Comunità montana alla “prova Cota”

Il centrodestra delle due valli sogna lo smembramento del maxi ente

 

di Marco Giavelli da Luna Nuova del 13/4/10 – pag. 4

 

Che fine faranno le Comunità montane? Se è vero che questo è l'ultimo dei problemi che il neo presidente della Regione Roberto Cota si troverà ad affrontare, è altrettanto vero che l'interroga­tivo rimane aperto. Soprattutto adesso che la Regione è in mano alla Lega. Con due pesi e due mi­sure, a seconda di dove si parla: a livello nazionale il Carroccio, con il ministro Roberto Calderoli, non ha mai nascosto l'intenzione di volerle chiudere, bollandole come "enti inutili". Ma a livello locale Cota, pur restando sul generico, ha già promesso che difenderà il ruolo delle Comunità montane. E quindi?

 

Per abolirle del tutto servirebbe una modifica dello statuto regiona­le, da approvare in consiglio, ma per staccare virtualmente la spina alle Comunità montane basterebbe che la Regione, come già ha fatto il governo, decidesse di chiudere completamente il rubinetto dei finanziamenti. L'altra possibilità, forse la più quotata, è che il pre­sidente leghista decida di mettere mano alla legge con cui un anno e mezzo fa la giunta Bresso aveva ridisegnato la geografia delle Comunità piemontesi, riducendole da 46 a 22 e accorpando alta e bassa valle di Susa alla val Sangone nel tanto contestato maxi ente che con i suoi 115mila abitanti assomiglia ad una provincia.

 

Una possibilità, questa, che lo stesso centrodestra delle valli aveva caldeggiato ai tempi della formazione delle liste per la nuova Comunità montana: «Se vinciamo in Regione, chiederemo che la legge che ha previsto questo accorpamento venga rivista», aveva detto la sindaca di Susa Gemma Amprino. Ora a sperare che il nuo­vo "governo-amico" della Regione ci metta una pezza sono soprattutto l'alta valle e la val Sangone, lar­gamente vicine al centrodestra, anche se nelle due valli sono un po' tutti d'accordo sul fatto che questo ente sia troppo grande e quindi di difficile gestione, specialmente alla luce dei consistenti tagli a cui la nuova Comunità montana ha già dovuto fare buon viso a cattivo gioco.

 

Il presidente Sandro Plano (Pd) rifiuta però la logica che i nuovi enti, a pochissimi mesi dalla loro entrata in funzione, debbano già essere ridisegnati: «Non si possono cambiare le carte in tavola a seconda delle maggioranze che governano. Se la Comunità mon­tana l'avesse vinta il centrodestra, sono certo che una Comunità così grande sarebbe andata comunque bene. Non dimentichiamo che questo accorpamento era stato approvato dalla Regione con una larga condivisione tra centrosini­stra e centrodestra. E vero che è una Comunità molto grande, ma io ho rispetto dei soldi pubblici e del personale degli enti pubblici e credo che sia molto scorretto giocare sulla pelle del personale proprio ora che stiamo mettendo mano al riordino della pianta or­ganica, spendendo anche dei soldi. Chiedere adesso una revisione delle Comunità montane mi sem­brerebbe strumentale, anche se logicamente mi adeguerò sempre a qualsiasi legge». Dal centrode­stra, comunque, non arrivano an­cora veri e propri proclami, ma soltanto auspici: «Speriamo che cambi qualcosa - esordisce il sin­daco leghista di Sestriere Valter Marin, destinato a diventare il referente politico della Regione in alta valle - biso­gna essere seri: è ora che si dica finalmente cosa è montano e cosa no. Questa mega Comunità credo sia la più assurda di tutte quelle che hanno istituito: le strategie, le mentalità, gli obiettivi e le realtà economiche dei tre tenitori sono totalmente diverse, questo nuovo ente non può soddisfare le loro esi­genze». Per Marin l'ideale sarebbe una nuova Comunità montana che metta insieme tutta l'alta valle Susa e le valli Chisone e Germanasca.

 

Una soluzione che piace anche a Franco Capra, sindaco di Claviere e capogruppo di minoranza in Comunità montana: «Questo accorpamento è anomalo e credo che un ragionamento vada fatto, perché esistono delle oggettive difficoltà di gestione. Cosa centra Avigliana con Claviere? Nessuno dice che uno è meglio dell'altro, semplicemente sono realtà troppo diverse fra loro. Unire la parte alta della val Chisone e della val Sangone con l'alta valle Susa poteva avere un senso. E poi se si chiama Comunità montana, montana dev'essere: credo sia necessario trovare delle soluzioni anzitutto a tutela dei comuni».

 

Daniela Ruffino, sindaca Pdl di Giaveno, annuncia già di voler chiedere a Cota un incontro in cui affrontare la questione delle Comunità montane e in particolare di questa maxi Comunità, facen­dosi portavoce dei disagi della val Sangone e di tutti i 19 comuni che sono all'opposizione: «Mi pare evidente che la legge di riordino non è stata ben pensata: gli stanziamenti per un ente così grande sono insufficienti e quei pochi che ci sono vengono gestiti male da questa maggioranza, con scelte politiche che mirano ad affossarci. Vogliamo chiedere al presidente un incontro per fargli presente la situazione di questa Comunità, che così com'è non funziona. Sentire­mo cosa ci dirà e di lì vedremo se e come muoverci».

 

Ma secondo Antonio Ferrentino, sindaco di Sant'Antonino e per 10 anni presidente della bassa valle, è anzitutto la classe politi­ca valsusina che deve recitare il "mea culpa" se oggi si ritrova un ente così grande e così difficile da gestire: «Continuo a credere che questo accorpamento sia stato un errore storico, ma la colpa è anche nostra: se a suo tempo i sindaci di alta e bassa valle si fossero messi d'accordo per creare un unico ente, oggi non ci sarebbero tutte queste difficoltà. Invece l'alta valle, confidando di rimanere autonoma, ha rifiutato questa soluzione che continuo a credere sia la più logica. Da Bardonecchia a Caselette abbiamo già un unico sistema di gestione per trasporti, rifiuti e socio assistenza, mentre la val Sangone è di fatto un elemento più estraneo al nostro bacino». Se dunque la giunta regionale decidesse di rivedere la geografia delle Comunità montane, Ferrentino (Sinistra ecologia libertà) sposerebbe subito la soluzione di un ente tutto valsusino. «Non credo però che sia così semplice - confida - la mia vera paura è che prima o poi le Comunità montane vengano chiuse in modo virtuale, togliendo loro i fondi, o definitivo, con un evidente danno per i nostri tenitori».