrambe, incensurate.
LA CRONACA DEGLI
AVVENIMENTI
Quella di venerdì è
stata dunque un'altra notte ad altissima tensione, con una quantità
industriale di lacrimogeni sparati sui circa 500 manifestanti che hanno
raggiunto la baita Clarea e decine di metri di recinzioni tagliate a colpi di
cesoie. Il testa a testa tra No Tav e forze di polizia è durato oltre due ore,
fino a quando, poco dopo la mezzanotte, i manifestanti sono stati costretti a
fuggire dalla baita Clarea letteralmente avvolta da una nube di gas Cs. Un film
già visto e che verosimilmente regalerà altre repliche: è infatti sulla baita
e sui terreni intorno al Clarea che si concentreranno i prossimi mesi di lotta,
non appena ai reparti di polizia e carabinieri arriverà l'ordine di allargare
ulteriormente le recinzioni.
Il grosso dei
partecipanti alla "passeggiata notturna al non-cantìere" (circa 400
persone) si è radunato nel piazzale del campo sportivo di Giaglione da dove
verso le 21,15 il lungo serpentone si è incamminato a luci spente, sotto il
chiarore della luna piena. Il corteo è la degna rappresentazione di tutte le
componenti del movimento: esponenti dei centri sociali, storici attivisti,
padri e madri di famiglia ma anche alcuni assessori e consiglieri comunali
delle liste civiche No Tav. Un centinaio quelli che invece hanno scelto la
strada potenzialmente più rischiosa cioè i sentieri che dalla centrale di
Chiomonte attraversano i boschi nel cuore del fortino costeggiando via
dell'Avanà fino alle recinzioni dell’area archeologica e alla discesa che porta
al Clarea.
L'accerchiamento si
trasforma in assedio non appena i due cortei convergono sulla baita. Sono le
22,15 quando i No Tav, divisi in più spezzoni, fanno rotta verso le recinzioni.
In val Clarea è buio pesto e il diktat è di muoversi tutti a pile spente per
non farsi vedere dalla polizia: le uniche luci sono quelle dei potenti fari che
arrivano dall'area di cantiere. Un gruppo si dirige verso la parte più bassa
delle recinzioni, un altro nella zona del pilone, altri ancora imboccano il
sentiero che sale dritto verso la Maddalena e raggiungono la zona delle vasche
appena sotto l'area archeologica.
Facendo lo slalom (al
buio) tra pietroni, radici, frasche e rigagnoli d'acqua, il primo spezzone
raggiunge la parte bassa delle recinzioni sotto il viadotto Clarea. Raggiunti i
prati che conducono alle reti, il rito si ripete. Da ogni zaino esce fuori il
kit di sopravvivenza: maschere antigas, caschetti e occhialini da piscina. Un
manipolo di manifestanti non fa in tempo ad avvicinarsi alle reti che
dall'altra parte schizzano i primi lacrimogeni, alcuni lanciati anche ad
altezza uomo. Una "leggera pioggerellina" che in un amen diventa
come uno di quei temporali estivi che non danno tregua. Gli spari che
riecheggiano uno dopo l'altro nel vallone del Clarea, una nuvola di gas Cs che
invade i boschi rendendo l'aria irrespirabile. Inizia dunque la battaglia.
In molti non hanno
altra scelta che ritirarsi verso la baita dove nel frattempo, tra gli applausi,
viene sparata in aria una raffica di fuochi artificiali. L'ala antagonista
rimane invece a fare pressione alle reti lanciando pietre e petardi. Ogni
tanto si sente anche il tonfo sordo di una bomba carta, accolto dagli applausi
di chi è rimasto alla baita. Intanto la polizia chiude l’A32 e comincia a
sparare lacrimogeni non solo da dentro l'area recintata, ma anche dal viadotto
Clarea. Si va avanti così per oltre due ore, con l’arresto delle due donne come
episodio culmine di un'altra notte di guerriglia. Ma quello che interessava di
più ai No Tav era danneggiare e tagliare pezzi di recinzione per dimostrare
ancora una volta che quel fortino non è inviolabile. Obiettivo centrato,
perché alcune decine di metri di reti sono effettivamente venute giù.
Il film si avvia ai titoli
di coda quando dal viadotto, utilizzando mezzi dalla gittata più elevata, le
forze dell'ordine sparano alcuni lacrimogeni direttamente sulla baita. I
manifestanti si rifugiano sul ponte del Clarea, poi verso mezzanotte e mezza
inizia la lenta ritirata verso Giaglione. Ma nel frattempo, sul viadotto,
polizia e carabinieri seguono il corteo fino al sottopasso dell'autostrada:
gli agenti battono sugli scudi e, mentre gli attivisti più caldi percuotono la
cancellata adiacente l'imbocco della galleria Giaglione, lanciano altri lacrimogeni
verso la montagna. In un amen la scia di gas Cs raggiunge la collinetta dove
intanto si è radunata la maggior parte dei manifestanti. La gola brucia, dagli
zaini escono di nuovo maschere e bottigliette d'acqua. È il segnale che bisogna
scappare, stavolta senza ulteriori ostacoli. È questo l'ultimo fotogramma
della "passeggiata notturna al non-cantiere".
Nella giornata di ieri, invece, la questura ha comunicato di aver trovato nei boschi all'altezza del cancello 7, sotto il viadotto Clarea, una catapulta artigianale con pali di legno lunghi anche un paio di metri e altre parti in metallo.