Week end con idranti e lacrimogeni: un ferito No Tav

Il capitano Mazzanti colpito da una pietra. «Ma ora spostiamo la resistenza alla baita»

 

di Marco Giavelli da Luna Nuova del 26/7/11 – pagg. 2-3

 

Haidi Giuliani è appena salita a Chiomonte per portare solidarietà al movimento No Tav. Per dire che suo figlio Carlo, ucciso al G8 di Genova negli scontri con le forze dell'ordine, oggi sarebbe in valle di Susa per so­stenere questa lotta. Gli alpini No Tav sono già rientrati alla base. Mancano pochi scatti di lancetta alle 20 di domeni­ca quando alla centrale si scatena di nuovo l'inferno. Getti d'acqua con gli idranti, poi una tempesta di lacrimogeni per respingere gli antagonisti che, indisturbati, erano riusciti prima ad "accartocciare" un bel pezzo di grata metallica, poi addirittura a scardinare la prima cancellata battendo da sotto con un'asta di ferro. Dal ponte e dal muraglione che sovrasta via dell'Avanà scatta così la reazione verso le forze dell'ordine, fatta di pietre, petardi, bottiglie e bulloni: la questura denuncia che nella sassaiola un mezzo idrante è rimasto danneggiato ed è ora inutilizzabile, mentre un altro ha parabrezza e paraurti rotti.

 

Il conto dei feriti è contenuto: cinque carabinieri lievemente contusi, tra cui il capitano di Susa Stefano Mazzanti, ma c'è anche un manifestante centrato in pieno volto da un candelotto lacrimoge­no. E non è uno di quelli che aveva appena scardinato la cancellata. È un attivista che dal campeggio si era appena spostato verso il ponte per documentare quello che stava succedendo con la sua macchina fotografica compatta, come ha raccontato in un video pubblicato su youtube. Perché anche stavolta molti lacrimogeni sono stati sparati ad altezza d'uomo sia verso gli autori dell'attacco alla cancellata, sia in direzione del ponte e del campeggio, dove c'era gente iner­me, e verso i boschi, dove subito dopo sono divampati alcuni piccoli roghi.

 

Il capitano Mazzanti è stato col­pito al gomito destro, ora gonfio, da una pietra o da un bullone: si è medicato da solo, senza dover ricorrere al pronto soccorso. De­cisamente peggio è andata a A.L., valsusino over 45. Era tra coloro che, al campeggio, stava preparan­do la prevista serata per ricordare i giudici Falcone, Borsellino e tutte le vittime della mafia. Quando i lacrimogeni sono arrivati a ridosso delle tende, lui si è fiondato verso il ponte facendo lo slalom tra la gente che scappava, tra occhi gonfi e colpi di tosse. «Ho iniziato a filmare l'en­nesima scena di guerra - racconta nel video dal suo letto d'ospedale, con la bandana No Tav ancora macchiata dal sangue che gli scorreva in volto - ho solo più sentito un gran colpo e sono caduto a terra. Mi ha colpito quasi frontalmente, pensa­vo mi avesse portato via la faccia, non sentivo più nulla. Sono stato soccorso da un gruppo di ragazzi e da alcuni medici, poi mi hanno portato ali 'ospedale di Susa».

 

L'uomo, sottoposto ad una Tac, ha il setto nasale rotto, fratture mul­tiple alla mascella e varie lacerazio­ni al palato e alla bocca, che gli sono state subito ricucite, ma rimane in prognosi riservata. Ieri era in pro­gramma il suo trasferimento in uno degli ospedali torinesi attrezzati per gli interventi maxillo-facciali, visto che in questi giorni dovrà essere sot­toposto ad un intervento chirurgico. «E mi è ancora andata bene che ero attrezzato con maschera antigas e occhiali, che hanno attutito il col­po: se mi prendevano in un occhio mi accecavano».

 

Una volta allontanati i mani­festanti, gli agenti in assetto anti­sommossa sono usciti allo scoperto davanti alla cancellata e sopra il muraglione. La successiva tratta­tiva ha permesso agli operai delle ditte segusine di riparare il danno saldando il cancello: nel frattempo la gran parte dei No Tav si è ritirata nel campeggio per partecipare all'assemblea, mentre una trentina di attivisti ha accettato di restare sul ponte a debita distanza, scongiuran­do il rischio di cariche. Poi, in piena notte, un curioso fuori programma con un gruppo di donne No Tav: in una quarantina hanno inscenato un sabba circondando le reti dal versante della baita Clarea. Con le mani tese a far pressione sul filo spinato, ciascuna ha pronunciato la propria maledizione contro il Tav trafiggendo un fantoccio simbolo del potere. Fantoccio che poi è stato bruciato, con l'alcol che ha infiammato anche parte delle reti e il filo spinato.

 

Tutto il week-end è stato comun­que segnato da continue azioni di lotta, seguite dall'uso di idranti e lacrimogeni. Giovedì, in un clima senza particolari tensioni, la serata danzante con "Nando e i prefisso" davanti alla cancellata della centrale è terminata con una doccia d'idranti che ha non solo inondato i manife­stanti e il gruppo liscio, ma anche danneggiato parzialmente il mixer e gli amplificatori. L'altro momento caldo è stato l'accerchiamento not­turno di venerdì, che i No Tav hanno dichiarato «riuscito», con almeno 2mila persone presenti: la maggior parte al campeggio ad ascoltare la conferenza di Ivan Cicconi e Claudio Cancelli sul "modello Tav come strumento di appropriazione del denaro pubblico", molti anche sul versante opposto della baita Clarea, dove dopo una cena al sacco è stato acceso un falò vicino al pilone voti­vo. Nel frattempo alcuni gruppi di manifestanti si sono avventurati nei boschi, lungo il sentiero che dalla centrale sale verso l'area archeolo­gica della Maddalena.

 

Il cacerolazo parte poco prima delle 23 con il consueto ritmo dei bastoni sui guard-rail. Non ci sono solo giovani con felpe e cappucci. Ci sono anche signore che suonano coperchi e pentolini contro la can­cellata della centrale, addirittura un uomo in completo giacca e panta­loni che batte con forza il martello contro la griglia. Intanto alcuni esponenti dei centri sociali, armati di attrezzi rudimentali, iniziano a piegare alcuni frammenti della grata posta a fianco del cancello e, facendo leva con una lunga asta metallica, riescono a far ondeggiare più volte le griglie interne ancorate ai new jersey. Fino a quel momen­to nessuno aveva tirato pietre o altri oggetti contundenti verso le forze dell'ordine. Ma quando una quindicina di antagonisti sta per cominciare il tiro alla fune per tentare di tirare giù la griglia, parte la carica di idranti e lacrimogeni che in un amen disperde la folla. E dall'alto si vede la scia rossa di alcuni candelotti piovere verso il campeggio.

 

Ancora più teso il clima dal fronte giaglionese della baita Cla­rea: secondo la questura, le forze dell'ordine avrebbero azionato gli idranti e sparato i lacrimogeni dopo essere state attaccate con pietre e bombe carta. All'opposto la ricostruzione riportata sul sito notav.info, secondo cui l'azione di polizia sarebbe partita mentre un gruppo di manifestanti faceva soltanto pressione alle reti. I No Tav sostengono poi di essersi prodigati per spegnere diversi roghi provocati dai lacrimogeni caduti sulla vegetazione secca. Invece sabato sera, alla centrale idroelettrica, i manifestanti raccontano di essere stati inondati di getti d'acqua e la­crimogeni dopo il solito cacerolazo e dopo lo scoppio di alcuni petardi davanti alla cancellata, senza che ci fosse stata alcuna azione di danneggiamento delle reti. Alcuni candelotti sono stati di nuovo spa­rati sul campeggio, dove c'erano anche alcuni bambini.

 

Ma dopo un week-end ad "alta pressione", ora i No Tav temono che di questo passo possa arrivare un'ordinanza di sgombero dell'area campeggio lungo la Dora, che uffi­cialmente si concluderà sabato con la marcia Giaglione-Chiomonte, ma che nelle intenzioni del movimento è destinato a diventare un presidio permanente anche in vista dell'autunno. Questa, però, non è area di cantiere. La vera area di cantiere è sul versante opposto, quello della baita Clarea, che è ancora nelle mani dei No Tav. Per questo i leader del movimento hanno sottolineato più volte la necessità di cambiare strategia: stop alle azioni alla can­cellata della centrale, «dove tanto ci gasano in continuazione. Questo è il punto più comodo per noi, ma è anche il punto strategicamente meno importante e dove loro sono più forti. Dobbiamo preservare quest'area dal rischio sgombero. È di là, da Giaglione, che dobbiamo concentrare l'azione». Sono poi state lanciate alcune idee per i pros­simi giorni: ostacolare i cambi turno dei blindati in autostrada creando lunghe colonne d'auto in viaggio a bassa velocità, oppure inscenare azioni di disturbo sotto gli alberghi che ospitano i poliziotti.