I soci pericolosi del factotum della Ferrero

In un rapporto sulla 'ndrangheta compare il nome di Gambarino, braccio destro dell'assessore arrestato

 

di Alberto Gaino e Grazia Longo da La Stampa del 16/6/11 – Cronaca di Torino

http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/407350/

 

«Eventuali punti di contatto con l’Operazione Minotauro potrebbero esservi rispetto a quanto abbiamo letto anche noi in alcune cronache». Gian Carlo Caselli, procuratore capo, risponde a una domanda e la conferenza stampa sull’arresto dell’assessore regionale Caterina Ferrero si interrompe suoi nuovi scenari di «incrocio» fra sanitopoli e la retata della ‘ndrangheta. Il magistrato glissa sul rapporto investigativo inviato in procura dalle fiamme gialle del Gruppo Torino. Centrato sui soci ingombranti di Piero Gambarino, braccio destro e, per il gip Trevisan, persino alter-ego della Ferrero.


Insieme al suo assessore, Gambarino si dà un gran da fare per avviare il servizio di emodinamica all’ospedale di Chivasso promesso in campagna elettorale dal sindaco Bruno Matola del suo partito, il Pdl. Ma «il signor 15 per cento», fama meritatasi subito dopo il suo arrivo in assessorato, ha pure motivi di riconoscenza verso l'amministrazione di centrodestra di quel Comune. Dal 2007 gli ha affidato la gestione del «PalaLancia», 10 mila metri quadrati di verde con piscina, due campi di calcio, giochi per bimbi.


E’ la «Sport nel Canavese srl» ad aggiudicarsi l’appalto del centro realizzato con fondi europei all’interno del vecchio stabilimento Lancia. Gambarino lo completa costruendo la piscina e altre strutture sportive. Nel 2008 la visura storica della società dà conto dell’ingresso di due nuovi soci, con quote del 10 per cento ciascuno: Achille Berardi e Valerio Ierardi. I due sono stati arrestati nel blitz dei carabinieri come appartenenti alla ‘ndrangheta. Nel PalaLancia si crea una club house con ristorante. Lo deve gestire la società Lancia Ristorazione, anch’essa di Gambarino per una quota minoritaria. E’ stata costituita nel 2009, ha due dipendenti e come principale ha titolare Mihaela Cojocaru, romena di 32 anni che convive con Renato Spanò. E ne è anche socia nella Sigma Costruzioni di Rivarolo Canavese.


Spanò è la terza figura ingombrante che incrociamo negli affari di Gambarino: nell’ordinanza di custodia cautelare per 150 ‘ndranghetisti viene citato sei volte. Non risulta indagato, ma a pagina 106 viene definito «compare di Occhiuto Antonino», uno degli arrestati. Il caso è quello della tentata estorsione del titolare di un’officina per cui sono finiti in carcere pure Berardi e Ierardi, i soci di Gambarino. Spanò si prodiga per cercare di capire se la vittima ha sporto denuncia e «ottiene rassicurazioni». Poi cerca di organizzare un incontro: «Il meccanico dice di non essere protetto da nessuno e Spanò lo tranquillizza: “Ci penso io a te, sono grande amico di Nino”». I carabinieri chiariscono che si tratta «del capo della “locale” di zona, Antonino Occhiuto».


Ieri Spanò era al banco del bar al PalaLancia: «La mia compagna è in Romania, il padre sta morendo. Gambarino socio? Macché, le ha solo dato la gestione della club house. Io do una mano». Nei mesi scorsi il PalaLancia e Gambarino sono stati l'oggetto di ferocissime polemiche nel consiglio comunale di Chivasso per la decisione di revocare la convenzione - 25 anni di durata - con Sport nel Canavese. La giunta uscente ha previsto un indennizzo di un milione e mezzo di euro alla società di Gambarino.


Cifra altissima che il centrodestra giustifica con i lavori svolti da Gambarino e soci. Il centrosinistra insorge sbandierando il vecchio contratto, «in cui c’è scritto che tutte le opere di miglioria appartengono al Comune. Nulla di più è dovuto». In consiglio comunale l'opposizione ha chiesto «l’invio di questi atti alla Procura».


Gambarino comparirà domani con l’avvocato Gian Maria Nicastro al Tribunale del Riesame. Oggi, sullo stesso piano, una stanza più là, toccherà al suo assessore presentarsi per l’interrogatorio di garanzia. Il difensore Roberto Macchia: «Non vi erano esigenze di custodia cautelare».