Nulla di male se un sindaco cambia rotta, ma almeno lo dica chiaramente

 

lettera alla rubrica “Opinioni” da Luna Nuova del 10/10/08 – pag.5

 

Gentile direttore, le chiedo ancora una volta un po' di spazio sul suo giornale. Sul muro sotto Torre del Colle sulla statale 24 è apparsa, dopo l'accordo di Pra Catinat, una scritta non certo lusinghiera nei confronti dell'architetto Virano. Ma è giusto dare a lui tutta la colpa se siamo passati dalla fase uno dell'Osservatorio, quella che avrebbe dimostrato, a detta di alcuni, l'insostenibilità del progetto Tav, all'attuale fase due, quella della progettazione, del Come Tav? Non credo, anche perché lui è solo un abile professionista in giacca e cravatta. Se, per assurdo, il movimento No Tav gli avesse offerto un euro in più del governo proba­bilmente lui sarebbe riuscito a dimostrare l'inutilità dell'opera.

 

Se siamo a questo punto lo dobbiamo alla spregiudicatezza di Ferrentino ed al direttorio di sindaci che lo sorregge, tutti tesi ad inseguire obiettivi che ormai con la lotta al Tav nulla hanno più a che fare, ed alla nostra dabbenaggine, che consente loro di continuare indisturbati a perseguirli.

 

Lo dobbiamo, ad esempio a quei con­siglieri d Sant'Antonino che, pur essendo sinceri No Tav, hanno votato a favore del documento Fare-Riposa: avevano la possibilità di dare un segnale forte nel Comune del presidente della Comunità montana bassa valle Susa e se lo sono giocato perché, leggo sul numero 67 di Luna Nuova, "se avessimo avuto sindaci di centrodestra il Tav sarebbe molto più avanti": ma davvero siamo an­cora a queste mozioni dei ricordi? Di una contrapposizione centrodestra (cattivi)-centrosinistra(buoni)? Facciamo una buona volta i conti con la realtà: siamo in mano a due partiti intercambiabili, basta togliere o aggiungere la "L" secondo necessità, ma il risultato non cambia, entrambi vogliono il treno veloce in valle. Quella che un tempo era la sinistra non dà segni di ripresa e si barcamena tra posizioni contrarie al Tav ed altre favorevoli all'Osservatorio, cioè Come Tav. Punto.

 

Personalmente credo che se i sindaci avessero fatto fino in fondo la loro parte (uscire dall'Osservatorio a tempo debito, partecipare alla raccolta delle 32mila firme e consegnarle a Strasburgo rimarcando il fatto che la valle non era pacificata affatto) forse la Commissione europea non avrebbe stanziato i fondi e di sicuro loro sarebbero stati rieletti a furor di popolo. Devo proprio fare ammenda per tutte le volte in cui ho scritto o parlato con ammirazione dei nostri sindaci ed amministratori. Fatta salva, per ora, la fermezza della Bellone, di Joannas e dell'ottantina di consiglieri dissidenti dalla linea Ferrentino, per il resto... "suma bin ciapà!".

 

Il cambio di rotta del sindaco di Condove è l'ultimo episodio in ordine di tempo nello smottamento dell'ormai asfittico ramo isti­tuzionale del movimento. Va riconosciuto a Barbara Debernardi il merito di aver co­municato alla popolazione, in un'assemblea pubblica, la sua decisione, assemblea alla quale erano presenti solo altri quattro con­siglieri, tutti di maggioranza. Complimenti agli assenti per il rispetto verso il loro ruolo e verso chi li ha eletti. Ma, ciò premesso, resta la costernazione, il dolore profondo per una scelta che mi risulta incomprensibile. Ma davvero lei è convinta di avere circoscritto il Fare con il documento della Riposa? Lei veramente crede che i fautori dell'opera si arresteranno davanti ai "paletti" piazzati in quei fogli di carta? Il messaggio che passa fuori dalla valle è quello che La Stampa sparava a pagina 66 il 20 settembre: "Via libera".

 

Ma il risultato senz'altro più devastante di questa sua scelta sta tutto nelle poche ma illuminanti parole della signora seduta accanto a me in platea: "Mi rincresce che proprio lei, sempre in prima fila, abbia ora cambiato opinione. Su chi potrò ancora fare affidamento in futuro?". Creare confusione e disorientamento in chi riponeva fiducia in lei e nella fascia tricolore che in passato ha esibito con orgoglio alle manifestazioni, in­curante dei mal di pancia di certi consiglieri della sua compagine, è cosa gravissima. Lei era un punto di riferimento per molti che riponevano piena fiducia nel suo operato, perché tradirli? Per mettere dei paletti al Fare? Che senso ha disperdere energie per una cosa già morta e sepoIta? Un suo collega del quale Luna Nuova non citava il nome, sceso a Roma a fine luglio ha dichiarato all'uscita da Palazzo Chigi: il governo ha preso atto del nostro progetto ma poi lo ha "buttato nel cesso". Non ci siamo ancora arrivati a capire che l'obiettivo resta sem­pre quell'idrovora succhiasoldi del buco sotto l'Ambin? Non interessa lo spezzatino proposto da Ferrentino e soci per uccidere la valle in trent'anni, loro la vogliono tutta intera e subito per poterla trasformare in corridoio di transito.

 

Un inciso sull'ultima calata a Roma dei nostri sindaci. Le uniche informazioni arrivano dall' inviato di Luna Nuova e sono desolanti. Napolitano li riceve al Quirinale, è rapida stretta di mano, nessuna parola di saluto ammessa, segue strigliata per aver partecipato in passato alle nostre birichinate ed esortazione a non farlo più. Umiliante, ma si sa, Roma vai bene una ramanzina. In­fatti nelle foto si vedono larghi sorrisi. Vuoi mettere le foto della muta stretta di mano del Presidente o quelle nei giardini del Quirinale da far vedere in futuro ai nipoti? Primo pia­no per il sindaco di Vaie che nel dicembre scorso affermava deciso al convegno del Lingotto: "Non appena si dovesse parlare di tracciati, abbandoneremmo l'Osserva­torio". Amen. Poi Palazzo Chigi ed il cesso di cui sopra. Un vero trionfo. Al rientro in valle si sottolinea che non hanno firmato il documento del governo in otto punti per il passaggio alla fase due dell'Osservatorio, leggasi progettazione. I nostri prendono atto e quelli ringraziano.

 

Nei primi giorni di agosto sul quotidiano di Torino appare un'intervista a Ferrentino dove si sottolineano i punti del Fare e le condizioni poste al governo. Il quale si sente talmente condizionato che in un'altra pagina il sottosegretario ai trasporti, Martinat, en­tusiasta per i risultali ottenuti in Campania, preconizza l'utilizzo dell'esercito anche in Valsusa per neutralizzare eventuali opposi­zioni. In un paese veramente democratico, dove far politica è essere al servizio del cittadini e dove chi sbaglia gravemente oppure è sconfitto ne paga il prezzo politico, il presidente della Comunilà montana, se non avesse la sensibilità di rassegnare le dimissioni, verrebbe sicuramente punito dagli elettori alla prima elezione. Da noi in­vece i politici lo sono a vita, ed in molti casi, alcuni anche in valle, tendono ad assumere carattere dinastico.

 

Quel Fare, finito nel cesso di Palazzo Chigi diventa, paradossalmente, un'ancora di salvezza per la sopravvivenza politica, in chiave amministrativa in valle, di Ferrentino e dei suoi sodali. Viene e verrà usato, con i picchetti della Riposa, per confondere le idee alla gente e per tentare di riallineare i dissidenti. E' un finto obiettivo, un modo per aggrapparsi alla poltrona. Lei, signora sindaco, nel corso dell'ultimo consiglio comunale del 18 settembre ad un certo punto ha stigmatizzato i sorrisi di parte del pubblico. Le garantisco che si sorrideva per non piangere, per la frustrazione di non poter mostrare quei tracciati del Fare, che noi ci passavamo l'un l'altro, a chi in quella sede ne negava l'esistenza. Oppure sentire la dichiarazione di voto favorevole all’ingresso nella fase due dell'Osservatorio (progettazione) del suo gruppo, preceduto però dall'elencazione di tutte le criticità dell'opera!

 

Ancora, sentire la capogruppo del secondo gruppo della sua maggioranza (non è un gioco di parole, noi a Condove abbiamo addirittura tre gruppi di maggioranza!) Ca­nuto arrampicarsi sugli specchi per negare l'affermazione del consigliere di minoranza Martin, che nella cabina di pilotaggio della Provincia siano previste compensazioni in caso di attraversamento della valle dal Tav: aveva ragione lui e la copia della delibera provinciale affissa nella bacheca del nostro comitato è lì a testimoniarlo. Il consigliere Martin è stato l'unico a dire, chiaramente e correttamente, che Fare è un verbo e non l'acronimo di chissà-che-cosa, e chi vuole intendere intende benissimo. Si può poi anche sorridere al pensiero che le due primedonne della politica condovese, in disaccordo su lutto da sempre, si siano ritrovate unite proprio su una questione che riguarda il treno veloce. Sto Tav fa anche i miracoli.

 

Ci tengo a sottolineare che le mie valutazioni sono sempre e solo riferite all'am­bito politico e mai a quello personale ed ho usato sempre il lei perché mi sono rivolto al sindaco del mio paese. Forse ho alzato un po' la voce, ma del resto è l'unico modo per tentare di farsi sentire, poiché i politici, anche quelli di prima fascia, dopo un po' sono vittime della sindrome che io chiamo da unzione divina: tendono a sentirsi non più esecutori di un programma concordalo con gli elettori, ma sono portati a considerarci come dei bimbetti dell'asilo da guidare ed indirizzare, incuranti del nostro disappunto, perché noi non capiamo, noi non sappiamo... e poi c'è il Pil che scende, l'inflazione che cresce, Wall Street che crolla, la recessione, il barile di petrolio alle stelle e... Cosa vo­gliamo saperne noi, miseri elettori di tutti questi misteri? Solo lui, il politico, sa cos'è bene e cos'è male per noi (almeno fino alle prossime elezioni).

 

Infine una preghiera: non c'è assoluta­mente nulla di male a cambiare opinione ed uscire dal movimento No Tav per passare al Forse/Come/Sì Tav. Ma si abbia l'onestà di dirlo, smettendo di dichiarare, come qual­cuno ha fatto nel consiglio di cui abbiamo parlato prima: sono No Tav ma sono anche favorevole all'Osservatorio, al Fare e ritengo utile il lavoro del duo Ferrentino-Virano. Il Tav non è mediabile: si fa o non si fa. C'è incompatibilità totale tra No Tav e la strada imboccata dalla poco trasparente Conferenza dei sindaci. Questa non è soltanto una mia convinzione, ma sono i fatti a certificarlo: diverse le strategie, diversi i metodi, diverso il rispetto della democrazia, ma, soprattutto, diverso l’obbiettivo.

 

GIORGIO MOLETTO

Condove