Due feriti gravi, ore di angoscia al pronto soccorso

 

di Claudio Rovere da Luna NUova del 19/2/10 – pag. 3

 

SUSA - Manganelli e sangue. Come nella notte valsusina più buia, quella di quattro anni fa a Venaus. Adesso come allora c'è gente che ha rischiato seriamente la vita, il giovane torinese Simone Pettinati, portato inizialmente al pronto soccorso di Susa e poi trasferito d'urgenza al reparto di neurochi­rurgia delle Molinette per via di un ematoma in testa, e c'è chi ne è uscito con le ossa rotte e tanti punti di sutura. E' il caso di Marinella Alotto, 46 anni, commerciante ambulante di Borgone, la ferita più grave oltre al giovane torinese nella carica di Coldimosso.

 

«Non eravamo in prima fila, ma mia mo­glie al momento della seconda carica della polizia, quella più violenta, è scivolata tra gli arbusti e la neve ed è caduta a terra - racconta ancora scosso il marito Paolo Ala mentre at­tende notizie nel corridoio del pronto soccor­so segusino - nella confusione del momento l'ho persa di vista per qualche attimo ma mi hanno detto che le sono piombati addosso in cinque o sei, urlando e manganellando». Paolo non riesce a spiegarsi tanta violenza. «Marinella è una persona molto tranquilla, convinta delle proprie idee, ma, ripeto, tran­quilla, non sarebbe capace di fare del male neppure aduna mosca, chi la conosce sa che nella sua vita non ha mai alzato una volta la voce, perché accanirsi proprio contro di lei, quando era inerme a terra?».

 

Il pronto soccorso di Susa è un viavai di No Tav, qualcuno, sotto la pioggia battente, ha anche appeso una bandiera con il treno cro­ciato sulla ringhiera della rampa di accesso alla struttura. Gli amici di Simone Pettinati stazionano nervosamente tra l'ingresso ed il corridoio. Le notizie che trapelano dalle sale interne del pronto non sono per nulla confortan­ti, anche se il ragazzo ha ripreso conoscenza. C'è quell'ematoma nella zona parietale che preoccupa i sanitari segusini, tanto che decidono di trasferirlo in ambulanza al reparto di neurochirurgia delle Molinette. «E' grave - spiega il medico di turno - e la situazione può evolvere in peggio»

 

Seduto nella sala d'aspetto c'è Domenico Bruno, consigliere comunale di Bussoleno, che nel momento della carica si è ritrovato vicino al ragazzo.  «Lo hanno colpito ed hanno continuato a farlo mentre era a terra, con una violenza inaudita - racconta - Dopo un po’ si è rialzato, ma ho visto che non si reggeva in piedi, vomitava sangue e quasi subito è ricaduto, perdendo conoscenza. Insieme ad alcuni ragazzi abbiamo cercato di formare un cordone intorno a lui per proteggerlo, poi sono corso verso la polizia per chiedere l'intervento dell'ambulanza, ho capito subito che la situazione era grave, che occorreva portarlo via al più presto da quell'inferno». Insieme al consigliere di "Bussoleno pro­vaci" in sala d'aspetto c'è anche Loredana Bellone, primo cittadino di San Didero ed una dei sindaci più vicini al movimento. «Non ho parole, i feriti sono "rotti" fuori, ma io, sia come cittadina che come amministratrice, sono distrutta dentro - dice - mi sembra di tornare indietro al 2005, al Seghino, a Venaus, non è cambiato nul­la da allora, alla faccia di quello che sostengono alcuni miei colleghi o del dialogo con la val­le sbandierato da Virano».

 

Alle 23, mentre Simone Pettinati parte in ambulanza alla volta di Torino, Marinella Alotto torna in barella dalla sala radiografìe. Ha il volto e il braccio sinistro tumefatti e una vistosa ferita in testa che la garza non riesce a nascondere completamente, ma trova il modo di abbozzare il suo primo sorriso di una tristissima serata: ad accoglierla nel corridoio trova ad attenderla il marito e la figlia sedicenne Silvia, che non riesce a trattenere la commozione. La sua mamma viene ricoverata e già nella giornata di oggi sarà sottoposta ad un intervento chirurgico, a Torino, per la riduzione della frattura al setto nasale. «Ho una ventina di punti in testa e una decina al naso - racconta Marinella, raggiun­ta telefonicamente nel suo letto d'ospedale - Devo ringraziare i medici dell'ospedale di Susa, che sono stati efficienti, premurosi e straordinari sotto l'aspetto umano».

 

Il suo cellulare ieri squillava in conti­nuazione. «Quella in cui mi sono trovata mio malgrado non è una situazione da augurare a molti, ma almeno sotto questo aspetto è confortante che tanta gente si sia ricordata di me, che mi abbia manifestato solidarietà». E di quei terribili momenti nei prati vicino alla trivella di Coldimosso cosa ricorda? «Pioveva, il terreno era scivoloso, in alcuni punti c’era ancora molta neve, quando è partita la carica più decisa ho cercato di indietreggiare, ma sono scivolata quasi subito». Così è rimasta per terra quel tanto che basta per diventare il bersaglio dei manganelli. Quattro, forse cinque o sei poliziotti: «Non ricordo quanti fossero, ma erano comunque tanti - prosegue il suo agghiacciante racconto - Sono stati attimi lunghissimi e terribili, non capivo più dove fossi, inizialmente ho cercato di ripararmi con il braccio, poi non sono più riuscita a parare i colpi sulla testa e quello che mi ha spaccato il setto nasale».

 

Passata la furia dei poliziotti, la donna è stata soccorsa da alcuni manifestanti, che l'hanno accompagnata a piedi fino alle prime case di Traduerivi, cercando di fermare la copiosa emorragia con della neve. Di lì è stata caricata in auto e portata al pronto soccorso. Cose le è rimasto in corpo insieme al dolore per le ferite? «Beh, inizialmente un po' di rabbia, adesso molta amarezza».

 

Nella mattinata di ieri sono giunte anche buone notizie dal reparto di neurochirurgia delle Molinette. L'ematoma si sta lentamente riassorbendo ed i sanitari, dopo la seconda tac a cui hanno sottoposto Simone Pettinati, hanno potuto sciogliere la prognosi: il gio­vane guarirà in una ventina di giorni. «Le condizioni del paziente sono buone - spiega Michele Lanotte, neurochirurgo delle Mo­linette - l'esito della tac è tranquillizzante, resterà ricoverato in osservazione a titolo precauzionale».