Come i nanetti, liberate quei tre dal giardino di Virano

 

Lettera di Claudio Giorno pubblicata nella rubrica “Opinioni” di Luna Nuova del 25/1/08 – pag. 7

 

Avete mai sentito parlare del movimento per la liberazione dei nani di Biancaneve? Sono anni che, nottetempo, ragazzi d'ogni età e di ogni paese si introducono nei giar­dini e nei cortili di ville, casette e chalet "arredati" con le statuine di Biancaneve e dei suoi sette nani (realizzate in gesso e verniciate nei vivaci colori dei cartoon della Disney) per trafugarle con lo scopo di liberarle dal recinto in cui i padroni di casa le hanno ristrette (in qualche caso ai "derubati" è anche arrivata una foto di uno dei simpatici nanetti spedita da qualche luogo esotico dove si godono una meritata vacanza!).

 

Bene, da un po' di tempo mi vado convincendo che la meritoria pratica andrebbe estesa ai babbonatale che da qualche anno vengono appesi a tetti, balconi, comignoli fin da novembre e che rimangono a penzo­lare nel vuoto ancora per settimane dopo la fine delle festività natalizie (qualche volta sino all'avvento del carnevale).

 

E dalla sera del 21 gennaio 2008 sono sicuro che occorrerebbe anche liberare alcuni amici dal giardino incantato in cui li ha sistemati a mo' di belle statuine Mario Virano, il commissario/presidente dell'Osservatorio per la realizzazione della nuova ferrovia Torino-Lione. Parlo di Antonio Ferrentino, Angelo Tartaglia e Andrea Debernardi che per tutta la durata del confronto pubblico (la prima nella quale l'architetto dello slowtav è sembrato davvero in difficoltà nel tenere insieme i ruoli incompatibili che gli sono stati affidati) sono stati continuamente chiamati in causa per avallare i suoi ormai un po' logori equilibrismi dialettici. L'abuso di neologismi e "suggestioni" attraverso i quali per oltre un anno è riuscito a farsi ritenere garante e promotore, neutro e fautore, critico e sdoganatore della grande opera che più di ogni altra è divenuta il simbolo (attraverso la rivolta dei cittadini della valle) del conflitto tra pretesa modernità e vivibilità concreta.

 

Questa è stata la mia impressione sincera durante l'intervento di appas­sionata autodifesa (a tratti insolitamente arrogante) del commissario-osservatore in una serata invernale fredda (per lui) e calda (di applausi) per coloro che lo hanno intelligentemente ed efficacemente attaccato. Teatro dell'evento Villa Capra, l'antica e imponente dimora già sede del municipio, nel cui "salone-emiciclo" si erano assiepate ancora una volta molte decine di persone particolarmente curio­se - in quest'occasione - di capire come, fautori e protagonisti dell'Osservatorio avrebbero spiegato i diversi punti di vista che i giornali avevano evidenziato la scor­sa settimana dopo la "dissecretazione" del dossier di candidatura italiana ai fondi UE per la realizzazione della Torino-Lione.

 

Sotto le pesanti, antiestetiche travi di calcestruzzo progettate per sostenere la vasta soletta da qualche collega (architet­to) del Commissario, di quelli maltrattati a ragione dall'ultimo Celentano, è andata in scena una curiosa rappresentazione della realtà in cui tutti hanno ribadito con forza che l'Osservatorio è nato per definire se davvero è necessaria una nuova ferrovia tra Italia e Francia, e non si è strada facendo trasformato semplicemente e fraudolentemente nel luogo dove accordarsi su quale dev'essere il modo migliore (o più"accettabile") per farla. Lo ha detto ancora una volta il professor Tartaglia evidenziando come anche volendo generosamente adot­tare le ottimistiche previsioni di traffico delle Ferrovie non se ne ravviserebbe alcuna necessità da qui a trent'anni! Lo ha ribadito con forza l'ingegner Debernardi che ha paradossalmente sostenuto che per far aumentare il trasporto ferroviario la precondizione sarebbe quella di chiudere l'attuale azienda delle ferrovie e aprirne in luogo un'altra con criteri di gestione opposti!

 

Ma Virano si è permesso di sostenere (la serata è stata integralmente videore­gistrata) che i due tecnici designati dagli amministratori della valle di Susa hanno ben rappresentato non la loro parte, ma la sintesi della posizione condivisa da tutti gli "osservatori" così com'è emersa sin qui, dopo oltre un anno di lavoro! Ed ha aggiunto, con affettato rammarico, che fino a un mese fa né lui né altri componenti l'organismo di confronto avevano potuto leggere quanto il governo ha inviato a Bruxelles (il dossier di candidatura ai contributi di cui s'è detto), ma che avutone finalmente una copia non ha trovato nulla da eccepire circa il fatto che si sia sostanzialmente rassicurata l'Unione europea definendo l'Osservatorio stesso quale sede di concertazione, il luogo dove si sta cercando (e trovando) un accordo sul migliore e più accettabile tracciato per un'opera che - non lo nega più nessuno tra i proponenti - si è comun­que deciso che debba essere fatta. E di minimizzare circa la contrapposizione (fabbricata ovviamente dai giornalisti, ancora loro) tra le due verità (la sua e quella di Ferrentino) sulla vera missione dell'Osservatorio. Ma ricevendo, sia nel corso della fredda accoglienza al primo intervento (significativamente priva di un solo timido tentativo di applauso) sia nel corso della vivace contestazione finale la tacita ma "annuente" solidarietà dei colleghi oratori.

 

Solidarietà, peraltro e come già detto, continuamente invocata fino al punto d'essersi sentito in dovere lui stesso di scusarsi per la permanente chiamata in causa del presidente della Comunità di bassa valle, giustificato dal fatto d'essere lui l'unico ad avere un livello di conoscenza del com­plesso e accidentato percorso di istituzione e funzionamento dell'Osservatorio!

 

Per questo mi permetto di ritenere non più rinviabile la nascita di un movimento di liberazione dei nostri amici dal recinto in cui questo prestigiatore lessicale li sta tenendo da troppo tempo con un piedi­stallo ai piedi.