Mutuo soccorso per Vicenza

di Pierluigi Sullo da Il Manifesto del 20/1/07 – pag 2


Nel dicembre scorso, a Venaus - liberata un anno prima dai battaglioni di poliziotti con cui si voleva imporre l'inizio dei lavori per il tunnel della Tav in Val di Susa - fu confermato il «patto di mutuo soccorso» tra i movimenti e le comunità che in tutto il paese resistono a ecomostri e sviluppomostri. Il «patto» era stato stipulato a Roma, a metà di ottobre, quando per la prima volta si fece una manifestazione nazionale per chiedere l'abolizione della Legge Obiettivo firmata Lunardi (quella che abolisce il consenso locale e le valutazioni d'impatto ambientale, e che Di Pietro giudica «efficace») e in generale un cambio radicale nelle politiche dello «sviluppo», quello fatto di Tav, autostrade, rigassificatori per il gas, inceneritori, centrali a carbone, e così via.

 

L'opinione che ci siamo fatta, noi di Carta, è che quello dello «sviluppo» è il punto di conflitto più duro, nel rapporto tra società civile e governi. Le ammonizioni sul disastro climatico, lo scasso del territorio, i problemi crescenti con l'acqua, ecc., non valgono di per sé a far cambiare rotta al transatlantico della «crescita economica», totem al quale tutte le forze politiche, pur con vari distinguo e diverse aggettivazioni («sostenibile», «ecologico», ecc.), sacrificano con zelo territorio e paesaggi sociali e ambientali.

 

Di contro - ed è il filo che stiamo seguendo da anni - si accendono ovunque movimenti di resistenza che difendono non interessi particolari (quelli semmai li si può rintracciare, ad esempio, nella fantastica truffa dei costi della Tav) ma un altro genere di interesse generale.

 

Il passo in avanti che il «patto di mutuo soccorso» rappresenta è che centinaia di comunità locali impegnate in questa lotta, si sono riconosciute simili e hanno stabilito che l'aggressione fatta a una di loro è in verità portata a tutti. Il «patto» non è un'organizzazione né un «movimento» nel senso novecentesco della parola, ma precisamente una rete, mobile e senza gerarchie, che reagisce per adesione e non per disciplina, grazie a legami anche di amicizia e non politici o ideologici.


Quel giorno di dicembre a Venaus c'era anche una delegazione dell'Assemblea permanente «No Dal Molin» di Vicenza. Erano andati lì, i vicentini, per farsi spiegare come i valsusini siano riusciti a resistere per quindici anni, a diventare un caso nazionale e a suscitare la simpatia della maggioranza degli italiani (come diversi sondaggi hanno mostrato). Ma erano lì anche per sottoscrivere il «patto di mutuo soccorso», nel caso nell'immediato futuro ne avessero avuto bisogno. Quel momento è arrivato. E' chiaro che tutto dipende, oltre che dalla coerenza della parte di centrosinistra che si oppone alla mega-base militare e dei 120 parlamentari dell'Unione contrari, soprattutto dalla capacità dei comitati vicentini di riprodurre la miscela di società civile che il 2 dicembre scorso produsse una grande, pacifica e determinata manifestazione per le vie della città. Ma, se il «patto» esiste, ora bisogna che accadano cose evidenti anche agli occhi di Prodi e dei suoi ministri.

 

E infatti stanno già accadendo. A Bussoleno, in Val di Susa, giovedì sera erano in mille, convocati in poche ore attraverso e-mail e sms, hanno bloccato per mezz'ora la ferrovia e non vedono l'ora di organizzare pullman per una gita affollata a Vicenza. Tra le altre stupidaggini, del tipo che la base è «una questione urbanistica», Prodi ha detto che «la decisione è definitiva» (come Lunardi sulla Tav valsusina, fa notare Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera).

I prossimi mesi dimostreranno che si sbagliava.